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Stipuliamo mutui,la maggior parte delle volte inconsapevoli di alcune cose,tipo l’ipoteca che cosa è e che cosa comporta,qui di seguito una spiegazione a grandi linee.

In diritto l’ipoteca è un diritto reale di garanzia che riguarda, principalmente, beni immobili o beni mobili registrati. Esso tuttavia non comporta la perdita del possesso, da parte del debitore-proprietario del bene gravato, del bene stesso che è oggetto della garanzia.

La moderna configurazione dell’ipoteca quale garanzia reale su cosa altrui è il punto di equilibrio raggiunto fra le opposte esigenze di tutela del credito e di libertà nella circolazione dei beni. In epoca anteriore alle codificazioni moderne il vincolo ipotecario su un bene ne comportava l’inalienabilità. Il Code Napoléon lo trasformava in vincolo gravante, con diritto di seguito, su un bene liberamente negoziabile. La successiva ricerca di un equilibrio ottimale ha reso assai complessa la regolazione dell’ipoteca.
Nell’ordinamento italiano è regolato dagli articoli 2808 e seguenti del Codice civile italiano. In particolare, secondo il codice, l’ipoteca è un diritto reale di garanzia su una cosa altrui, costituito per fungere da garanzia di un credito.

L’ipoteca si distingue dal pegno anzitutto per l’oggetto (art. 2810), che può essere costituito da:

beni immobili, diritti reali minori sugli immobili, beni mobili iscritti in pubblici registri (autoveicoli, navi, aerei, rendite dello Stato).

Si distingue, in secondo luogo, perché la sua costituzione richiede una speciale formalità, l’iscrizione nei pubblici registri.

Infine, a differenza del pegno, non è necessario lo spossesso del bene, il godimento rimane infatti al proprietario (debitore).

Ipoteca volontaria
Si basa

su un contratto fra il debitore o il terzo datore di ipoteca da una parte e il creditore dall’altra; su un atto unilaterale fra vivi del debitore o del terzo datore di ipoteca.

Il contratto o l’atto unilaterale devono avere la forma scritta a pena di nullità. Non è ammessa la concessione per testamento (art. 2821)

È necessario che la sottoscrizione di chi ha concesso l’ipoteca sia autenticata o accertata giudizialmente (art. 2835).

Nulla vieta che il valore economico dell’ipoteca possa essere maggiore dell’ammontare del debito.

Ipoteca giudiziale
Si basa:

su una sentenza che rechi condanna al pagamento di una somma di danaro o all’adempimento di un’altra obbligazione o al risarcimento del danno da liquidarsi successivamente; su un decreto ingiuntivo reso esecutivo; su altri provvedimenti giudiziali cui la legge abbia attribuito tale effetto (sentenza di separazione personale fra coniugi, decreto di omologazione della separazione consensuale); su lodi arbitrali resi esecutivi;

su sentenze straniere delibate dall’autorità giudiziaria italiana.

Ipoteca legale
Può essere iscritta, anche contro la volontà del debitore, nei casi previsti dalla legge. Hanno diritto a essa:

l’alienante di un bene immobile o di un bene mobile registrato che non sia stato pagato dall’acquirente; ciascun coerede sugli immobili dell’eredità, a garanzia del pagamento del conguaglio in danaro spettantegli;

lo Stato sui beni dell’imputato o della persona civilmente responsabile del reato, a garanzia del pagamento delle pene pecuniarie, del rimborso delle spese processuali e delle spese di mantenimento del condannato in carcere.

Costituzione
Tanto l’ipoteca giudiziale quanto quella legale dello Stato si costituiscono per iniziativa, meramente facoltativa, del creditore. L’ipoteca legale a favore dell’alienante e del coerede è iscritta d’ufficio dal conservatore della conservatoria dei registri immobiliari, a meno che non risulti dal titolo o da separato atto pubblico che vi è stata rinuncia all’ipoteca.

Iscrizione di ipoteca
Il contratto o l’atto unilaterale per l’ipoteca volontaria, la sentenza o altro provvedimento per l’ipoteca giudiziale, l’atto di alienazione del bene per l’ipoteca legale sono semplicemente titolo per ottenere la costituzione dell’ipoteca: questa si costituisce solo con l’iscrizione nei registri immobiliari (art. 2808, 2° comma). È una forma di pubblicità giuridica analoga, per le formalità di esecuzione, alla trascrizione. Da questa differisce, tuttavia, perché è pubblicità costitutiva. Il che non significa però che sia condizione sufficiente per l’esistenza dell’ipoteca: questa si estingue se si estingue l’obbligazione garantita o se viene dichiarato nullo o annullato o reso inefficace il titolo da cui traeva origine.

