Con sentenza del 07 maggio 2014, n. 18778, la Corte Penale di Cassazione ha affrontato il tema della c.d. usura in concreto.
Sul punto si ricorda la distinzione tra la c.d. usura presunta, per la cui integrazione è sufficiente la pattuizione di un tasso di interessi che ecceda il limite del tasso-soglia; e la c.d. usura in concreto, nel qual caso sono espressamente considerati usurari anche gli interessi, pur se inferiori al limite previsto dal tasso-soglia, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni, similari risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria (art. 644, comma 3, secondo periodo, c.p.).
In particolare, con la presente decisione la Cassazione ha affermando i seguenti principi diritto.
Ai fini dell’integrazione dell’elemento materiale della c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) occorre che il soggetto passivo versi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria e che gli interessi (pur inferiori al tasso-soglia usurario ex lege) ed i vantaggi e i compensi pattuiti, risultino, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione.
In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) la “condizione di difficoltà economica” della vittima consiste in una carenza, anche solo momentanea, di liquidità, a fronte di una condizione patrimoniale di base nel complesso sana; la “condizione di difficoltà finanziaria” investe, invece, più in generale l’insieme delle attività patrimoniali del soggetto passivo, ed è caratterizzata da una complessiva carenza di risorse e di beni.
In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) le “condizioni di difficoltà economica o finanziaria” della vittima (che integrano la materialità del reato) si distinguono dallo “stato di bisogno” (che integra la circostanza aggravante di cui all’art. 644, comma 5, n. 3 c.p.) perché le prime consistono in una situazione meno grave (tale da privare la vittima di una piena libertà contrattuale, ma in astratto reversibile) del secondo (al contrario, consistente in uno stato di necessità tendenzialmente irreversibile, non tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, ma che comunque, comportando un impellente assillo, compromette fortemente la libertà contrattuale del soggetto, inducendolo a ricorrere al credito a condizioni sfavorevoli).
In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) le “condizioni di difficoltà economica o finanziaria” della vittima (che integrano la materialità del reato) vanno valutate in senso oggettivo, ovvero valorizzando parametri desunti dal mercato, e non meramente soggettivo, ovvero sulla base delle valutazioni personali della vittima, opinabili e di difficile accertamento ex post.
In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) il dolo generico, oltre alla coscienza e volontà di concludere un contratto sinallagmatico con interessi, vantaggi o compensi usurari, include anche la consapevolezza della condizione di difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo e la sproporzione degli interessi, vantaggi o compensi pattuiti rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione.
(lo staff)
Come abbiamo annunciato la settimana scorsa,finiremo di approfondire l ‘argomento del mutuo e tutti i suoi aspetti. Questa mattina parleremo dell’estinzione anticipata,dei decreti e assicurazioni.
Anche se potrebbe apparire in un certo senso illogico, ed anche se la materia è discussa, la richiesta di estinzione anticipata del mutuo da parte del mutuatario è considerata inadempimento, poiché dalla cessazione del rapporto dipende un mancato titolo del mutuante a richiedere interessi per la residua parte di tempo di durata del mutuo originariamente prevista: per comprendere meglio questo meccanismo, potrebbe essere utile un esempio. Se, si ponga, in un mutuo originariamente previsto per una durata di 10 anni, il mutuatario richiede di saldare il suo debito dopo (diciamo) 7 anni, egli dovrà corrispondere al mutuante l’intero capitale residuo e gli interessi già venuti a maturazione; il contratto, però, stabiliva che il mutuante dovesse continuare a percepire interessi sul denaro prestato per altri tre anni.
Il mutuatario perciò (nell’ottica del contratto) non consente al mutuante di percepire gli interessi sul previsto impiego del capitale per gli anni restanti; in questo consisterebbe l’inadempimento, poiché egli si era obbligato a pagare il prestito ottenuto con un prezzo (interessi) stabilito in base alla durata del rapporto e per questo numericamente assommante ad un dato importo.
L’argomento, spinoso quanto pochi in materia, è in pratica interpretato come azione che danneggia il mutuante in termini di lucro cessante; è fonte di dibattuta dialettica l’obiezione che il mutuante, tipicamente una banca, nel momento in cui delibera la concessione del mutuo, a sua volta si garantisce la provvista di denaro necessaria per l’operazione calcolandola con riferimento alla durata prevista e dunque prevedendo costi ed accantonamenti (oltre che suoi propri ammortamenti) in funzione di tale operazione, come dimostrerebbe la dettagliata previsione di un piano di ammortamento.
A tale obiezione si ribatte che, soprattutto nel caso decisamente prevalente che la concessione di mutui sia oggetto proprio dell’attività d’impresa del mutuante, l’anticipata estinzione debba considerarsi a tutto titolo elemento del rischio di impresa, e dunque materia che non dovrebbe poter riguardare (e riverberarsi su) un mutuatario che intenda per etica (per certi aspetti socialmente considerati lodevoli) o per vantaggio risolvere al più presto una situazione debitoria; che di questo rischio d’impresa il mutuante sia ben al corrente sin dal principio, tanto da non potersi conferire all’estinzione anticipata carattere di eccezionalità, ma che anzi questa sia considerata uno dei possibili esiti del rapporto, sarebbe dimostrato dalla ordinaria presenza di apposite previsioni contrattuali sullo sconto.
A bilanciamento di tale imprevista variazione, in guisa di penale, il mutuatario è infatti tenuto a corrispondere al mutuante un importo detto “sconto”, già previsto nel contratto di mutuo ed in genere riferito ad una percentuale (in media dallo zero al 4%) sull’ammontare degli interessi previsti per il periodo compreso fra l’anticipata estinzione e l’originariamente prevista scadenza del mutuo. In genere i mutui a tasso variabile prevedono una commissione molto più bassa di quelli a tasso fisso. La causa di questa differenza è legata al tipo di provvista che deve fare la banca.
Il secondo decreto Bersani ha vietato l’applicazione di penali o oneri di alcun tipo per anticipata estinzione parziale o totale dei mutui. I clienti possono scegliere di vendere l’immobile ipotecato ed estinguere il mutuo, pagando il debito residuo.
Il mutuatario può decidere per l’estinzione parziale. Senza alcun onere o penale, può decidere di versare una somma, eccedente la normale rata annua, in conto capitale: questa parziale estinzione va a ridurre il debito residuo, e la banca è tenuta a ricalcolare la rata di conseguenza, in base allo stesso schema di pagamento (interesse al tasso capitale pattuito alla stipula del mutuo, durata, rata, tipologia di tasso). Quindi l’anticipata estinzione va a ridurre l’importo della rata, a parità di numero di rate da pagare.
Le clausole contrattuali che prevedano una penale o diversi oneri per l’anticipata estinzione, sono nulle per i mutui accesi dopo l’entrata in vigore del decreto, restano in vigore per i contratti stipulati in data antecedente.[1].
La legge finanziaria del 2008 (legge n. 244 del 24 dicembre 2007) ha stabilito che tale diritto permane anche in caso di accollo del mutuo. Il diritto all’estinzione anticipata sussiste anche se in precedenza il mutuo era in carico a soggetti che non avevano i requisiti richiesti: soggetto privato e finalità di acquisto di un’abitazione.
L’anticipata estinzione parziale non obbliga l’istituto di credito ad abbreviare la durata del mutuo. Il cliente potrebbe utilizzare le somme versate alla banca per ottenere una rata più bassa senza cambiare la durata, oppure, a parità di rata, abbreviare la durata del mutuo. Questa seconda opzione richiede di stipulare un nuovo mutuo e delle spese accessorie.
Il citato Decreto Bersani ha semplificato oneri e procedure per l’avvio di un mutuo con un istituto di credito che offre condizioni migliori al cliente.
La facoltà di surroga del mutuo su volontà del debitore era un diritto previsto all’art. 1202 del codice civile. Il Decreto Bersani ha introdotto una serie di procedure e norme volte a garantirne un’effettiva applicazione. Per evitare dubbi interpretativi, prevede che sia nulla ogni pattuizione che ostacoli in qualche modo l’esercizio di questo diritto legittimo.
Il Decreto fiscale del 6 luglio 2009, art. 2, comma 3 ha introdotto una penale per le banca che non perfeziona la surroga entro 30 giorni dalla richiesta. La banca è sanzionata nella misura dell’1% del valore del mutuo per ogni mese di ritardo. La banca originaria viene considerata sempre responsabile anche se quest’ultima ha la facoltà di rivalersi sulla banca cessionaria (nuova banca).
