Con sentenza del 07 maggio 2014, n. 18778, la Corte Penale di Cassazione ha affrontato il tema della c.d. usura in concreto.
Sul punto si ricorda la distinzione tra la c.d. usura presunta, per la cui integrazione è sufficiente la pattuizione di un tasso di interessi che ecceda il limite del tasso-soglia; e la c.d. usura in concreto, nel qual caso sono espressamente considerati usurari anche gli interessi, pur se inferiori al limite previsto dal tasso-soglia, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni, similari risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria (art. 644, comma 3, secondo periodo, c.p.).
In particolare, con la presente decisione la Cassazione ha affermando i seguenti principi diritto.
Ai fini dell’integrazione dell’elemento materiale della c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) occorre che il soggetto passivo versi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria e che gli interessi (pur inferiori al tasso-soglia usurario ex lege) ed i vantaggi e i compensi pattuiti, risultino, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione.
In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) la “condizione di difficoltà economica” della vittima consiste in una carenza, anche solo momentanea, di liquidità, a fronte di una condizione patrimoniale di base nel complesso sana; la “condizione di difficoltà finanziaria” investe, invece, più in generale l’insieme delle attività patrimoniali del soggetto passivo, ed è caratterizzata da una complessiva carenza di risorse e di beni.
In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) le “condizioni di difficoltà economica o finanziaria” della vittima (che integrano la materialità del reato) si distinguono dallo “stato di bisogno” (che integra la circostanza aggravante di cui all’art. 644, comma 5, n. 3 c.p.) perché le prime consistono in una situazione meno grave (tale da privare la vittima di una piena libertà contrattuale, ma in astratto reversibile) del secondo (al contrario, consistente in uno stato di necessità tendenzialmente irreversibile, non tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, ma che comunque, comportando un impellente assillo, compromette fortemente la libertà contrattuale del soggetto, inducendolo a ricorrere al credito a condizioni sfavorevoli).
In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) le “condizioni di difficoltà economica o finanziaria” della vittima (che integrano la materialità del reato) vanno valutate in senso oggettivo, ovvero valorizzando parametri desunti dal mercato, e non meramente soggettivo, ovvero sulla base delle valutazioni personali della vittima, opinabili e di difficile accertamento ex post.
In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) il dolo generico, oltre alla coscienza e volontà di concludere un contratto sinallagmatico con interessi, vantaggi o compensi usurari, include anche la consapevolezza della condizione di difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo e la sproporzione degli interessi, vantaggi o compensi pattuiti rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione.
(lo staff)
Come abbiamo annunciato la settimana scorsa,finiremo di approfondire l ‘argomento del mutuo e tutti i suoi aspetti. Questa mattina parleremo dell’estinzione anticipata,dei decreti e assicurazioni.
Anche se potrebbe apparire in un certo senso illogico, ed anche se la materia è discussa, la richiesta di estinzione anticipata del mutuo da parte del mutuatario è considerata inadempimento, poiché dalla cessazione del rapporto dipende un mancato titolo del mutuante a richiedere interessi per la residua parte di tempo di durata del mutuo originariamente prevista: per comprendere meglio questo meccanismo, potrebbe essere utile un esempio. Se, si ponga, in un mutuo originariamente previsto per una durata di 10 anni, il mutuatario richiede di saldare il suo debito dopo (diciamo) 7 anni, egli dovrà corrispondere al mutuante l’intero capitale residuo e gli interessi già venuti a maturazione; il contratto, però, stabiliva che il mutuante dovesse continuare a percepire interessi sul denaro prestato per altri tre anni.
Il mutuatario perciò (nell’ottica del contratto) non consente al mutuante di percepire gli interessi sul previsto impiego del capitale per gli anni restanti; in questo consisterebbe l’inadempimento, poiché egli si era obbligato a pagare il prestito ottenuto con un prezzo (interessi) stabilito in base alla durata del rapporto e per questo numericamente assommante ad un dato importo.
