Continuiamo con il nostro articolo e su alcune informazioni sul diritto bancario.

Ci poniamo una domanda,ma non erano gli interessi moratori assolutamente estranei al fenomeno dell’usura?
In via preliminare è opportuno sgombrare il campo da un equivoco: il fatto che l’interesse moratorio non venga preso in considerazione nelle rivelazioni trimestrali che effettua la Banca d Italia nulla dice sulla sua inerenza alla pratica dell’usura,con la conseguenza che chi dovesse reputare tale inerenza esistente non dovrebbe di certo individuare quale unico rimedio esperibile quello offerto dall’ultima parte del comma 3 dell’art. 644. E’ chiaro infatti che i dati che concorrono al calcolo del tasso soglia non vengono stabiliti in autonomia dalla Banca d’Italia. La menzione fatta delle commissioni,delle remunerazioni a qualunque titolo e delle spese contenute nell’art. 644 c.p. come modificato dalla legge 7 marzo 1996,n. 108 va con evidenza ulteriormente specificato alla luce della ratio sottese alla medesima disciplina antiusura. Basti a tale proposito ricordare la vicenda della commissione di massimo scoperto,di fatto non presa in considerazione ai fini della determinazione del TEGM,ma che invece avrebbe dovuto a tal fine rilevare stante la sua somiglianza,pur se soltanto strutturale,perchè una è dovuta in ragione del tempo della messa a disposizione della somma di denaro,gli altri in ragione del tempo di utilizzo della medesima somma,agli interesse corrispettivi.

Ciò detto,resta da valutare la bontà della soluzione abbracciata dall’Arbitro bancario e finanziario in ordine al rapporto corrente tra interessi moratori e usura.

Anzitutto si mostrano condivisibili l’esclusione dell’inerenza dell’interesse moratorio al fenomeno dell’usura con la sottolineatura della relativa funzione risarcitoria. Senza ombra di dubbio,ove sia pattuito dalle parti,tale interesse assolve una funzione equiparabile a quella propria della clausola penale rispetto alla quale il rimedio in caso di eccessiva onerosità è la riduzione a equità da parte del giudice e non già la nullità. Altrettanto giustamente l’Arbitro bancario argomenta mettendo in evidenza lo stretto collegamento esistente tra erogazione credito e usura,per di più evidente dove si volga lo sguardo alle diverse forme assunte dall’usura nel corso dei secoli. Quando con tale termine si indicava la stessa pratica del prestito a interessi, di per se vietata dalle leggi sia civili sia religiose, nessun dubbio esisteva in ordine alla liceità dell’interesse moratorio quale strumento di risarcimento del danno.

Quando,poi,il prestito a interesse fu ammesso e si inizio a discutere sulla opportunità di stabilire un limite di interesse,superato il quale ci sarebbe stata usura,a essere sdoganato fu esattamente l’interesse corrispettivo.

E’ anche vero,tuttavia, che l’interesse moratorio potrebbe in concreto costruire uno strumento mediante il quale perpetrare il reato di usura. Se la ratio della disciplina è di evitare che chi presenta danaro ottenga un profitto ingiustificato,allora anche tale interesse diventerebbe su tale piano rivelante ove fosse a ciò indirizzato. E’ il caso,ad esempio,di chi concede un finanziamento sapendo tale difficoltà economiche del debitore e mira sull’interesse moratorio per ottenere un profitto ingiustificato.
Ancora,l’interesse moratorio non è in senso stretto collegato alla erogazione del credito,attesa la sua funzione risarcitoria,quando è in concreto predisposto a realizzare quest’ultima. Cosi non è qualora venga utilizzato per altre finalità,con il solo scopo di ottenere un profitti ingiustificato,nuovamente sfruttando le difficoltà economiche del debitore.

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Quale dunque il rapporto tra usura e interessi moratori?A prevalere nella scelta tra un senso o nell’altro deve essere la funzione in astratto riconducibile alla clausola pattizia oppure quella in concreto da essa realizzata?

La decisione dell’abf mette in luce sicuramente un dato: la necessità di distinguere con riferimento la portata della disciplina antiusura secondo che parte del rapporto di finanziamento sia o no un istituto di credito.

Ricominciamo dal quesito appena posto: a prelevare nella scelta in ordine alla individuazione del rapporto tra usura e interessi moratori è la funzione in astratto riconducibile alla clausola pattizia oppure quella in concreto da essa realizzata?
Pur volendo accogliere la soluzione dell’ABF,sembra di potere affermare che a condurre alla esclusione dell’interesse moratorio dalla valutazione della’usurarietà del prestito può soltanto essere la funzione in concreto assolta dalla clausola pattizia.

Dunque,in particolare nei rapporti di finanziamento tra banca e cliente è assai improbabile che l ‘interesse moratorio,per quanto eccessivo,diventi strumento mediante il quale perpetrare il reato di usura. La sua previsione,perciò,resta equiparabile sotto il profilo funzionale alla clausola penale,con la conseguenza che in caso di eccessiva onerosità della prestazione pecuniaria il rimedio applicabile,e anche il più equo vista l’estraneità della fattispecie alla’usura,è quello sancito dall’art. 1384 c.c. Ciò,laddove la considerazione del rapporto tra istituto di credito e cliente quale esclusivo banco di prova svolto dall’interesse moratorio trova riscontro nel fatto che soltanto a tali rapporti la disciplina antiusura da riguardo nello stabilire la modalità di determinazione del tasso soglia.

Depongono infine per l’esclusione anche le conseguenze che discenderebbero,in caso contrario,dalla applicazione della menzionata disciplina. Atteso che la base di calcolo del tasso soglia è il TEGM composto-come è noto- dal tasso nominale e dagli oneri connessi alla concessione del credito il riconoscimento della rilevanza dell’interesse moratorio nella valutazione della usurarietà comporterebbe inevitabilmente l’aggiunta di una voce di costo,con il conseguente innalzamento,quantomeno iniziale,del tasso soglia.
Insomma,innalzamento del tasso soglia e minor tutela del debitore soprattutto nei rapporti di finanziamento che non vedono quali controparti istituti di credito: queste le conseguenze presumibili nel lungo periodo qualora l’orientamento giurisprudenziale che già rilievo anche all’interesse moratorio ai fini della applicazione della disciplina antiusura venga seguito in punto di rivelazioni trimestrali del conto di credito.

In definitiva la materia degli interessi non agevola soluzioni univoche e richiede invece sempre l’uso del rasoio.

L distinzione,nella disciplina antiusura secondo che parte sia o no un istituto di credito costituisce u importante chiave di lettura. Una cosa è l’usura riferita alle banche,altra cosa il reato di usura. Esattamente questa distinzione,tuttavia,viene assai spesso trascurata dalla giurisprudenza.

Neppure l’ABF sembra tenerla nel giusto conto. Sebbene opposte sul piano delle soluzione accolte,le decisione della Cassazione e dell’ABF sono sotto tale profilo accomunabili e perciò parimenti criticabili:l una,attribuendo sempre rilevanza all’interesse moratorio;l’altra,negandola in linea di principio.

Capisco perfettamente che il diritto bancario non è facile,ma spero di essere stata abbastanza chiara e concisa.

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(lo staff)