Su un medesimo bene si possono iscrivere più ipoteche, a garanzia di crediti diversi. Ogni successiva ipoteca è, in ordine di tempo, contrassegnata da un numero, che prende il nome di grado (ipoteca di primo grado, di secondo grado e così via). Se il bene ipotecato verrà sottoposto a vendita forzata, con il ricavato della vendita si soddisferà anzitutto il creditore con ipoteca di primo grado e, se c’è un residuo, quello di secondo grado e così via (artt. 2852 ss.).
Il creditore che ha una ipoteca di grado inferiore può estinguere, con il pagamento, il credito di chi ha un’ipoteca di grado superiore, con l’effetto di surrogarsi nei suoi diritti (surrogazione ipotecaria di pagamento, art. 1203, n. 1)

L’iscrizione conserva il suo effetto per venti anni, trascorsi i quali l’ipoteca si estingue, salvo che con istanza del creditore l’iscrizione non venga rinnovata prima della scadenza (art. 2847 c.c). L’ipoteca prende grado dal momento dell’iscrizione: il grado determina un ordine progressivo tra le varie ipoteche che possono gravare sul medesimo bene. Pertanto, il creditore la cui ipoteca ha grado anteriore, si soddisferà per primo sul bene e il criterio del soddisfacimento proporzionale opera solo tra creditori di pari grado (artt. 2852-2854 c.c.).

È anche possibile lo scambio per grado dei creditori ipotecari, nel senso che il grado dell’ipoteca può essere oggetto di veri e propri atti di disposizione, con efficacia reale e non meramente obbligatoria (si parla di “postergazione” o “permuta” a seconda della contiguità o meno del grado che viene scambiato). Può anche verificarsi l’ipotesi di una surrogazione legale nel grado ipotecario (cosiddetta surrogazione del creditore perdente: art. 2856).

Postergazione e surrogazione costituiscono alcune delle vicende successive all’iscrizione che devono essere annotate in margine all’iscrizione: l’annotazione, come l’iscrizione, ha efficacia costitutiva, nel senso che la trasmissione del credito garantito o il vincolo dell’ipoteca non produce effetti finché la stessa non sia eseguita.

Riduzione
L’ipoteca può essere ridotta se si verifica una sproporzione tra il valore dei beni vincolati e il valore del credito garantito (perché ad esempio sono stati eseguiti pagamenti parziali). La riduzione si opera limitando l’iscrizione a una parte soltanto dei beni o riducendo la somma per la quale è stata presa l’iscrizione (art. 2872), quando vi consente il creditore, che in tal caso rinuncia parzialmente al diritto (riduzione convenzionale) oppure quando interviene una sentenza passata in guidicato pronunciata a seguito di azione di riduzione promossa dagli interessati (debitore, terzo acquirente, terzo datore, creditore successivamente iscritto: cosiddetta riduzione giudiziale). La riduzione deve essere annotata in margine all’iscrizione per avere effetto rispetto ai terzi.

Estinzione
L’ipoteca si estingue con la sua cancellazione dal registro. Anche per la cancellazione occorre un titolo:

l’estinzione dell’obbligazione garantita, la rinuncia espressa e redatta per iscritto del creditore all’ipoteca, la vendita forzata della cosa ipotecata il perimento della cosa (vedi alla voce Diritti reali di garanzia) lo spirare del termine ventennale senza rinnovazione

Il conservatore dei registri non può procedere d’ufficio alla cancellazione.

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Circolazione del bene ipotecato
Il bene ipotecato può essere venduto, ma chi lo compera, acquista un bene gravato da ipoteca, esposto all’azione esecutiva del creditore ipotecario. Il bene si trasmette agli eredi, e ciascuno di essi è tenuto “ipotecariamente per l’intero” (art. 754), stante l’indivisibilità dell’ipoteca (e in deroga al principio della parziarietà della responsabilità dei coeredi per i debiti ereditati).