L’argomento, spinoso quanto pochi in materia, è in pratica interpretato come azione che danneggia il mutuante in termini di lucro cessante; è fonte di dibattuta dialettica l’obiezione che il mutuante, tipicamente una banca, nel momento in cui delibera la concessione del mutuo, a sua volta si garantisce la provvista di denaro necessaria per l’operazione calcolandola con riferimento alla durata prevista e dunque prevedendo costi ed accantonamenti (oltre che suoi propri ammortamenti) in funzione di tale operazione, come dimostrerebbe la dettagliata previsione di un piano di ammortamento.
A tale obiezione si ribatte che, soprattutto nel caso decisamente prevalente che la concessione di mutui sia oggetto proprio dell’attività d’impresa del mutuante, l’anticipata estinzione debba considerarsi a tutto titolo elemento del rischio di impresa, e dunque materia che non dovrebbe poter riguardare (e riverberarsi su) un mutuatario che intenda per etica (per certi aspetti socialmente considerati lodevoli) o per vantaggio risolvere al più presto una situazione debitoria; che di questo rischio d’impresa il mutuante sia ben al corrente sin dal principio, tanto da non potersi conferire all’estinzione anticipata carattere di eccezionalità, ma che anzi questa sia considerata uno dei possibili esiti del rapporto, sarebbe dimostrato dalla ordinaria presenza di apposite previsioni contrattuali sullo sconto.
A bilanciamento di tale imprevista variazione, in guisa di penale, il mutuatario è infatti tenuto a corrispondere al mutuante un importo detto “sconto”, già previsto nel contratto di mutuo ed in genere riferito ad una percentuale (in media dallo zero al 4%) sull’ammontare degli interessi previsti per il periodo compreso fra l’anticipata estinzione e l’originariamente prevista scadenza del mutuo. In genere i mutui a tasso variabile prevedono una commissione molto più bassa di quelli a tasso fisso. La causa di questa differenza è legata al tipo di provvista che deve fare la banca.
Il secondo decreto Bersani ha vietato l’applicazione di penali o oneri di alcun tipo per anticipata estinzione parziale o totale dei mutui. I clienti possono scegliere di vendere l’immobile ipotecato ed estinguere il mutuo, pagando il debito residuo.
Il mutuatario può decidere per l’estinzione parziale. Senza alcun onere o penale, può decidere di versare una somma, eccedente la normale rata annua, in conto capitale: questa parziale estinzione va a ridurre il debito residuo, e la banca è tenuta a ricalcolare la rata di conseguenza, in base allo stesso schema di pagamento (interesse al tasso capitale pattuito alla stipula del mutuo, durata, rata, tipologia di tasso). Quindi l’anticipata estinzione va a ridurre l’importo della rata, a parità di numero di rate da pagare.
Le clausole contrattuali che prevedano una penale o diversi oneri per l’anticipata estinzione, sono nulle per i mutui accesi dopo l’entrata in vigore del decreto, restano in vigore per i contratti stipulati in data antecedente.[1].
La legge finanziaria del 2008 (legge n. 244 del 24 dicembre 2007) ha stabilito che tale diritto permane anche in caso di accollo del mutuo. Il diritto all’estinzione anticipata sussiste anche se in precedenza il mutuo era in carico a soggetti che non avevano i requisiti richiesti: soggetto privato e finalità di acquisto di un’abitazione.
L’anticipata estinzione parziale non obbliga l’istituto di credito ad abbreviare la durata del mutuo. Il cliente potrebbe utilizzare le somme versate alla banca per ottenere una rata più bassa senza cambiare la durata, oppure, a parità di rata, abbreviare la durata del mutuo. Questa seconda opzione richiede di stipulare un nuovo mutuo e delle spese accessorie.
Il citato Decreto Bersani ha semplificato oneri e procedure per l’avvio di un mutuo con un istituto di credito che offre condizioni migliori al cliente.