La Bersani-bis introduce una novità per l’esercizio della surrogazione: la portabilità dell’ipoteca. In precedenza, era necessario cancellare l’ipoteca e, estinto il vecchio mutuo, iscrivere una nuova ipoteca con l’istituto di credito subentrante.
In base alle nuove regole, anziché cancellare l’ipoteca, nei Registri Immobiliari il notaio effettua un cambio di attore, indicando il nome del nuovo creditore con una nota a margine della vecchia ipoteca.
Secondo la legge finanziaria del 2008, le spese di nuova istruttoria e perizia e ogni altro onere sono a carico della banca subentrante, fatto salvo l’onorario notarile.[2]
In base al citato decreto Bersani, la banca non può operare un’autosurroga, per stipulare un mutuo a nuove condizioni. La surroga è finalizzata alla portabilità dell’ipoteca, e vale soltanto fra istituti differenti.
Tuttavia, se il cliente chiede una surroga, la banca può proporre una rinegoziazione e cambiare le condizioni contrattuali in modo più favorevole al cliente, con il consenso scritto di entrambe le parti.
Se si modifica il contratto col proprio istituto di credito, non si tratta di surroga, ma di rinegoziazione. La rinegoziazione quindi non riguarda solo l’applicazione del Decreto Tremonti per l’allungamento della durata, ma la ridefinizione di un qualunque aspetto del piano di ammortamento: durata, rata, interesse, spread, tipo di tasso.
La surroga e il confronto di preventivi di altre banche è anche un’opportunità per ottenere una rinegoziazione e condizioni migliorative dal propri istituto di credito.
La surroga avviene tramite una semplice procedura interbancaria formalizzata dall’ABI. La nuova banca invia a quella di origine una richiesta di surroga, senza specificare la filiale dove il cliente ha il conto corrente e paga il mutuo. La banca dovrà indicare il debito residuo e una quietanza di pagamento a favore del cliente.
Di fatto, la surroga si conclude con mezzi esterni alla procedura ABI (telefono, e-mail, ecc.) perché la procedura non consente di indicare il CAB della filiale della nuova banca e della vecchia, e di scambiarsi tutte le informazioni necessarie. Perciò, la filiale deve essere contattata quanto meno per decidere data e persona incaricata per recarsi dal notaio, una prima stima del debito residuo, i tempi per il calcolo “ufficiale” e quelli per la stesura della minuta di mutuo da parte del nuovo istituto.
Non essendo obbligatoria per legge nessuna polizza sul bene ipotecato, nemmeno quella contro incendio e scoppio, la Bersani II nulla precisa in merito alla gestione delle coperture assicurative in caso di surroga. Spesso, la banca obbliga il cliente a stipulare l’assicurazione con una società del proprio gruppo, e pagare nuovamente, laddove la surroga dovrebbe essere completamente priva di costi per il cliente.
Secondo il codice delle assicurazioni, il cliente ha diritto a disdettare qualsiasi polizza poliennale con preavviso di 60 giorni, senza il quale il contratto è tacitamente rinnovato per l’anno corrente, e chiedere il rimborso, entro 60 giorni dalla disdetta e secondo le modalità da questi indicate, degli anni di premio pagati e non goduti. Tale periodo decorre come minimo dal quinto anno, non potendo per il codice civile la polizza essere vincolata al rimborso di più di 5 anni.
Per le assicurazioni sul bene ipotecato, come quella contro incendio e scoppio, la banca subentrante può accettare un cambio di vincolo della polizza a proprio favore. In questo modo, cambiando il beneficiario, chi richiede la surroga non deve pagare nuovamente tutte le coperture assicurative.
Se, invece, la banca subentrante o il cliente scelgono di stipulare nuove polizze con altre compagnie assicurative, il cliente deve inviare disdetta alla vecchia compagnia e chiedere il rimborso entro 60 giorni degli anni di premio non goduti mediante assegno postale o accredito in conto presso la vecchia banca, fornendo il numero identificativo della polizza, eventualmente copia per conoscenza all’ISVAP e alla banca cedente.
Uno dei primi provvedimenti del IV governo Berlusconi è stato un decreto del ministro Tremonti che, per i mutui a tasso variabile, su richiesta del mutuatario, ha obbligato il mutuante a prolungare la durata del prestito, mantenendo costante la rata.
Si tratta di una dilazione onerosa di pagamento, per la quale la banca concede una maggiore durata del prestito e guadagna una quota interessi e un montante maggiori. il provvedimento ha una particolare utilità nei casi in cui la rata abbia già raggiunto un livello insostenibile per il reddito del mutuatario, a rischio di insolvenza.
La differenza del debito finisce in un conto accessorio, che il cliente inizia a pagare solamente dopo aver estinto il mutuo, al quale la banca applicherà l’Eurirs a 10 anni e uno spread massimo dello 0.5. La legge non specifica se l’interesse debba applicarsi al solo debito residuo, cosa ovvia nella prassi bancaria. Ciò ha data luogo all’applicazione anche agli interessi passivi già versati, alla pratica nota come anatocismo.
La legge non indica nemmeno quante volte la banca debba concedere la rinegoziazione. Alcuni istituti concedono di prolungare la durata del mutuo per una sola volta per tutta la sua durata.
In questo modo, viene evitato uno dei rischi che ha portato alla crisi dei mutui subprime americani. Con il prolungamento della rata si evita che un rialzo dei tassi di interesse porti la rata dei mutui a tasso variabile a un livello non più sostenibile per le famiglie, all’insolvenza e conseguenti pignoramenti.
Se il mutuatario difficilmente ottiene una modifica delle condizioni contrattuali e prima del 2007 doveva corrispondere una penale per l’estinzione anticipata, il mutuante ha facoltà di rescindere unilateralmente il contratto in qualunque momento, se chi riceve il finanziamento viene meno ad una delle obbligazioni previste nella clausola risolutiva o in altre parti del contratto.
La Finanziaria del 2008, come detto, ha abolito le penali per estinzione anticipata del mutuo, su richiesta del mutuatario.
Possono avere luogo, tuttavia, penali nel momento in cui il mutuatario è inadempiente davanti a legittime nuove obbligazioni richieste dalla banca, come la risoluzione espressa del contratto o la richiesta di reintegro delle garanzie.
La clausola risolutiva espressa limita tale facoltà per specifiche obbligazioni, e non è applicabile per circostanze generiche.
La specificità non significa soggettività della circostanza, ovvero che l’inosservanza dell’obbligazione debba dipendere esclusivamente da un comportamento non corretto del mutuatario, ed abbia dunque la caratteristica di prevedibilità. Un motivo di risoluzione, ad esempio, può essere un mancato reintegro delle garanzie, per lui non prevedibile, per il mutuatario, in cui il mutuatario non soddisfa le richieste della banca.
La rescissione comporta la restituzione in tempi rapidi dell’intero debito, con gli interessi previsti ed un eventuale penale.
La cancellazione dell’ipoteca è un atto notarile, dai costi paragonabili a quelli dell’iscrizione.
In base al Decreto Bersani, quando è estinto il debito residuo con la banca, l’istituto è obbligato a darne comunicazione alla locale Agenzia del Territorio, che procede d’ufficio e gratuitamente alla cancellazione, senza oneri per il mutuatario.
In caso di ipoteca perenta, la comunicazione della banca, viene respinta dall’Agenzia del Territorio. Conseguentemente, il cliente deve necessariamente rivolgersi direttamente al notaio per la cancellazione.
La maggior parte dei mutui è concessa con vincolo di destinazione, ovvero deve essere espressamente specificato per quali scopi verrà utilizzato il denaro preso a prestito, cosa si acquisterà con esso.
I mutui per l’acquisto della prima o seconda casa costituiscono la maggior parte dei mutui concessi dalle banche. L’ammontare del capitale erogato non può superare un importo il cui rimborso annuale sia in genere il 30% del reddito del nucleo familiare (salario e altre entrate) del richiedente; in pratica, se la famiglia del mutuatario ha un reddito annuo di 100, non può prendere mutui che le costino più di 30 all’anno per i rimborsi (somma dei pagamenti nell’anno), e dunque l’importo del capitale massimo erogabile si calcola a partire dall’importo della rata di rimborso.