Posizione del terzo
Alla scadenza il creditore del credito non pagato ha diritto di promuovere la vendita forzata del bene anche in confronto del terzo acquirente. Questi, per evitare la vendita forzata, ha tre possibilità (art. 2858):

egli stesso paga i creditori ipotecari, liberando il bene dall’ipoteca, effettua il rilascio del bene ipotecato, ossia rinuncia alla proprietà con una apposita dichiarazione resa presso la cancelleria del tribunale, in modo che l’esecuzione non avvenga contro di lui ma contro l’amministratore nominato dal tribunale, libera il bene dall’ipoteca (purgazione dell’ipoteca): offre ai creditori una somma pari al prezzo di acquisto del bene (pari al valore del bene se l’acquisto è avvenuta a titolo gratuito); se nessun creditore si offre di acquistare per un prezzo superiore di almeno un decimo, il bene è liberato dall’ipoteca contro il pagamento della somma offerta dal terzo acquirente.

Il terzo acquirente, che subisca l’esecuzione forzata o che liberi il bene o che rilasci il bene, ha azione di regresso verso il debitore principale. Per il regresso può avvalersi della surrogazione ipotecaria, ma non in danno dei creditori che abbiano una iscrizione anteriore alla trascrizione del suo titolo di acquisto.

Il terzo datore di ipoteca si trova in posizione analoga: egli non può invocare, nei confronti del creditore precedente, il beneficio della preventiva escussione del debitore, se il beneficio non è stato convenuto (art. 2868). È direttamente esposto all’azione esecutiva. Per evitarla, deve pagare i creditori ipotecari. Anch’egli ha azione di regresso verso il debitore e diritto di surrogazione nell’ipoteca del creditore.

Specialità e indivisibilit
L’ipoteca è, in linea di principio, speciale e indivisibile: grava solo sui beni specificamente indicati e solo per una somma determinata di danaro; e grava, per intero, su tutti i beni ipotecati e su ogni loro parte (art. 2809).[1]

La specialità dell’ipoteca va considerata sotto un duplice aspetto:

con riguardo al credito garantito:
La prelazione sul bene vale solo nei limiti della somma per la quale l’ipoteca è iscritta (ma il credito garantito non deve per questo necessariamente essere un credito pecuniario). La prelazione assiste il credito, anche oltre questo limite, per ciò che attiene ai suoi accessori (spese di costituzione, iscrizione e rinnovazione dell’ipoteca, spese ordinarie dell’intervento nel processo di esecuzione).

con riguardo ai beni ipotecati:
il principio è che l’ipoteca può essere iscritta solo “su beni specialmente indicati”. Tali non sono i beni futuri (potendo l’ipoteca essere iscritta solo quando la cosa è venuta a esistenza; art. 2823), né i beni altrui (l’ipoteca può essere iscritta solo quando la cosa è acquistata del concedente; art. 2822). È invece possibile iscrivere ipoteca su una quota di proprietà indivisa, anche se l’ipoteca produrrà effetto rispetto ai beni che al debitore verranno assegnati in sede di divisione (art. 2825).

L’ipoteca si estende alla pertinenze dell’immobile, i miglioramenti e le accessioni. L’estensione dell’ipoteca alle accessioni dell’immobile ipotecato (come l’edificio costruito sul terreno oggetto di ipoteca) finisce con il tradursi in garanzia ipotecaria, su cose future, non menzionate nell’iscrizione ipotecaria. Può accadere che un mutuo venga erogato per un importo superiore al valore del terreno offerto in ipoteca, quando il mutuo è concesso per finanziare l’edificazione e l’ipoteca è iscritta per una somma che tiene conto del valore dell’edificio da costruire. Il rischio che l’opera non sia portata a compimento incombe sul creditore.

L’ipoteca è, in linea di principio, indivisibile al pari del pegno. Continua a gravare su tutti i beni ipotecati e su ogni loro parte, anche se il credito si sia in parte estinto o se il valore dei beni ipotecati sia successivamente aumentato. Tuttavia, con il consenso del creditore o con sentenza, si può ottenere la riduzione dell’ipoteca. Questa può consistere nella riduzione della somma per la quale l’ipoteca fu iscritta o nella riduzione dell’iscrizione a una parte soltanto dei beni originariamente ipotecati.