La facoltà di surroga del mutuo su volontà del debitore era un diritto previsto all’art. 1202 del codice civile. Il Decreto Bersani ha introdotto una serie di procedure e norme volte a garantirne un’effettiva applicazione. Per evitare dubbi interpretativi, prevede che sia nulla ogni pattuizione che ostacoli in qualche modo l’esercizio di questo diritto legittimo.
Il Decreto fiscale del 6 luglio 2009, art. 2, comma 3 ha introdotto una penale per le banca che non perfeziona la surroga entro 30 giorni dalla richiesta. La banca è sanzionata nella misura dell’1% del valore del mutuo per ogni mese di ritardo. La banca originaria viene considerata sempre responsabile anche se quest’ultima ha la facoltà di rivalersi sulla banca cessionaria (nuova banca).
La Bersani-bis introduce una novità per l’esercizio della surrogazione: la portabilità dell’ipoteca. In precedenza, era necessario cancellare l’ipoteca e, estinto il vecchio mutuo, iscrivere una nuova ipoteca con l’istituto di credito subentrante.
In base alle nuove regole, anziché cancellare l’ipoteca, nei Registri Immobiliari il notaio effettua un cambio di attore, indicando il nome del nuovo creditore con una nota a margine della vecchia ipoteca.
Secondo la legge finanziaria del 2008, le spese di nuova istruttoria e perizia e ogni altro onere sono a carico della banca subentrante, fatto salvo l’onorario notarile.[2]
In base al citato decreto Bersani, la banca non può operare un’autosurroga, per stipulare un mutuo a nuove condizioni. La surroga è finalizzata alla portabilità dell’ipoteca, e vale soltanto fra istituti differenti.
Tuttavia, se il cliente chiede una surroga, la banca può proporre una rinegoziazione e cambiare le condizioni contrattuali in modo più favorevole al cliente, con il consenso scritto di entrambe le parti.
Se si modifica il contratto col proprio istituto di credito, non si tratta di surroga, ma di rinegoziazione. La rinegoziazione quindi non riguarda solo l’applicazione del Decreto Tremonti per l’allungamento della durata, ma la ridefinizione di un qualunque aspetto del piano di ammortamento: durata, rata, interesse, spread, tipo di tasso.
La surroga e il confronto di preventivi di altre banche è anche un’opportunità per ottenere una rinegoziazione e condizioni migliorative dal propri istituto di credito.
La surroga avviene tramite una semplice procedura interbancaria formalizzata dall’ABI. La nuova banca invia a quella di origine una richiesta di surroga, senza specificare la filiale dove il cliente ha il conto corrente e paga il mutuo. La banca dovrà indicare il debito residuo e una quietanza di pagamento a favore del cliente.
Di fatto, la surroga si conclude con mezzi esterni alla procedura ABI (telefono, e-mail, ecc.) perché la procedura non consente di indicare il CAB della filiale della nuova banca e della vecchia, e di scambiarsi tutte le informazioni necessarie. Perciò, la filiale deve essere contattata quanto meno per decidere data e persona incaricata per recarsi dal notaio, una prima stima del debito residuo, i tempi per il calcolo “ufficiale” e quelli per la stesura della minuta di mutuo da parte del nuovo istituto.
Non essendo obbligatoria per legge nessuna polizza sul bene ipotecato, nemmeno quella contro incendio e scoppio, la Bersani II nulla precisa in merito alla gestione delle coperture assicurative in caso di surroga. Spesso, la banca obbliga il cliente a stipulare l’assicurazione con una società del proprio gruppo, e pagare nuovamente, laddove la surroga dovrebbe essere completamente priva di costi per il cliente.
Secondo il codice delle assicurazioni, il cliente ha diritto a disdettare qualsiasi polizza poliennale con preavviso di 60 giorni, senza il quale il contratto è tacitamente rinnovato per l’anno corrente, e chiedere il rimborso, entro 60 giorni dalla disdetta e secondo le modalità da questi indicate, degli anni di premio pagati e non goduti. Tale periodo decorre come minimo dal quinto anno, non potendo per il codice civile la polizza essere vincolata al rimborso di più di 5 anni.