Inoltre, l’importo massimo erogabile è condizionato al valore del bene prestato in garanzia: da qualche anno, una certa deregulation del mercato consente di registrare offerte di mutui che arrivano a coprire il 100% del valore di perizia dell’immobile[3], determinato da un esperto di estimo incaricato dalla banca. La perizia eseguita a questi fini, pur se formalmente tesa a individuare “il più probabile valore venale in comune commercio” del bene, deve tener conto dell’aspetto prospettico della sua eventuale utilità, poiché in ragione della cospicua durata del mutuo e della possibile modificazione nel tempo degli equilibri fra i molti parametri da prendere in esame, essa deve ponderatamente restituire un valore di garanzia sostanziale in favore dell’ente erogante, tale che nell’ipotetica necessità di esitazione alla vendita forzata del bene, che potrebbe accadere in un imprecisato momento del rapporto, si disponga di un valore stabilmente tenutosi realistico. Ciò determina in genere una differenza fra l’importo di perizia ed il valore commerciale effettivo del bene, detraendosi da questo valori che rendano ragione dei rischi di deperimento tecnico-fisico e delle eventuali modificazioni del mercato di riferimento.
Il mutuante in genere appone dei correttivi di sicurezza ai valori di perizia, in modo da ulteriormente affinare il rapporto fra rischio (capitale erogato) e garanzia (beni ipotecati); questi dipendono da molti parametri e sono calcolati anche con algoritmi statistici.
La concessione del mutuo è in genere subordinata alla disponibilità di un reddito stabile ed attendibile, ad esempio un contratto di lavoro a tempo indeterminato (stipulato da almeno 4 anni) o di altri redditi stabili (per il lavoro autonomo, si fa luogo a ragionata analisi degli ultimi fatturati).
Stanti alcune condizioni personali soggettive tipiche della categoria, si registra invece una sempre maggior difficoltà di ottenimento di mutui da parte dei lavoratori pensionati; questa tendenza, che riguarda un numero crescente di istituti e rischia di elevarsi a regola, viene talvolta giustificata con freddi e sgradevolissimi argomenti – asseritamente desunti dalla statistica – sull’aspettativa di vita. Si sostiene – quando non smentito – che ovviamente sia più facile che un mutuatario pensionato possa morire in corso di contratto, originando problematiche successorie nelle quali la banca non troverebbe economicamente vantaggioso ingerirsi. Da altri si ribatte invece che tale tendenza manifesterebbe una previsione di abbattimento del potere d’acquisto dei pensionati, con effetti sulla puntualità o sul completamento dei rimborsi e possibili implicazioni legate a possibili condizioni di difficoltà degli anziani (ad esempio, per necessità sanitarie). In ogni caso, questo limite è visto dalla maggioranza degli osservatori come fortemente penalizzante e discriminatorio nei confronti dei pensionati.
Esistono mutui a rata fissa con interess cup, ovvero a tasso variabile entro un massimo interesse che è intorno al 4%. in altri Paesi d’Europa sono diffusi mutui misti, a tasso variabile i primi 5-10 anni, in cui è più attendibile una previsione sui tassi; rinegoziabili a tasso fisso prestabilito oppure a tasso variabile per il periodo successivo.
I tassi di riferimento a livello europeo nell’erogazione dei mutui sono l’Eurirs o Irs (Interest rate swap) per i mutui a tasso fisso e l’Euribor per quelli a tasso variabile, per il valore calcolato il giorno della firma del contratto.
L’allineamento dei tassi di riferimento alla media europea, la standardizzazione dei metodi di calcolo di rate e interessi, e delle clausole relative ai mutui bancari, da alcune organizzazioni di tutela dei consumatori e da alcuni movimenti politici sono stati ritenuti prova dell’esistenza di un supposto cartello bancario e di un’assenza di concorrenza nel settore, piuttosto che di un mercato efficiente con una totale simmetria informativa e condivisione delle informazioni rilevanti.
L’interesse applicato ai mutui per la casa è in genere superiore al rendimento di un investimento come quello in titoli di Stato; la comparazione è consentita dalla analoga caratteristica del rischio basso o nullo, essendo l’ipoteca su bene immobile e durevole (spesso lo stesso bene nel quale il mutuatario direttamente va ad abitare) una tutela del creditore congrua per quantità e valore.
I mutui a tasso variabile consistono nell’erogazione di un prestito ad un interesse prefissato che varia nel tempo e viene ricalcolato rispetto ad un indice di riferimento (esempio Euribor) più un certo guadagno percentuale (mark-up per l’istituto di credito, il tasso può variare di alcuni multipli e il contratti tipicamente non prevedono un interesse massimo applicabile.
(lo staff)
I fatti di cronaca giudiziaria degli ultimi giorni sulle indagini nei confronti di alcuni istituti di credito hanno riportato alla luce il tema dell’usura bancaria. Ecco allora una piccola guida per i consumatori su cosa è l’usura bancaria e quali sono i fattori da considerare nel calcolo dei tassi applicati dalle banche.
Innanzitutto, quando si parla di usura bancaria? Lo stabilisce la legge: “Si ha usura quando il corrispettivo di una prestazione in denaro consistente nella richiesta di interessi, spese e commissioni costituisce un costo totale finanziario estremamente esoso in relazione alla categoria della prestazione, all’entità della prestazione ed alle dinamiche finanziarie del mercato”.
Si tratta perciò di un’ applicazione sui finanziamenti – concessi dagli istituti di credito e dalle società finanziarie ai propri clienti – di tassi di interesse effettivi che, sommando il tasso nominale e tutti gli oneri relativi alla concessione del credito, superano il limite consentito dalla legge sull’usura, ovvero la Legge 108/1996 (e successive modifiche).
Tale legge stabilisce infatti delle soglie (TEGM) oltre le quali gli interessi sono considerati usurari. Attualmente, i tetti stabiliti nel secondo trimestre 2014 da Bankitalia sono i seguenti: si va dal 8,66%dei mutui ipotecari a tasso variabile al 10,46% del tasso soglia per i mutui a tasso fisso. Diminuite anche le soglie – rispetto allo scorso trimestre – dei tassi dei prestiti finalizzati, sia dei finanziamenti con importi fino a 5 mila euro (19,06%), sia dei prestiti con importo oltre i 5 mila euro (16,22%). Non solo: per i tassi soglia relativi alla cessione del quinto c’è il 19,10% sugli importi fino a 5mila euro e il 18,37% per quelli superiori, mentre il tasso previsto per il credito personale è del valore del 18,77%. Ulteriori paletti anche per i conti correnti: il tasso relativo all’apertura di un conto per importi fino a 5 mila euro è al 18,35%, mentre per gli importi superiori è al 16,57%.
L’argomento è molto complesso e tante sono le sentenze emesse negli ultimi anni dalla Corte di Cassazione in materia. Dall’altro lato, le banche per salvaguardarsi hanno introdotto negli anni clausole di salvaguardia nei contratti stipulati con i clienti, determinandone eventuali interessi di mora e maggiorazioni, clausole con le quali le banche limitano il tasso massimo alla soglia stabilita.
Questo porta quindi a non generalizzare e ad esaminare ogni singolo caso, facendo una verifica delle condizioni generali del proprio contratto e analizzando alcuni importanti fattori, come le spese relative alla gestione della pratica, le penali, istruttoria, perizia, incasso rata ed eventuali polizze obbligatorie, fattori che potrebbero far rivelare al contribuente di avere in mano dei finanziamenti che oltrepassavano il tasso soglia già al momento della stipula.
La questione è seguita da anni da varie associazioni,in base ad una recente sentenza della Cassazione – la n. 350/2013 – “quando il tasso di mora, le penali e le varie spese, tutte messe insieme superano il tasso soglia, stabilito dalla legge antiusura 108/96, anche i mutui diventano usurai e possono essere annullati con le relative procedure giudiziali bloccate”.
Altre sentenze della Cassazione hanno dato nuovi spunti al tema dell’usura bancaria, sottolineando come i tassi possano essere dichiarati usurari “anche nel corso di un rapporto di finanziamento (la cosiddetta usura sopravvenuta), non solo nel momento in cui sono pattuiti (usura originaria o preventiva)”. L’ultima decisione è del 10 gennaio 2014 e arriva dal Collegio di Coordinamento dell’Abf (Arbitro bancario finanziario) che, accogliendo le ultime sentenze sull’usura sopravvenuta, trasforma i mutui a tasso fisso in variabile, ma solo al ribasso. Questo vuol dire che – come riportato da Il Sole 24 Ore del 4 febbraio 2014 – “il tasso fisso del 10% previsto per un mutuo a 20 anni stipulato in passato può considerarsi usuraio, visto che nel corso della vita del contratto il tasso soglia di usura è sceso ben al di sotto, con un minimo nel primo trimestre del 2011 al 6,28%. Il tasso può diventare quindi usuraio nel corso della vita del finanziamento semplicemente in funzione delle mutate condizioni di mercato”.