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(lo staff)

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Secondo la procura pugliese, i sette dirigenti di via Nazionale e l’alto funzionario del ministero dell’Economia indagati per concorso in usura continuata e aggravata hanno fornito un “contributo morale” premeditato agli istituti coinvolti. Una premeditazione legata anche al fatto che Unicredit, Bnl e Mps “detengono quote consistenti nel capitale della Banca d’Italia”

Un “contributo morale” di fatto premeditato, quello di Banca d’Italia e del ministero dell’Economia. Come se a preparare il cappio, stretto intorno al collo di alcuni imprenditori pugliesi dagli istituti di credito, fossero stati i dirigenti di via Nazionale e via XX Settembre. Ma perché Palazzo Koch avrebbe dovuto favorire Unicredit, Bnl e Monte dei Paschi di Siena? La risposta è nello stesso capo di imputazione della procura di Trani: perché questi istituti sono “detentori di consistenti quote di capitale della Banca d’Italia e di poteri di nomina dei suoi organismi di governance“. È quasi senza appello, considerate le “qualifiche apicali e le corrispondenti competenze tecnico-giuridiche del più elevato profilo”, l’atto di accusa che si legge nelle 44 pagine di chiusura indagine contro vertici attuali e passati delle tre banche e della Popolare di Bari, accusate del reato di usura bancaria continuata e pluriaggravata nell’ambito di un’inchiesta nata da un esposto dell’Adusbef. Il tasso applicato agli imprenditori che si rivolgevano agli istituti per aprire un conto corrente di fatto superava di molti punti percentuali la soglia limite fissata per legge. Questo perché il tasso era applicato non all’importo effettivamente utilizzato ma a quello “accordato”. Questo, scrive il pm Michele Ruggiero, ”nonostante le chiare previsioni in materia di usura introdotte dalla legge 108 del 1996″. Che, all’articolo 1, prevede che nel determinare il tasso di interesse usurario si tenga conto delle “commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.

Il “disegno criminoso” di Saccomanni e Tarantola: far guadagnare le banche. Nel mirino del pm Ruggiero – salito agli onori delle cronache per la clamorosa inchiesta sulle agenzie di rating ree di aver provocato danni patrimoniali all’Italia e per un’indagine sull’omessa vigilanza di Bankitalia e Consob sui bilanci Mps – sono finiti Giuseppe Maresca, capo della direzione “Prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illegali” del Dipartimento del Tesoro, e sette tecnici e dirigenti di via Nazionale in attività all’epoca dei fatti contestati, cioè tra il 2005 e il dicembre 2012: Vincenzo Desario, l’ex ministro del governo Letta Fabrizio Saccomanni (che di Bankitalia è stato direttore generale), l’attuale presidente della Rai Anna Maria Tarantola (ex capo della Vigilanza), Francesco Maria Frasca (coinvolto e poi uscito indenne dai processi sulle scalate bancarie), Giovanni Carosio, Stefano Mieli e Luigi Federico Signorini. Tutti insieme, argomenta il pm, “con condotte reiterate, in tempi diversi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (consistente nella previsione e volontà di far conseguire alle banche la maggiore quantità di di moneta), adottavano consapevolmente e deliberatamente … determinazioni amministrative (istruzioni, circolari, note, decreti ministeriali, il ministero del Tesoro), in contrasto/violazione della legge in materia di usura … così consapevolmente fornendo un contributo morale necessario ai fatti-reato di usura materialmente commesse dalle banche”.

In un caso il tasso effettivo è stato oltre il 500%. Di fatto Bankitalia, nella sua funzione di ausilio al Tesoro, prescriveva alle banche, per alcune operazioni tra cui appunto le aperture di credito in conto corrente, l’utilizzo di criteri di calcolo sui tassi secondo un algoritmo “che rapportava l’incidenza degli oneri e delle commissioni al credito accordato piuttosto che a quello effettivamente utilizzato“. E – in violazione delle disposizioni del Codice penale in materia di usura – “disponeva, con Circolari e Note ufficiali dirette alle banche, che anche per la verifica di sussistenza delle condizioni usurarie, ossia per la verifica del superamento del limite/tasso soglia previsto dalla Legge 108/1996 le banche utilizzassero il suddetto medesimo algoritmo anziché un altro che rapportava l’incidenza di oneri, commissioni e spese al credito erogato ed effettivamente utilizzato“. Il risultato delle prescrizioni di Via Nazionale? Come si può leggere nelle tabelle inserite nel documento di chiusura indagine, i tassi applicati ai sei imprenditori che hanno fatto denuncia superavano di molti punti percentuali il tasso soglia. In un caso gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno rilevato, su un corto corrente ordinario aperto presso una filiale Bnl di Barletta, un Tasso annuo effettivo globale (Taeg) del 558,528%. Fortuna che è stato applicato solo per un trimestre.