Per le assicurazioni sul bene ipotecato, come quella contro incendio e scoppio, la banca subentrante può accettare un cambio di vincolo della polizza a proprio favore. In questo modo, cambiando il beneficiario, chi richiede la surroga non deve pagare nuovamente tutte le coperture assicurative.
Se, invece, la banca subentrante o il cliente scelgono di stipulare nuove polizze con altre compagnie assicurative, il cliente deve inviare disdetta alla vecchia compagnia e chiedere il rimborso entro 60 giorni degli anni di premio non goduti mediante assegno postale o accredito in conto presso la vecchia banca, fornendo il numero identificativo della polizza, eventualmente copia per conoscenza all’ISVAP e alla banca cedente.
Uno dei primi provvedimenti del IV governo Berlusconi è stato un decreto del ministro Tremonti che, per i mutui a tasso variabile, su richiesta del mutuatario, ha obbligato il mutuante a prolungare la durata del prestito, mantenendo costante la rata.
Si tratta di una dilazione onerosa di pagamento, per la quale la banca concede una maggiore durata del prestito e guadagna una quota interessi e un montante maggiori. il provvedimento ha una particolare utilità nei casi in cui la rata abbia già raggiunto un livello insostenibile per il reddito del mutuatario, a rischio di insolvenza.
La differenza del debito finisce in un conto accessorio, che il cliente inizia a pagare solamente dopo aver estinto il mutuo, al quale la banca applicherà l’Eurirs a 10 anni e uno spread massimo dello 0.5. La legge non specifica se l’interesse debba applicarsi al solo debito residuo, cosa ovvia nella prassi bancaria. Ciò ha data luogo all’applicazione anche agli interessi passivi già versati, alla pratica nota come anatocismo.
La legge non indica nemmeno quante volte la banca debba concedere la rinegoziazione. Alcuni istituti concedono di prolungare la durata del mutuo per una sola volta per tutta la sua durata.
In questo modo, viene evitato uno dei rischi che ha portato alla crisi dei mutui subprime americani. Con il prolungamento della rata si evita che un rialzo dei tassi di interesse porti la rata dei mutui a tasso variabile a un livello non più sostenibile per le famiglie, all’insolvenza e conseguenti pignoramenti.
Se il mutuatario difficilmente ottiene una modifica delle condizioni contrattuali e prima del 2007 doveva corrispondere una penale per l’estinzione anticipata, il mutuante ha facoltà di rescindere unilateralmente il contratto in qualunque momento, se chi riceve il finanziamento viene meno ad una delle obbligazioni previste nella clausola risolutiva o in altre parti del contratto.
La Finanziaria del 2008, come detto, ha abolito le penali per estinzione anticipata del mutuo, su richiesta del mutuatario.
Possono avere luogo, tuttavia, penali nel momento in cui il mutuatario è inadempiente davanti a legittime nuove obbligazioni richieste dalla banca, come la risoluzione espressa del contratto o la richiesta di reintegro delle garanzie.
La clausola risolutiva espressa limita tale facoltà per specifiche obbligazioni, e non è applicabile per circostanze generiche.
La specificità non significa soggettività della circostanza, ovvero che l’inosservanza dell’obbligazione debba dipendere esclusivamente da un comportamento non corretto del mutuatario, ed abbia dunque la caratteristica di prevedibilità. Un motivo di risoluzione, ad esempio, può essere un mancato reintegro delle garanzie, per lui non prevedibile, per il mutuatario, in cui il mutuatario non soddisfa le richieste della banca.
La rescissione comporta la restituzione in tempi rapidi dell’intero debito, con gli interessi previsti ed un eventuale penale.
La cancellazione dell’ipoteca è un atto notarile, dai costi paragonabili a quelli dell’iscrizione.
In base al Decreto Bersani, quando è estinto il debito residuo con la banca, l’istituto è obbligato a darne comunicazione alla locale Agenzia del Territorio, che procede d’ufficio e gratuitamente alla cancellazione, senza oneri per il mutuatario.