Per tutelarsi, il contribuente deve stare attento in particolare ad un fattore: il tasso di mora, che consiste nell’interesse che la banca richiede quando il cliente non riesce a pagare una rata. Sempre secondo Lannutti, questo fattore è fondamentale per annullare il mutuo: “Nei casi di superamento del tasso soglia il mutuo diventa nullo solo se subentra il tasso di mora e non quando i cittadini pagano regolarmente le rate”. E che ” anche se non applicato, concorre al tasso effettivo globale, che deve essere inferiore al tasso d’usura”. Verificare se esiste un’anomalia è semplice: basta chiedere un estratto conto e i renditoconti delle rate alla propria banca, che è obbligata a fornite tutti i documenti degli ultimi 10 anni, inclusi contratti di mutui e conti correnti (a meno che non c’è la prescrizione). Se il contribuente rientra in questa categoria, può allora chiedere il rimborso integrale degli interessi pagati su mutui, leasing e finanziamenti, avendo inoltre la facoltà di non corrispondere gli interessi relativi alle rate residue.
Altrimenti, le associazioni di consumatori,hanno da tempo messo a disposizione sul proprio sito un modulo per calcolare i propri tassi (inserendo il tipo di tasso, la data di sottoscrizione e il tasso di mora) ed eventualmente richiedere il rimoborso. Inoltre, sul sito della Banca d’Italia è possibile aggiornarsi sugli attuali TEGM del trimestre in corso.
(lo staff)
L’anatocismo, dal greco anà (di nuovo) tokismòs (interesse, usura), rappresenta un’attività praticata per anni dalle banche, celata nel silenzio degli autori e nascosta in enigmatiche clausole contrattuali.
Con il termine anatocismo (dal greco anà – sopra, e tokòs – prodotto) si intende la capitalizzazione degli interessi su un capitale, affinché essi siano a loro volta produttivi di altri interessi (in pratica è il calcolo degli interessi sugli interessi). Nella prassi bancaria, tali interessi vengono definiti “composti”. Un esempio di anatocismo è quello di capitalizzare (ossia sommare al capitale di debito residuo) gli interessi ad ogni scadenza di pagamento, anche se sono regolarmente pagati.
Il calcolo degli interessi in regime di capitalizzazione composta anziché in regime di capitalizzazione semplice determina una crescita esponenziale del debito, di conseguenza per periodi inferiori all’anno l’importo calcolato con la capitalizzazione composta sarà inferiore a quello che si determina nella capitalizzazione semplice.
Giuridicamente, in un’obbligazione pecuniaria l’applicazione dell’anatocismo comporterebbe, per il debitore, l’obbligo di pagamento, non solo del capitale e degli interessi pattuiti, ma anche degli ulteriori interessi calcolati sugli interessi già scaduti.
Anatocismo e usura sono illeciti radicalmente diversi dal punto di vista giuridico. L’anatocismo[4] è un illecito civile, privo di risvolti penali, invece l’usura è vietata dal codice penale.
Anatocismo e usura sono modi diversi di ottenere una remunerazione fuori mercato dei capitali “prestati”, il primo con l’applicazione di interessi minori su una base più larga pari al debito residuo e alle quote interessi già pagate, la seconda con l’applicazione diretta di interessi esorbitanti. L’anatocismo è ammesso solo a determinate condizioni dal codice civile, mentre non riceve menzione in quello penale, per cui chi pratica l’anatocismo non pone in essere alcun illecito di rilevanza penale.
Gli oneri per la pratica anatocistica sono molto contenuti. Si limitano al rimborso delle somme ingiustamente estorte, con relativi interessi legali. Non esiste una modalità ufficiale di calcolo, ma la giurisprudenza maggioritaria si è orientata nel senso di applicare in luogo della capitalizzazione trimestrale la capitalizzazione semplice (che non prevede alcuna capitalizzazione) o, più raramente, la capitalizzazione annuale. Il tasso di interesse è quello legale se non vi è una valida pattuizione e se il contratto è stato stipulato prima del 1/1/1994, entrata in vigore del Testo Unico Bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993); ovvero al tasso previsto dall’art. 117 TUB (rendimento medio dei BOT) applicato in senso favorevole al correntista. Affinché si possa parlare di valida pattuizione è opportuno che vi sia un accordo scritto sottoscritto da entrambe le parti. Non costituisce valida pattuizione la semplice comunicazione del tasso applicato.
Il giudice di merito può riconoscere il risarcimento del danno esistenziale e biologico.
In base alla legge n. 281/98, chi non rispetta il provvedimento del Giudice deve pagare allo Stato una somma di denaro che verrà, per effetto della medesima disposizione di legge, destinata ad iniziative a vantaggio dei consumatori.
Le sanzioni in caso di usura sono più incisive. Il diritto penale annovera l’usura come reato (art. 644 c.p.) e ciò comporta una maggiore reazione dell’ordinamento giudiziario rispetto ad un illecito civile. Il reato di usura prevede l’apertura di un’indagine penale, con intervento del Pubblico Ministero che ha particolari poteri di indagine e persecutori nei confronti di possibili usurai. Sul fronte civilistico le sanzioni conseguenti all’usura sono molto incisive e particolarmente penalizzanti per l’usuraio. L’Art. 1815 c.c prevede che in caso di usura, non siano dovuti interessi. Tale norma è stata modificata dalla legge 108/1996 che ha inasprito la sanzione. In precedenza il legislatore riconosceva comunque il tasso legale sul capitale erogato dall’usuraio.
Il sistema bancario non è immune dal reato di usura, ma anzi è prevista un’aggravante specifica nel caso in cui il reato sia commesso da un soggetto che esercita l’attività bancaria (Art. 644 c.p. n. 1). Purtroppo si sono verificati molti casi di istituti di credito, banche e società finanziarie che sono state condannate dai tribunali per aver applicato interessi usurari (ex multis: Tribunale di Monza Sent. n. 1967 dell’11-06-2007, Tribunale di Rho Sent. n. 76 del 28/02/2006, Tribunale di Rho Sent. n. 4 del 10/01/2006). Il ctu Michel Emi Maritato si è mobilitato per riuscire a mantenere inalterato quanto ciascuna azienda vanta o potrà vantare dagli istituti di credito a titolo di restituzione di Indebiti Bancari. I fatti salienti sono i seguenti: nel Febbraio 2011 la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 24418 del 2 dicembre 2010 ha sancito definitivamente che il diritto alla restituzione di tutti gli indebiti rilevabili sui conti correnti bancari (dall’Anatocismo, agli interessi Ultralegali, alle Commissioni di massimo scoperto illegittime, all’Usura Bancaria…) si prescrive nel termine di dieci anni dalla chiusura del conto corrente. Con tale sentenza si è confermato quindi che un correntista, che ha utilizzato fidi bancari pagando interessi passivi trimestrali, può vantare il proprio diritto alla restituzione di quanto pagato illegittimamente in più alla banca, tornado indietro a rielaborare i propri conti fino al 1952.
Il milleproroghe votato ed entrato in vigore è stato sollevato di incostituzionalità da diversi Tribunali, come la causa del 13 aprile 2011 – Anatocismo. Tribunale di Roma, rimanendo in attesa di decisione della Corte Costituzionale. Dopo aver abbattuto il debito del correntista nei confronti della banca per oltre mezzo milione di euro a seguito della rielaborazione contabile con la sola capitalizzazione annuale ed altre illegittimità, il giudice Antonella Izzo dispone di rielaborare i conti senza alcuna capitalizzazione seguendo la sentenza 24418 della Sezioni Unite della Cassazione del dicembre 2010, disapplicando completamente il Milleproroghe senza nemmeno prenderlo in considerazione. Con un’importante sentenza, poi, il Tribunale di Ancona ha sancito la nullità del decreto ingiuntivo ottenuto da un Istituto di credito nei confronti del fideiussore del debitore, in quanto nel contratto di conto corrente bancario oggetto del credito del quale si chiedeva l’escussione era applicato l’anatocismo, vale a dire la capitalizzazione degli interessi sugli interessi. La sentenza è particolarmente significativa, in quanto, secondo il Tribunale marchigiano il semplice estratto conto non costituisce prova della somma dovuta dall’utente bancario. Dall’esibizione in giudizio della documentazione richiesta dal magistrato, è, quindi, emerso che la Banca nel corso degli anni aveva illegittimamente applicato l’anatocismo sugli interessi passivi. Il Tribunale di Ancona ha, quindi, stabilito che, oltre, al debitore principale anche il fideiussore può opporsi all’ingiunzione di pagamento dell’Istituto di credito.