Bankitalia “predeterminava” la distorsione del costo effettivo del credito. In questo modo, di fatto, Palazzo Koch “predeterminava consapevolmente … le condizioni per una distorsione del dato del costo effettivo del credito erogato e una sensibile riduzione dello stesso e per la segnalazione – da parte delle banche – di Teg (tasso effettivo globale, ndr) più bassi (rispetto a quelli ottenuti/ottenibili con la formula matematica prevista per il calcolo del Taeg, ‘tarata’ come per legge sull‘erogato)”, in modo che “gli interessi/remunerazioni applicati dalla banche alla clientela risultassero apparentemente entro i cosiddetti limiti/tassi soglia pur essendo in concreto e sostanzialmente a tali limiti/tassi soglia superiori e, come tali, usurari“. Per la Procura i dirigenti di via Nazionale e di via XX Settembre erano consapevoli di tutto questo e “volontariamente quanto meno con dolo eventuale (ovvero con l’accettazione del rischio che questo potesse accadere, ndr) concorrevano moralmente con i dirigenti degli istituti di credito” a tenere sotto usura gli imprenditori che si erano rivolti a loro ottenere finanziamenti. Tutto questo con l’aggravante che avrebbero dovuto essere proprio loro a vigilare e controllare perché una situazione del genere non si verificasse.

Esplosione del contenzioso dopo la sentenza della Cassazione. Dal gennaio 2013, quando la Corte di Cassazione ha censurato le istruzioni di Bankitalia chiarendo come va calcolato il tasso di interesse da confrontare con il fatidico “valore soglia”, il contenzioso sull’usura bancaria è esploso. E si contano già diversi casi di verdetti di colpevolezza. Il Tribunale di Padova ha condannato in primo grado un istituto, che pretendeva il rientro da uno scoperto di 22.500 euro, a risarcirne ben 90mila all’imprenditore titolare del conto corrente perché il contratto, stipulato 16 anni prima, prevedeva tassi usurari. E per lo stesso motivo la Corte d’appello di Torino, confermando una sentenza del Tribunale di Alba, ha stabilito la responsabilità di Prestitalia (gruppo Ubi) e la conseguente restituzione di commissioni, spese e interessi a un pensionato che aveva sottoscritto un prestito personale legato alla cessione del quinto dell’assegno Inps.

(lo staff)

Parliamo sempre si sentenze e tribunali,ma non abbiamo mai spiegato esattamente che cosa è una sentenza,e magari alcuni di voi non sanno esattamente cosa comporta ,qua daremo una spiegazione sommaria della cosa.

La sentenza pronunciata da una giuria prende il nome di verdetto: con esso, di solito, vengono risolte le questioni di fatto, mentre le questioni di diritto vengono successivamente risulte dai giudici togati con sentenza.

L’atto corrispondente alla sentenza pronunciato da un arbitro è detto lodo; a differenza della sentenza non è, però, un provvedimento giurisdizionale.

In Francia e altri paesi francofoni la sentenza di un organo che prende il nome di “corte” (corte di cassazione, d’appello ecc.) o di un giudice supremo (come il Consiglio di Stato francese o il Tribunale federale svizzero) è detta arresto (arrêt); il termine è a volte utilizzato anche in scritti giuridici italiani per designare informalmente le sentenze della Suprema Corte di Cassazione o del Consiglio di Stato.Solitamente la sentenza è resa pubblica con la lettura in udienza. In molti ordinamenti deve contenere, oltre al dispositivo, ossia la parte nella quale è contenuta la decisione del giudice, anche la motivazione, la parte nella quale sono esposte le ragioni che hanno indotto il giudice a prendere quella decisione e giustificano la stessa. In vari ordinamenti l’obbligo di motivazione è previsto a livello costituzionale (è il caso dell’art. 111 della Costituzione italiana), quale garanzia dei cittadini nei confronti del potere giudiziario e di buona amministrazione della giustizia. Peraltro, non mancano ordinamenti che non hanno costituzionalizzato tale obbligo (è il caso degli Stati Uniti e della Germania) o che, addirittura, prevedono eccezioni allo stesso, come avviene in certi ordinamenti (paesi anglosassoni, Francia ecc.) per il verdetto della giuria.