In caso di ipoteca perenta, la comunicazione della banca, viene respinta dall’Agenzia del Territorio. Conseguentemente, il cliente deve necessariamente rivolgersi direttamente al notaio per la cancellazione.
La maggior parte dei mutui è concessa con vincolo di destinazione, ovvero deve essere espressamente specificato per quali scopi verrà utilizzato il denaro preso a prestito, cosa si acquisterà con esso.
I mutui per l’acquisto della prima o seconda casa costituiscono la maggior parte dei mutui concessi dalle banche. L’ammontare del capitale erogato non può superare un importo il cui rimborso annuale sia in genere il 30% del reddito del nucleo familiare (salario e altre entrate) del richiedente; in pratica, se la famiglia del mutuatario ha un reddito annuo di 100, non può prendere mutui che le costino più di 30 all’anno per i rimborsi (somma dei pagamenti nell’anno), e dunque l’importo del capitale massimo erogabile si calcola a partire dall’importo della rata di rimborso.
Inoltre, l’importo massimo erogabile è condizionato al valore del bene prestato in garanzia: da qualche anno, una certa deregulation del mercato consente di registrare offerte di mutui che arrivano a coprire il 100% del valore di perizia dell’immobile[3], determinato da un esperto di estimo incaricato dalla banca. La perizia eseguita a questi fini, pur se formalmente tesa a individuare “il più probabile valore venale in comune commercio” del bene, deve tener conto dell’aspetto prospettico della sua eventuale utilità, poiché in ragione della cospicua durata del mutuo e della possibile modificazione nel tempo degli equilibri fra i molti parametri da prendere in esame, essa deve ponderatamente restituire un valore di garanzia sostanziale in favore dell’ente erogante, tale che nell’ipotetica necessità di esitazione alla vendita forzata del bene, che potrebbe accadere in un imprecisato momento del rapporto, si disponga di un valore stabilmente tenutosi realistico. Ciò determina in genere una differenza fra l’importo di perizia ed il valore commerciale effettivo del bene, detraendosi da questo valori che rendano ragione dei rischi di deperimento tecnico-fisico e delle eventuali modificazioni del mercato di riferimento.
Il mutuante in genere appone dei correttivi di sicurezza ai valori di perizia, in modo da ulteriormente affinare il rapporto fra rischio (capitale erogato) e garanzia (beni ipotecati); questi dipendono da molti parametri e sono calcolati anche con algoritmi statistici.
La concessione del mutuo è in genere subordinata alla disponibilità di un reddito stabile ed attendibile, ad esempio un contratto di lavoro a tempo indeterminato (stipulato da almeno 4 anni) o di altri redditi stabili (per il lavoro autonomo, si fa luogo a ragionata analisi degli ultimi fatturati).
Stanti alcune condizioni personali soggettive tipiche della categoria, si registra invece una sempre maggior difficoltà di ottenimento di mutui da parte dei lavoratori pensionati; questa tendenza, che riguarda un numero crescente di istituti e rischia di elevarsi a regola, viene talvolta giustificata con freddi e sgradevolissimi argomenti – asseritamente desunti dalla statistica – sull’aspettativa di vita. Si sostiene – quando non smentito – che ovviamente sia più facile che un mutuatario pensionato possa morire in corso di contratto, originando problematiche successorie nelle quali la banca non troverebbe economicamente vantaggioso ingerirsi. Da altri si ribatte invece che tale tendenza manifesterebbe una previsione di abbattimento del potere d’acquisto dei pensionati, con effetti sulla puntualità o sul completamento dei rimborsi e possibili implicazioni legate a possibili condizioni di difficoltà degli anziani (ad esempio, per necessità sanitarie). In ogni caso, questo limite è visto dalla maggioranza degli osservatori come fortemente penalizzante e discriminatorio nei confronti dei pensionati.