Dopo questa breve presentazione,sull’anatocismo bancario,anche se ne abbiamo parlato svariate volte,ma è sempre meglio tenere viva la mente su argomenti estremamente importante.
Vogliamo continuare il discorso con un breve escursus.
L’applicazione dell’interesse sull’interesse prende il nome di anatocismo bancario. Un fenomeno illecito, tanto praticato, quanto sconosciuto ai non addetti ai lavori. L’anatocismo, dal greco anà (di nuovo) tokismòs (interesse, usura), rappresenta un’attività praticata per anni dalle banche, celata nel silenzio degli autori e nascosta in enigmatiche clausole contrattuali. Sommando gli interessi al capitale prestato, la banca aumenta la base per il conteggio di nuovi interessi, facendo allargare a macchia d’olio il debito del consumatore nei confronti dell’istituto bancario. Risultato: il cliente, a sua insaputa, si trova a dover pagare un interesse superiore a quello comunicatogli. Tra gli addebiti illegittimi più comuni effettuati dalle banche, che sono stati oggetto di recenti sentenze dei Tribunali, accanto agli interessi anatocistici, compare anche l’usura, illecito non relegato ad attività in mano alla criminalità organizzata, ma spesso perpetrato dagli istituti bancari con l’applicazione di tassi superiori a quelli consentiti dalla legge. Contro queste “speculazioni”, le associazioni di tutela dei consumatori, hanno intrapreso iniziative volte a fornire assistenza e a sensibilizzare i consumatori sulle insidie nascoste dietro a contratti quali: mutuo, prestiti personali, cessione del quinto, apertura conto corrente, leasing. Recuperare le somme indebitamente versate, infatti, richiede prima una analisi precisa della situazione e delle condizioni di contratto e successivamente il ricorso alle procedure giudiziali. I recenti indirizzi giurisprudenziali, hanno dato risultati incoraggianti, aprendo la strada al recupero diretto di quanto indebitamente pagato alla banca. Trattandosi di azione restitutoria, il diritto alla ripetizione dell’indebito è soggetta a prescrizione decennale, termine oltre il quale il cliente decade dalla possibilità di far valere il suo diritto
(lo staff)
Spesso riceviamo svariate domande da parte dei nostri lettori,ne abbiamo scelta una che ci da la possibilità poi di aprire un discorso sui prestiti personali.
Una finanziaria, cui mi sono rivolto per un “prestito contro cessione di un quinto dello stipendio” che mi sarebbe concesso entro giugno, mi ha proposto un interesse del 14% annuo. A me sembra un tasso da usurai ma vorrei essere sicuro prima di protestare. Sul mio mutuo a tasso variabile per la casa, infatti, la mia banca nell’ultimo trimestre dell’anno scorso ha applicato “solo” il 6,5%, meno della metà. Come si calcola il tasso da usura?
Ogni trimestre la Banca d’Italia pubblica una tabella dettagliata con il tasso soglia di usura per ogni differente forma di finanziamento, dalle aperture di credito in conto corrente (il tasso di usura per questa categoria è del 18,35% fino a 5mila euro, e del 16,575% oltre i 5mila) agli scoperti senza affidamento (24,25% fino a 1500 euro e 22,7625% oltre i 1500). Nell’elenco completo, reperibile sul sito della Banca d’Italia (l’ultimo comunicato emesso ha la data del 24 marzo 2014 e riporta i tassi validi ai fini dell’usura fino alla fine di giugno) e presso tutte le associazioni dei consumatori, il lettore può verificare che nel suo caso, relativo ad un prestito contro cessione di un quinto dello stipendio, la richiesta della finanziaria è sotto il tasso di usura. Infatti, per prestiti di questo tipo, il tasso soglia da non superare è del 19,1% fino a 5mila euro e del 18,375% oltre i 5mila euro. Per fissare il tasso da usura, il procedimento seguito dalla Banca d’Italia è il seguente, ed e’ valido per tutte le categorie di prestiti: gli uffici dell’Istituto Centrale calcolano il Tegm (tasso effettivo globale medio) per ogni tipo di finanziamento rilevandolo dalle condizioni offerte dalle banche sul mercato; a questo dato medio aggiungono un quarto dello stesso tasso, ossia il 25%; infine, al tasso maggiorato del 25% aggiungono ancora altri 4 punti percentuali.
Il nostro lettore ci chiede come si fa a calcolare il tasso di usura su un prestito personale,e ci da lo spunto per spiegare che cosa è e come viene concesso un prestito.
Il prestito è la cessione di una somma di denaro con il vincolo della restituzione di capitali di pari valore o maggiori.
Il termine indica essenzialmente un finanziamento di denaro che un istituto o società di credito autorizzata (detta mediatore o dealer) (es. banca) o un privato cittadino concede ad un altro soggetto economico.
Gli elementi costitutivi di un prestito sono:
-capitale finanziato, -tasso annuo nominale d’interesse (TAN) -tasso annuo effettivo globale (TAEG) -durata del finanziamento
-l’importo, ed eventuali rate e condizioni.
L’assegnazione di un prestito avviene dopo una serie di controlli preliminari che il mediatore esegue in base alla situazione economica e professionale del soggetto richiedente, esami che gli permette di valutare la sicurezza evitando sconvenienti situazioni di insolvenza.
Tale finanziamento può essere richiesto ed erogato con diversi scopi: per acquistare beni di consumo (automobile, abitazione, arredamento, elettrodomestici, vestiti, ecc.), per ristrutturare la propria casa (edilizia), per saldare altri debiti o prettamente per possedere una disponibilità immediata di denaro contante (prestiti di liquidità).
La concessione di un prestito può essere subordinata alla presentazione da parte del richiedente di una garanzia reale o personale. Possiamo quindi fare un’ulteriore distinzione tra prestiti garantiti e non garantiti.
Prestiti finalizzati e non finalizzati
Il prestito inoltre può essere può essere finalizzato e non finalizzato. La caratteristica principale che distingue i due tipi di prestito-sovvenzione è basata sul metodo di erogazione e conseguentemente alla restituzione del denaro stesso: nel caso dei prestiti finalizzati, il cliente è obbligato all’acquisto di un bene di consumo specificando comunque la finalità del prestito e mettendo necessariamente a conoscenza l’istituto finanziatore; mentre nel caso di prestiti non finalizzati il cliente non ha alcun vincolo di destinazione ed è libero di disporre della somma richiesta in prestito con maggiore libertà d’azione.
Generalmente i prestiti finalizzati si distinguono dagli altri per una maggiore semplicità e rapidità della pratica, infatti talvolta possono essere erogati dallo stesso punto vendita del bene in questione grazie a convenzioni commerciali e finanziarie con le banche; mentre per i prestiti non finalizzati ci si rivolge esclusivamente a istituti di credito.
Credito al consumo
Tra i prestiti non finalizzati il più diffuso è il prestito personale, che rientra anche nella categoria del credito al consumo ed è un prestito senza garanzia.
In Italia la disciplina del credito al consumo prevede un importo compreso tra 154,94 euro e 30.987,41 euro. Generalmente, nel caso dei prestiti personali in senso stretto, l’importo è medio alto, mentre per le somme più contenute si preferisce utilizzare la forma del credito rotativo: carte di credito revolving o apertura di linee di credito rotative (stesso meccanismo delle carte revolving ma senza il supporto di plastica). La durata è compresa tra 12 e 120 mesi.
Ovviamente la scelta tra queste due forme di finanziamento sarà fatta dal cliente in stretta relazione alle proprie esigenze e disponibilità.
(lo staff)
Il documento commissionato nel luglio 2012,costato ben 17 milioni,si conclude con 244 pagine di accuse e consigli al nuovo management.Dalle remunerazioni troppo alte,alle trasformazioni della banca in un gigante finanziario:il profitto è sempre finito sopra il cliente.Intanto Diamond continua a girare con l’autista della banca.
A nove mesi dallo scandalo che travolse le banche della City e per prima Barclays,costretta a pagare una multa di 59,5 milioni di sterline e ammettere di aver partecipato in prima linea alla manipolazione del tasso libor,con un reclutante Bob Diamond spinto a forza a dimettersi,arriva il rapporto interno commissionato dai vertici della stessa banca. E l’analisi non stupisce. La spinta a trasformare Barclays da una banca di sportello inglese in un gigante finanziario globale,ha stabilito il rapporto,ha creato nel corso di un decennio una cultura che mette il profitto sopra il cliente,in un totale vuoto etico.