Sentenze dichiarative, di condanna e costitutive
La sentenza contiene sempre un accertamento: con essa il giudice elimina l’incertezza sulla realtà giuridica preesistente, dichiarandola come realmente è (se sussiste il diritto vantato dall’attore, se l’accusato ha commesso il reato e così via). All’accertamento, però, si possono aggiungere ulteriori elementi; al riguardo, la dottrina processualcivilistica distingue:

la sentenza dichiarativa (o di mero accertamento) che si limita ad accertare la realtà giuridica; può essere considerata tale anche la sentenza che respinge la domanda dell’attore; la sentenza di condanna che, oltre all’accertamento, contiene la condanna, vale a dire il comando, rivolto alla parte soccombente, di tenere un determinato comportamento (dare, fare o non fare: ad esempio, pagare una determinata somma a risarcimento del danno); la sentenza costitutiva che, oltre ad accertare la realtà giuridica, crea, modifica o estingue essa stessa un rapporto giuridico (ad esempio, annullando un atto o producendo gli effetti del contratto che doveva essere concluso).

Questa tassonomia, elaborata in riferimento al processo civile, può essere estesa, con gli adattamenti del caso, ad altri tipi di processo. Così, è di condanna la sentenza che, al termine del processo penale, accertato che l’accusato ha commesso un reato, gli impone la conseguente pena, mentre sono costitutive la sentenza del giudice amministrativo che annulla un atto della pubblica amministrazione del quale ha accertato l’illegittimità e la sentenza del giudice costituzionale che annulla una norma di legge (o di atto avente forza di legge) di cui ha accertato l’incostituzionalità.

Sentenze definitive e interlocutorie
Di solito con la sentenza il giudice pone fine al processo o, per lo meno, alla fase del processo che si svolge innanzi a lui, in quanto decide su tutte le questioni, ossia i punti della controversia, oppure decide su una questione in un senso che impedisce l’ulteriore prosecuzione del processo (ad esempio, riscontrando che non poteva essere esercitata l’azione): si ha, in tutti questi casi, una sentenza definitiva. Può accadere, però, che il giudice si pronunci con sentenza interlocutoria (o non definitiva) solo su alcune questioni, senza che la decisione impedisca l’ulteriore prosecuzione del processo per la trattazione delle questioni rimanenti. In ogni caso, definendo in tutto o in parte la controversia, la sentenza svolge funzione decisoria, in contrapposizione ai provvedimenti giurisdizionali (nell’ordinamento italiano aventi la forma di ordinanza o decreto) che svolgono funzioni meramente preparatorie o complementari (cosiddetta funzione ordinatoria).

Di regola gli ordinamenti consentono alle parti del processo (ed eccezionalmente a terzi) di impugnare la sentenza: l’impugnazione apre una nuova fase del processo o, come si suole dire, un nuovo grado di giudizio, che si svolge innanzi ad un giudice diverso.

Gli ordinamenti pongono un limite al numero di gradi di giudizio esperibili, di solito tre, e stabiliscono un termine perentorio entro il quale l’impugnazione deve essere proposta. La mancata impugnazione entro tale termine o l’esaurimento dei gradi di giudizio disponibili determina il passaggio in giudicato della sentenza, non più attaccabile con impugnazioni (cosiddetta cosa giudicata formale), per lo meno con quelle ordinarie, giacché l’ordinamento può prevedere impugnazioni straordinarie esperibili, in casi eccezionali, contro sentenze passate in giudicato. Inoltre, con il passaggio in giudicato, la sentenza fa stato tra le parti (e i loro eredi o aventi causa) che hanno l’obbligo di osservare quanto in essa stabilito, quasi fosse una legge speciale (cosiddetta cosa giudicata sostanziale).