Esistono mutui a rata fissa con interess cup, ovvero a tasso variabile entro un massimo interesse che è intorno al 4%. in altri Paesi d’Europa sono diffusi mutui misti, a tasso variabile i primi 5-10 anni, in cui è più attendibile una previsione sui tassi; rinegoziabili a tasso fisso prestabilito oppure a tasso variabile per il periodo successivo.
I tassi di riferimento a livello europeo nell’erogazione dei mutui sono l’Eurirs o Irs (Interest rate swap) per i mutui a tasso fisso e l’Euribor per quelli a tasso variabile, per il valore calcolato il giorno della firma del contratto.
L’allineamento dei tassi di riferimento alla media europea, la standardizzazione dei metodi di calcolo di rate e interessi, e delle clausole relative ai mutui bancari, da alcune organizzazioni di tutela dei consumatori e da alcuni movimenti politici sono stati ritenuti prova dell’esistenza di un supposto cartello bancario e di un’assenza di concorrenza nel settore, piuttosto che di un mercato efficiente con una totale simmetria informativa e condivisione delle informazioni rilevanti.
L’interesse applicato ai mutui per la casa è in genere superiore al rendimento di un investimento come quello in titoli di Stato; la comparazione è consentita dalla analoga caratteristica del rischio basso o nullo, essendo l’ipoteca su bene immobile e durevole (spesso lo stesso bene nel quale il mutuatario direttamente va ad abitare) una tutela del creditore congrua per quantità e valore.
I mutui a tasso variabile consistono nell’erogazione di un prestito ad un interesse prefissato che varia nel tempo e viene ricalcolato rispetto ad un indice di riferimento (esempio Euribor) più un certo guadagno percentuale (mark-up per l’istituto di credito, il tasso può variare di alcuni multipli e il contratti tipicamente non prevedono un interesse massimo applicabile.
(lo staff)
Spesso riceviamo svariate domande da parte dei nostri lettori,ne abbiamo scelta una che ci da la possibilità poi di aprire un discorso sui prestiti personali.
Una finanziaria, cui mi sono rivolto per un “prestito contro cessione di un quinto dello stipendio” che mi sarebbe concesso entro giugno, mi ha proposto un interesse del 14% annuo. A me sembra un tasso da usurai ma vorrei essere sicuro prima di protestare. Sul mio mutuo a tasso variabile per la casa, infatti, la mia banca nell’ultimo trimestre dell’anno scorso ha applicato “solo” il 6,5%, meno della metà. Come si calcola il tasso da usura?
Ogni trimestre la Banca d’Italia pubblica una tabella dettagliata con il tasso soglia di usura per ogni differente forma di finanziamento, dalle aperture di credito in conto corrente (il tasso di usura per questa categoria è del 18,35% fino a 5mila euro, e del 16,575% oltre i 5mila) agli scoperti senza affidamento (24,25% fino a 1500 euro e 22,7625% oltre i 1500). Nell’elenco completo, reperibile sul sito della Banca d’Italia (l’ultimo comunicato emesso ha la data del 24 marzo 2014 e riporta i tassi validi ai fini dell’usura fino alla fine di giugno) e presso tutte le associazioni dei consumatori, il lettore può verificare che nel suo caso, relativo ad un prestito contro cessione di un quinto dello stipendio, la richiesta della finanziaria è sotto il tasso di usura. Infatti, per prestiti di questo tipo, il tasso soglia da non superare è del 19,1% fino a 5mila euro e del 18,375% oltre i 5mila euro. Per fissare il tasso da usura, il procedimento seguito dalla Banca d’Italia è il seguente, ed e’ valido per tutte le categorie di prestiti: gli uffici dell’Istituto Centrale calcolano il Tegm (tasso effettivo globale medio) per ogni tipo di finanziamento rilevandolo dalle condizioni offerte dalle banche sul mercato; a questo dato medio aggiungono un quarto dello stesso tasso, ossia il 25%; infine, al tasso maggiorato del 25% aggiungono ancora altri 4 punti percentuali.