Ma le raccomandazioni finali,ben 34,per migliorare la situazione all’interno dell istituto,sono già state criticate per troppa vaghezza,insieme al costo del rapporto,di ben 17 milioni di sterline.
Anthony Saltz,in passato avvocato per la Bbc e ora nello Scott Trust proprietario del Guardian oltre che vice presidente della Rothschild investement,incaricato nel luglio 2012,ha scritto 244 pagine di accuse e consigli:dalle remunerazioni troppo alte per i top manager alla cultura del diritto a fare tutto,lo stile di Barclays deve cambiare. Servono trasparenza e colore per riconquistare fiducia,scrive Saltz,concentrandosi sulla corte privilegiata alla guida della banca:”compensi riservati al gruppo dei 70 sono stati consistentemente e significativamente al di sopra della media,comparati ad altre banche dello stesso livello”. E fa i conti,rilevando che nel 2010 quei top 70 hanno guadagnato il 35% in più di quanto indica il mercato di riferimento,mentre nel 2011,sebbene abbassati,i loro premi erano comunque superiori alla media dle 17%.
Per poi spiegare al Financial Times “la loro focalizzazione sul guadagno a breve e la posizione competitiva adottata hanno portato un vuoto totale di valori”.
Come scrive nel rapporto,davanti alla crisi economica troppi dirigenti in quella banca hanno ignorato la situazione e continuano a pretendere livelli di stipendio pre-crisi “Un piccolo gruppo di banchieri sembra aver perso ogni umiltà e senso delle proporzioni,apparentemente inconsapevoli della realtà“,specifica. E stipendi troppo alti distorcono inevitabilmente ogni valore,dato che attraggono persone che misurano il proprio successo personale principalmente in base a quanto guadagnano. Molti di quanti sono stati interpellati hanno mostrato un senso di diritto a tutto. Parole che sembrano far riapparire quel Bob Diamond stupito e furioso della scorsa estate,incapace di concepire ogni possibile torto da lui commesso.
Come quelle che descrivono un modo di agire che favoriva le transazioni rispetto alle relazioni,il breve termine contro la sostenibilità e il settore finanziario rispetto ad obbiettivi aziendali.
Ora che Diamond non cè più,a commentare il rapporto è invece sir David Walker,che ha sostituito il presidente al vertice della banca,dimessosi anche lui in luglio,e prima di Diamond. Walker usa poche,precise parole:”Lettura sgradevole,in certe parti”solito self controll inglese. Quanto alle 34 raccomandazioni per cambiare cultura in e immagine in Barclays,il primo critico è proprio il quotidiano della City.
In un editoriale non firmato,il Financial Times sottolinea il coste del rapporto e pur riconoscendone la correttezza nell’analisi,liquida come banali le proposte per cambiare,come promuovere e salvaguardare la fiducia nella banca.
Poche frasi giudiziose,conclude,non bastano a cambiare mentalità.
Proprio in questi giorni,infatti,le banche della City si stanno organizzando per evitare a tutti i costi il tetto ai bonus stabilito dall’Unione Europea ,mentre quelle americane con sede a Londra progettano di trasferirsi fuori dall’Europa.
Quanto a Bob Diamond,è di fine marzo la notizia che il prossimo luglio riceverà da Barclays due milioni di sterline in stipendio,bonus e pensione,mentre continua a essere fornito di assicurazione sanitaria e sulla vita,oltre all’alloggio quando si troba in terra Britannica,con annessi macchina e chauffeur.
La cosa che ci consola e che anche oltre manica hanno le loro gatte da pelare,e che quindi non solo noi abbiamo i nostri problemi,possiamo dire che siamo tutti quanti sulla stessa barca.
Dopo la denuncia presentata da alcune associazioni di consumatori a varie procure,e l’apertura di un fascicolo da parte della procura di Trani per la manipolazione dell’euribor,con Barclays bank che ha già accettato di pagare una multa da 290 milioni di sterline,circa 400 milioni di euro,il pm Ruggero Michele,lo stesso che ha indagato le carte revolving usurarie dell’American express,oltre alla chiusura inchiesta sulle agenzie rating,ha sequestrato nella sede Barclays Milano numerosi documenti.
Il pm ha aperto u n fascicolo per truffa aggravata e grave manipolazione dei mercati a carico di ignoti,dopo aver costituito un pool di esperti indipendenti per accertare le gravissime manipolazioni dei tassi Euribor,ha visitato gli uffici milanesi della banca britannica,insieme agli uomini del nucleo di polizia tributaria di Bari,che hanno portato via numerosi documenti,materiale informatico e mail,con l’obbiettivo di cercare le prove che anche con gli euribor,proprio come con il libor,Barclays abbia operato una manipolazione con ricadute negative sui tassi dei mutui pagati dagli italiani.Fin dall’emergere della notizia di manipolazione del libor,era emerso un timore di un contagio,se possiamo chiamarlo cosi,dell’altro tasso di riferimento per i mutui variabili,l’euribor,dato che anche il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in euro,come l’analogo libor,viene calcolato come media dei tassi applicati dalle banche con il maggior volume di affari,principalmente dell’area euro.
A stilare la media è l’agenzia Reuters,che provvede al calcolo e alla quotidiana pubblicazione del valore euribor. Con il libor la Barclays ha deciso di adattare il tasso a suo piacimento,penalizzando i sui consumatori e falsando un mercato che fa girare annualmente cifre intorno ai 350 miliardi di dollari.
Si era stimato in 2,5 milioni le famiglie italiane pesantemente danneggiate da illegalità e manipolazioni sull’euribor per un contro valore di 3 miliardi di euro,con una media di 1200 euro di danni pro,capite subiti da cittadini i cui contratti di mutuo hanno tassi di interesse legati all’euribor,che nel 2008 superò il 5,3%,hanno l’obbiettivo di veder riconosciuti alle famigle italiane danni patrimoniali subiti a causa di rate del mutuo gonfiate da manipolazioni illecite dei tassi.
Anche questo ennesimo scandalo planetraio,a danno del mercato dei consumatori,è la dimostrazione lampante che,senza regole ferree e severe sanzioni in sede di G20 per arrestare la sete dei banchieri,non si risolverà òa crisi sistematica,nonostante la Bce nell’ultima settimana,offerendo la giusta lettura interpretativa dei Trattati Europei,tenta di arginare l’impatto speculatico e l’attacco all’euro ed alle condizioni di vita di milioni di famiglie,con 700,000 miliardi di finanza derivata ed il denaro dal nulla intermediato si piattaforme opache per indebolire i sistemi democratici fondati sulla sovranità popolare.
Ma ci chiediamo ,esattamente che cosa è l’Euribor,qui cerchiamo di darne una spiegazione a grandi linee,sperando di fare cosa gradita.
E’ un tasso di riferimento,calcolato giornalmente,che indica il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in Euro tra le principali banche europee.
Viene utilizzato come tasso medio applicato da primari istituti di cerdito per operazioni a termine effettuate sul mercato interbancario,con scadenza una,due o tre settimane,o da uno a dodici mesi. L’euribor varia solamente in funzione della durata del prestito e non dipende dall’ammontare del capitale.
La nascita dell’euribor è avvenuta,contestualmente a quella dell’euro;più precisamente il primo tasso di riferimento è stato definito il 30 dicembre del 1998. Attualmente viene fissato giornalmente dalla EBF (EUROPEAN BANKING FEDERATION)come media dei tassi di deposito interbancario tra un insieme di banche,oltre 50. I tassi applicati a tali operazioni dalle banche con il maggior volume d’affari dell’area euro e da alcuni istituti di credito estranei all’area vengono comunicati giornalmente,entro le ore 11,dall’agenzia Reuters che provvede,per ogni singola scadenza,a calcolarne la media escludendo dal computo il 15% dei valori rispettivamente più alti e più bassi.
Tale esclusione permette di evitare che valori anomali falsino il valore dell’euribor stesso.
La comunicazione dei dati è su base volontaria per le varie banche,l’euribor è calcolabile se partecipano almeno 12 istituti di credito.
Non c’è solo tasso euribor:vengono infatti definiti tassi per durate di tempo indifferenti,che variano tra una settimana a un anno. Come per tutti gli interessi in relazione alla loro durata,l’euribor è crescente con la durata del prestito:un euribor a 1 anno è maggiore di quello a 6 mesi,e questo è maggiore di quello a 3 mesi.