L’insieme delle pronunce degli organi giurisdizionali prende il nome di giurisprudenza. Si discute in dottrina se possa considerarsi una fonte del diritto: la risposta è senz’altro affermativa per gli ordinamenti di common law dove vige il principio dello stare decisis, in forza del quale il giudice è obbligato a conformarsi alla decisione già adottata in una precedente sentenza, qualora la fattispecie portata al suo esame sia identica a quella già trattata nel caso deciso. In questo modo, i precedenti desunti dalle sentenze anteriori operano come fonte di diritto. Si tende invece ad escludere che la giurisprudenza possa considerarsi fonte del diritto negli ordinamenti di civil law, sebbene anche in questi i precedenti possano avere una più o meno incisiva forza persuasiva; ciò è particolarmente vero per le pronunce delle corti supreme che, di fatto, finiscono per avere nell’ordinamento giuridico un’incidenza non dissimile da quella di una fonte del diritto.

Si possono, in ogni caso, considerare fonti del diritto le sentenze del giudice costituzionale che annullano norme di legge (o di atti aventi forza di legge) ritenute incostituzionali, così come le sentenze del giudice amministrativo che annullano norme regolamentari emanate dal potere esecutivo ritenute illegittime, negli ordinamenti dove sono previste. Tali sentenze si collocano nella gerarchia delle fonti allo stesso livello delle norme che annullano.

all’ordinamento italiano manca una disciplina unitaria della sentenza, se si eccettuano due disposizioni della Costituzione:

dell’art. 111, 6° comma, secondo il quale; “Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati”; quella del 7° comma dello stesso articolo, secondo il quale: “Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge”;

La disciplina della sentenza va, quindi, rinvenuta negli atti normativi che disciplinano i singoli tipi di processo: il codice di procedura civile (in particolare il Libro I, Titolo VI, Capo I ed il Libro II, Titolo I, Capo III), il codice di procedura penale (in particolare la Parte II, Libro VII, Titolo III) e il codice del processo amministrativo (in particolare il Libro I, Titolo IV e il Libro II, Titolo IX).

Capisco perfettamente che con l usura bancaria,l articolo di stamattina non ha molto a che vedere,ma penso anche che sia comunque correlato,visto che la soluzione primaria alla restituzione di interessi,che in maniera illecita ci vengono addebitati,passa appunto dal tribunale e da una sentenza.

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Le offerte di mutuo si aggiornano di continuo e,in particolari periodi,i tassi di interesse possono risultare particolarmente convenienti. Chi ha un mutuo in sospeso quindi potrebbe essere tentato di cambiare banca passando ad un offerta più vantaggiosa nelle condizioni.
Questo passaggio si chiama tecnicamente surroga ed è ammesso dalle condizioni bancarie.

Ma che cosa è esattamente la surroga,vediamo di dare un una breve spiegazione:

La surroga è la portabilità di un mutuo da una banca all’altra.
Una particolare surroga è quella relativa alla portabilità dell’ipoteca e quella relativa alla surrogazione del mutuo.Le rispettive discipline sono state da ultimo modificate dal Decreto Bersani del 2007.

Il Decreto introduce una novità in riguardo alla portabilità dell’ipoteca relativamente al mutuo.In precedenza,era necessario cancellare l’ipoteca ed,estinto il vecchio mutuo,iscrivere una nuova ipoteca con l’istituto di credito subentrante.
Con le nuove regole,non è necessario cancellare l’ipoteca,e nel contratto relativo al mutuo viene fatto un cambio di attore,annotando la banca subentrante.Nei registri immobiliari quindi la surrogazione ed il nome del nuovo creditore sono indicati con annotazione a margine della vecchia ipoteca.

La surrogazione del mutuo su volontà del debitore era un diritto previsto all’art 1202 del codice civile.
Il decreto ha semplificato oneri e procedure per l’avvio di un mutuo con un istituto di credito che offra condizioni migliori al cliente,Il decreto afferma il principio per cui è nulla ogni pattuizione,all’atto della stipula o successiva al mutuo,che ostacoli in qualche modo l’esercizio di questo diritto legittimo.

In base al citato Decreto Bersani,la banca inoltre non può operare un’autosurroga,per stipulare un mutuo a nuove condizioni.La surroga è finalizzata alla portabilità dell’ipoteca,e vale fra istituti differenti.La banca quindi non può autosurrogarsi per l’applicazione del decreto bersani.

La surroga e il confronto di preventivi di altre banche è anche una opportunità per ottenere una rinegoziazione e condizioni migliorative del proprio istituto di credito. Nulla tuttavia vieta alla banca di cambiare le condizioni contrattuali in modo più favorevole al cliente,stipulando una rinegoziazione del contratto di mutuo con il consenso scritto di entrambe le parti.