Da notare che il tasso è calcolato su una base di 360 giorni all’anno,per cui ad esempio spesso ci si riferisce ad un tasso EUR 1 M con l’indicazione “EURIBOR 1M/360″. Il calcolo si base 365 giorni può essere effettuato con una semplice proporzione.
Sono rari i casi in cui gli interessi nel breve termine sono più alti di quelli a medio-lungo:il fenomeno è interpretato come pessimismo degli investitori che si attendono un calo nel lungo termine della redditività e della creazione del valore economico.
L’euribor è un indicatore del costo del denaro a breve termine,ed è spesso usato come tasso base per calcolare interessi variabili,come quello dei mutui.
L’euribor è tipicamente il riferimento dei mutui ipotecari a tasso variabile:ad esempio,un mutuo prima casa può essere offerto con cedola semestrale al tasso “euribor sei mesi con spread 1,5%”.
(lo staff)
Perchè non si parla più dei prestiti delle banche?uno potrebbe dire perchè gli istituti di credito non ne concedono più o perchè la crisi economica è tale che non ne vengono richiesti.Anche se fosse cosi,nessuna delle due ragioni basterebbe a giustificare l’assenza di questo tema nei dibattiti politici e nell’agenda del governo Renzi. Per fortuna ci ha pensato il Centro studi Unimpresa a ricordare la gravità della situazione.
Una questione che rasenta lo strozzinaggio. L’abbassamento del costo del denaro deciso dalla Banca Centrale Europea non ha inciso per nulla sulla benevolenza delle banche.
E i tassi di interesse praticati a famiglie e a imprese possono sfiorare il 25%.
Ecco la situazione per le imprese:
-Gli anticipi e gli sconti commerciali vengono concessi con tassi medi all’8,9%,ALL’8,06% E AL 5,49%; la soglia d’usura è rispettivamente fissata al 15,13%,14,08%,10,08%.
Ecco la situazione per le famigle:
-Per i finanziamenti concessi dietro la cessione del quinto dello stipendio e della pensione,i tassi di interessi medi sono al 12,08% per i prestiti fino a 5mila euro e all’11,50% per quelli oltre 5mila euro;mentre la soglia di usura è fissata rispettivamente al 19,10% e al 18,38%. -Il credito al consumo è erogato al tasso medio del 12,05% per prestiti fino a 5mile euro mentre oltre 5mila euro il tasso medio è al 9,78%;la soglia d’usura è rispettivamente al 19,06% e al 16,23%. -Con le carte di credito revolving il tasso medio è al 16,97% per prestiti fino a 5mila euro mentre oltre 5mila euro il tasso medio è la 12,31%,la soglia di usura è rispettivamente al 24,97% e al 19,39%.
-I mutui ipotecari a tasso fisso vengono erogati con interessi medi pari al 5,17% mentre per quelli a tasso variabile gli interessi medi sono al 3,73%,la soglia di usura per i finanziamenti immobiliari è rispettivamente al 10,46% e all’8,66%.
Insomma,già di prestiti e concessioni se ne vedono pochi,se poi vengono elargiti con interessi insostenibili,ecco che il gioco non vale la candela.E la possibilità che le imprese e le famiglie possono provare a ripartire svaniscono.Ma non si capisce come mai l’esecutivo non consideri questo tema una priorità,e poi ci sono storie come quella che stiamo per raccontarvi dove perfino un pensionato di 84 anni ha denunciato una società finanziaria..
E’ stato superato il tasso soglia di usura e cosi un pensionato di 84 anni ha denunciato una finanziaria.Il contratto di finanziamento è stato stipulato a maggio 2008 con un tasso di interesse del 27,12% mentre all’epoca il tasso soglia di interesse pubblicato dalla Banca d’Italia,per il tipo di finanziamento,non superava il 18%.Per cui il Taeg del 27,12% applicato dalla società finanziaria può definirsi usuraio e penalmente rilevante.
La legge 108-96 stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurai,applicato,in questo caso,su un prestito richiesto dall’anziano per aiutare la figlia.
Il superamento del tasso di usura è stato rilevato,nel momento in cui il cittadino si è rivolto ad una associazione per chiedere informazioni e assistenza in quanto,pur avendo pagato il dovuto,continuava l’addebito mensile,sulla sua pensione sociale,della rata del prestito.
Pochi mesi fa,quando ancora non era stata sporta denuncia,evidenziando l’enormità del tasso di interesse su un prestito di 5 mila euro diventato poi di 13500.Il pensionato si era rivolto a un amico che in poco tempo gli presentò un promotore finanziario,che gli fece sottoscrivere il contratto senza alcuna informazione,non lasciando più tracce.
L’anziano pensò di aver sottoscritto un contratto per la durata massima di 6 anni,ma in seguito ha scoperto di dover pagare le rate fino al 2018 con interessi usurai,e si è rivolto ad una associazione che lo sta aiutando in questo percorso.
Anche la Fondazione antisura ha spesso puntato il dito accusatore su un sistema del credito che continua a prendere senza concedere nulla,che si dimostra sempre più spietato ed avaro.
E aumenta il numero di coloro che le banche respingono,che mandano indietro anche per prestiti minimi,cosi come tirano subito il freno di fronte a minimi ritardi nei pagamenti.
(lo staff)
Non ci stancheremo mai di parlare di usura bancaria e di come tutelarci.Ma soprattutto di spiegare ai nostri lettori che cosa è esattamente.
L’usura bancaria è una fattispecie normativa introdotta dall’art 644 del codice penale italiano ed è stata riformulata dalla legge n.108 del 7 marzo 1996,che ha apportato profonde innovazioni e modifiche in materia di usura nell’ordinamento giuridico dell’Italia.
La norma ha ridefinito il quadro complessivo descritto dalla fattispecie incriminatrice affiancando ai parametri puramente soggettivi,previsti dalla vecchia formulazione,nuovi parametri cosiddetti oggettivi.
L’intervento del legislatore,ha contribuito ad ampliare,in maniera notevole,l’ambito di applicazione del reato di usura,e conseguentemente l’area di tutela offerta dalla norma,che non è più relegata ad operare esclusivamente nei casi in cui sussista lo stato di bisogno del quale taluno abbia approfittato conseguendo vantaggi per se o per altri,ma opera anche ogni qual volta il limite posto dall’art 2 della stessa l. 108/96 venga superato.
Pertanto,quella che era una norma destinata ad offrire tutela in casi estremi,nell’ambito dei quali l’usura costituiva,nella pratica,l’anello di una catena di fattispecie delittuose spesse complesse e in più gravi,grazie all’intervento legislativo del 1996,ha acquisito una diversa rilevanza.
Il legislatore,ha infatti,inteso delineare un importante ed oggettivo discrimine tra lecito e illecito nel settore dell’erogazione del credito.
Prima dell’introduzione della nuova norma,modalità e termini relativi all’erogazione del credito ed il costo del denaro erano rimessi alla volontà delle parti:ovviamente la parte contrattualmente più forte era nella situazione di poter dettare termini e condizioni in maniera arbitraria,stante l’assenza di regole,sanzioni e conseguenti responsabilità.
Con tale libertà di mercato,in assenza di regole,era frequente,possibile e legale,che l’erogatore del credito addebitasse costi elevati al cliente e pertanto la L. 108/96 ha colmato una lacuna normativa.
La norma è volta a sanzionare la condotta di chi,a fronte di operazioni di erogazione del credito,applichi “commissioni,remunerazioni a qualsiasi titolo e spese,escluse quelle per le imposte e tasse,collegate all’erogazione del credito” superiori al limite determinato dall’art 2 della L. 108/96,il principale ambito di operatività della disciplina è costituito dai conti correnti,dai mutui e da altre operazioni di finanziamento e credito.
L’usura in conto corrente è determinata dai costi addebitati al correntista,connessi alle operazioni di erogazione del credito,ai sensi dell’art 1,comma 3,L 108/96
Per la determinazione del tasso d’interesse usurario si tiene conto,delle commissioni,remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese,escluse quelle per imposte e tasse,collegate all’erogazione del credito.
Il costo del denaro deve,dunque,essere contenuto entro il limite del Tasso soglia d’usura,determinato dal Legislatore.con il Teg rilevato trimestralmente dalla Banca D’italia,e pubblicato trimestralmente sulla Gazzetta Ufficiale,aumentato del 50%
Per la determinazione sono necessari,oltre al tasso d’interesse effettivamente applicato,dati tra i quali alcune informazioni inerenti a costi immediatamente rilevabili,ma deducibili tramite calcoli matematici come gli interessi generati dall’applicazione della valuta,gli interessi generati dall’anatocismo,gli interessi generati dall’addebito della Commissione di Massimo scoperto ed anche le spese.
In seguito alla riforma operata dalla L. 108/96,ed all’abbattimento dei tassi di interesse negli anni successivi,si creava una situazione per cui i mutui contratti prima del 1996 sarebbero diventati usurari.Inoltre,i tassi di interesse in essi previsti,in seguito alla riforma avrebbero superato il tasso soglia usura,e conseguentemente l’usurarietà del mutuo avrebbe consentito al mutuatario di invocare l’applicazione dell’art 1815,comma 2 C.C:
Se sono convenuti interessi usurari,la clausola è nulla e non sono dovuti interessi
Inoltre,tale circostanza avrebbe consentito al mutuatario di chiedere ed ottenere la restituzione di quanto versato in eccedenza.
Per evitare gravi ripercussioni nel sistema bancario e creditizio italiano,si ritenne opportuno varare il D.L. n.394/2000,successivamente convertito nella legge n. 24/2001,noto,ai più, come Decreto Salva Banche.
Tale norma è intervenuta ad arginare la situazione che si sarebbe potuta creare a seguito dell’applicazione della L. 108/96,mediante la previsione dell’art 1,comma 1 L. 24/2001,il quale dispone che:
Ai fini dell’applicazione dell’art 644 c.p. e dell’art 1815,secondo comma c.c. si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti,a qualunque titolo,indipendentemente dal loro pagamento.
Tuttavia,al fine di non pregiudicare i diritti dell’utenza creditizia mediante tale disposizione proprio in considerazione dell’inaspettata caduta dei tassi di interesse verificatesi in Europa e in Italia,il legislatore stabili un Tasso di sostituzione,fissato per l’8% per i mutui sulla prima casa fino a 150 milioni di lire,a favore di tutti coloro i quali avevano stipulato un mutuo a tasso fisso prima dell’aprile 1997.
Nel 2011 è stato emanato un Decreto attuativo detto Decreto Sviluppo:è stato constatato che finora le banche erano soggette ad un limite sui tassi di interesse che potevano applicare al mutuo;il cliente poteva,nel caso avesse riscontrato un possibile tasso d’usura,rescindere il contratto,anche se da tempo,gli istituti di credito non accettavano molto volentieri questo vincolo ritenendolo leonino.
Ora per effetto del decreto sviluppo questo limite è stato innalzato.In sintesi cambia il metodo per il calcolo del tasso di usura,prevedendo che la soglia venga definita del 25% il tasso medio rilevato con l’aggiunta di un ulteriore 4%,Inoltre,la norma fissa un differenziale massimo tra tasso soglia e tasso medio pari all’8%.
(lo staff)
L’usura bancaria è una fattispecie normativa introdotta dall’art.644 del codice penale italiano ed è stata riformulata legge n.108 del 7 marzo 1996,che ha apportato profonde innovazioni e modifiche in materia di usura nell’ordinamento giuridico.
La norma ha ridefinito il quadro complessivo descritto dalla fattispecie incriminatrice affiancando ai parametri puramente soggettivi,previsti dalla vecchia formulazione,nuovi parametri cosiddetti “oggettivi”.
L’intervento del legislatore,ha contribuito ad ampliare,in maniera notevole,l’ambito di applicazione del reato di usura,e conseguentemente l’area di tutela offerta dalla norma,che non è più relegata ad operare esclusivamente nei casi in cui sussista lo stato di bisogno del quale taluno abbia approfittato conseguendo vantaggi per se o per altri,ma opera anche ogni volta il limite posto dall’art.2 della stessa L. 108/96 venga superato.
Per tanto quella che era una norma destinata ad offrire tutela in casi estremi,nell’ambito dei quali l’usura costituiva,nella pratica,l’anello di una catena di fattispecie delittuoso spesso complesse e più gravi,grazie all’intervento legislativo del 1996,ha acquisito una diversa rilevanza.Il legislatore, ha infatti,inteso delineare un importante ed oggettivo discrimine tra lecito e illecito nel settore dell’erogazione del credito.
Prima dell’introduzione della nuova norma,modalità e termini relativi all’erogazione del credito ed il costo del denaro rimessi alla volontà delle parti:ovviamente la parte contrattualmente più forte era nella situazione di poter dettare termini e condizioni in maniera arbitraria,stante l’assenza di regola,sanzioni e conseguenti responsabilità.
la norma è volta a sanzionare la condotta di chi,a fronte di operazioni di erogazioni di credito,applichi “commissioni,remunerazioni a qualsiasi titolo e spese,escluse quelle per le imposte e tasse,collegate alla erogazione del credito”superiori al limite determinato dall’art 2 della L.108/96 (Tasso Soglia d’Usura),il principale ambito di operatività della disciplina è costituito dai conti correnti,dai mutui e da altre operazioni di finanziamento e credito.
L’usura in conto corrente è determinata dai costi addebitati al correntista,connessi alle operazioni di erogazione del credito,ai sensi dell’art.1,comma 3,L. 108/96.
Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto,delle commissioni,remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese,escluse quelle per le imposte e tasse ,collegata all’erogazione del credito..
Il costo del denaro deve,dunque,essere contenuto entro il limite del Tasso Soglia D’Usura,determinato dal Legislatore,con TEG rivelato trimestralmente dalla Banca d’Italia,e pubblicato trimestralmente sulla Gazzetta Ufficiale,aumentato del 50%.
Per la determinazioni sono necessari,oltre la tasso di interesse effettivamente applicato,dati tra i quali alcune informazioni inerenti a costi non immediatamente rilevabili,ma deducibili tramite calcoli matematici come gli interessi generati dal’applicazioni della valuta,gli interessi generati dall’anatocismo,gli interessi generati dall’addebito della Commissione di Massimo Scoperto ed anche le spese.
In seguito alla riforma operata dalla L. 108/96,ed all’abbattimento dei tassi di interesse negli anni successivi,si creava una situazione per cui i mutui contratti prima del 1996 sarebbero diventati usurari. Inoltre,i tassi di interesse in essi previsti,in seguito alla riforma avrebbero superato io tasso soglia usura,e conseguentemente l’usurarietà del mutuo avrebbe consentito al mutuatario di invocare l’applicazione dell’art 1815,comma 2 c.c.
Se sono convenuti interessi usurari,la clausola è nulla e non sono dovuti interessi,inoltre tale circostanza avrebbe consentito al mutuatario di chiedere ed ottenere la restituzione di quanto versato in eccedenza.
Per evitare gravi ripercussioni nel sistema bancario e creditizio italiano,si ritenne opportuno varare il D.L. N. 394/2000,successivamente convertito nella legge n. 24/2001,noto,ai più,come “Decreto Salva Banche” Tale norma è intervenuta ad arginare la situazione che si sarebbe potuta creare a seguito dell’applicazione della L. 108/96,mediante la previsione dell’art. 1 L. 24/2001,il quale dispone che:
Ai fini dell’applicazione dell’art 644 c.p. e dell’art 1815,secondo comma c.c. si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti,a qualunque titolo,indipendentemente del loro dal loro pagamento.
Tuttavia,al fine di non pregiudicare i diritti dell’utenza creditizia mediante tale disposizione proprio in considerazione dell’inaspettata caduta dei tassi di interesse verificatesi in Europa e in Italia,il legislatore stabili un Tasso di sostituzione,fissato per l’8% per i mutui sulla prima casa fino a 150 milioni delle vecchie lire,a favore di tutti coloro i quali avevano stipulato un mutuo a tasso fisso prima dell’aprile 1997.
Nel 2011 è stato emanato un Decreto attuativo detto “Decreto Sviluppo”: è stato constato che finora le banche erano soggette ad un limite sui tassi di interesse che potevano applicare al mutuo;il cliente poteva,nel caso avesse riscontrato un possibile tasso d’usura,rescindere il contratto,anche se da tempo,gli istituti di credito non accettavano molto volentieri questo vincolo ritenendolo leonino.
Ora per effetto del Decreto Sviluppo questo limite è stato innalzato,In sintesi cambio il metodo per il calcolo del tasso di usura,prevedendo che la soglia venga definita aumentando del 25% il tasso medio rivelato con l’aggiunta di ulteriore 4%. Inoltre,la norma fissa un differenziale massimo tra tasso soglia e tasso medio pari all ’8%.
(lo staff)