Se si modifica il contratto con il proprio istituto di credito,non si tratta di surroga,ma di rinegoziazione,quest’ultima quindi non riguarda solo l’allungamento della durata,ma la ridefinizione di un qualunque aspetto del piano di ammortamento:durata,rata,interesse,spread,tipo di tasso.

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Ma anche se è possibile cambiare mutuo gratuitamente,ma conviene sempre?

Partiamo premettendo che la surroga del mutuo permette di cambiare tasso e durata del finanziamento ma non l importo.Questa seconda ipotesi infatti configura una vera e propria sostituzione che richiede una nuova ipoteca e un nuovo atto notarile.
La portabilità non ha tecnicamente limiti,come avviene con i gestori telefonici,ma in pratica la surroga è un bonus concesso dalle banche una sola volta,il surrogatore seriale infatti è visto con diffidenza dalle banche,che con questa pratica,perdono dei costi fissi che non hanno tempo di ammortizzare.

La surroga del mutuo può servire ad abbassare il tasso di interesse ma anche a ridurre la durata residua.Ma,visto anche quanto detto sopra in merito all’unicità della possibilità di surroga,occorre valutare bene il momento in cui fare la richiesta.Molto dipende ovviamente anche dalle condizioni di partenza e dal tasso di interessi. A questo scopo si possono utilizzare comparatori di prezzo e informarsi adeguatamente presso chi di competenza.

(lo staff)

E’ lapalissiano: per gli italiani gli incubi peggiori sono tre.

L ‘Euro,che ci ha ridotto in povertà. La banche che non ci prestano soldi,anzi,ce li rubano. Equitalia che con le sue vessazioni potrebbe persino essere denunciata per stalking,e ci sarebbe davvero da ridere,perchè si parla non di evasori,ma di persone che dichiarano ma che non riescono a pagare.

Per le banche,finalmente la Magistratura si sta svegliando e scopre che hanno usurato imprese e privati in modo oltraggioso e vergognoso,ma ora abbiamo il modo per combatterle,nonostante i Governi che si susseguono che al posto di fare gli interessi dei cittadini fanno i loro e quelli dei loro padroni,le banche appunto.
La Cassazione sta condannando pesantemente questi reati penali,e vorrei sottolineare PENALI,imponendo rimborsi e addirittura la trasformazione dei mutui da usurari a tasso zero.

Ma chi mancava a questo appello?ovviamente Equitalia e vi spieghiamo come ci si può difendere da queste fantastiche persone.

In particolare,attenti bene,ogni atto di Equitalia è dichiarabile nullo se firmato da falsi dirigenti,come indagini in corso stano dimostrando,ed ogni atto di Equitalia,per la legge che lo ha istituito,pretende la firma dei dirigenti societari.

Quindi,primo punto. Prendete le vostre adorate cartelle,andate sul sito di Equitalia,verificate i nomi dei dirigenti della società e le loro firme, se non corrispondono a quelle apposte sul vostro atto,recatevi con gentilezza in una sede e dite che siete pronti a chiedere l’annullamento dell’atto con tanto di denuncia presso la Procura della Repubblica per falso in atto pubblico.

Ma andiamo avanti.

Fatto questo,sempre in un ufficio di Equitalia,dovete chiedere l’estratto di ruolo al completo. In questo estratto,che sono obbligati a darvi,sono indicati gli interessi applicati sul capitale,la loro parte di guadagno,ma soprattutto l’anatocismo che hanno praticato.
Potrete chiedere indietro tutto l’importo,che mi sembra un ottima fine d’anno,esigibile come credito di imposta, e anche in questo caso,innanzitutto viene bloccata ogni azione dell’ente nei Vostri confronti,e dato che si tratta di un illecito civile,ma fatto in atto pubblico,a questo punto il coltello dalla parte del manico l’hanno i contribuenti, che possono impugnare l’atto e vederselo ridotto in modo considerevole o addirittura annullato per vizi di forma.

Ma non solo. Finalmente le ultime sentenze dalla Cassazione hanno introdotto anche per Equitalia il reato di usura,sommando i tassi applicati,le loro competenze e gli interessi di mora altissimi.

Questo è solo un piccolo sunto,ma la morale è che possiamo difenderci,oltre che dalle banche,anche dalla loro più stretta amica,colei che ci fa dormire con discreti pensieri.

(Lo Staff)