Il nostro lettore ci chiede come si fa a calcolare il tasso di usura su un prestito personale,e ci da lo spunto per spiegare che cosa è e come viene concesso un prestito.
Il prestito è la cessione di una somma di denaro con il vincolo della restituzione di capitali di pari valore o maggiori.
Il termine indica essenzialmente un finanziamento di denaro che un istituto o società di credito autorizzata (detta mediatore o dealer) (es. banca) o un privato cittadino concede ad un altro soggetto economico.
Gli elementi costitutivi di un prestito sono:
-capitale finanziato, -tasso annuo nominale d’interesse (TAN) -tasso annuo effettivo globale (TAEG) -durata del finanziamento
-l’importo, ed eventuali rate e condizioni.
L’assegnazione di un prestito avviene dopo una serie di controlli preliminari che il mediatore esegue in base alla situazione economica e professionale del soggetto richiedente, esami che gli permette di valutare la sicurezza evitando sconvenienti situazioni di insolvenza.
Tale finanziamento può essere richiesto ed erogato con diversi scopi: per acquistare beni di consumo (automobile, abitazione, arredamento, elettrodomestici, vestiti, ecc.), per ristrutturare la propria casa (edilizia), per saldare altri debiti o prettamente per possedere una disponibilità immediata di denaro contante (prestiti di liquidità).
La concessione di un prestito può essere subordinata alla presentazione da parte del richiedente di una garanzia reale o personale. Possiamo quindi fare un’ulteriore distinzione tra prestiti garantiti e non garantiti.
Prestiti finalizzati e non finalizzati
Il prestito inoltre può essere può essere finalizzato e non finalizzato. La caratteristica principale che distingue i due tipi di prestito-sovvenzione è basata sul metodo di erogazione e conseguentemente alla restituzione del denaro stesso: nel caso dei prestiti finalizzati, il cliente è obbligato all’acquisto di un bene di consumo specificando comunque la finalità del prestito e mettendo necessariamente a conoscenza l’istituto finanziatore; mentre nel caso di prestiti non finalizzati il cliente non ha alcun vincolo di destinazione ed è libero di disporre della somma richiesta in prestito con maggiore libertà d’azione.
Generalmente i prestiti finalizzati si distinguono dagli altri per una maggiore semplicità e rapidità della pratica, infatti talvolta possono essere erogati dallo stesso punto vendita del bene in questione grazie a convenzioni commerciali e finanziarie con le banche; mentre per i prestiti non finalizzati ci si rivolge esclusivamente a istituti di credito.
Credito al consumo
Tra i prestiti non finalizzati il più diffuso è il prestito personale, che rientra anche nella categoria del credito al consumo ed è un prestito senza garanzia.
In Italia la disciplina del credito al consumo prevede un importo compreso tra 154,94 euro e 30.987,41 euro. Generalmente, nel caso dei prestiti personali in senso stretto, l’importo è medio alto, mentre per le somme più contenute si preferisce utilizzare la forma del credito rotativo: carte di credito revolving o apertura di linee di credito rotative (stesso meccanismo delle carte revolving ma senza il supporto di plastica). La durata è compresa tra 12 e 120 mesi.
Ovviamente la scelta tra queste due forme di finanziamento sarà fatta dal cliente in stretta relazione alle proprie esigenze e disponibilità.
(lo staff)
Oltre al mutuo esiste anche il leasing,chiamato leasing finanziario che è una attività finanziaria tenuta dalle banche e da società finanziarie. Le società di leasing svolgono principalmente un attività creditizia mediante la stipulazione di contratti di locazione finanziaria,che svolgono implicitamente la funzione di soddisfare fabbisogni finanziari emergenti da decisioni di investimento. La disponibilità di un bene necessario può essere ottenuta mediante due modalità:l’acquisto diretto del bene con capitale proprio o con il debito attraverso un contratto di leasing. La società di leasing nella veste di locatore concede il bene al locatario per un tempo determinato e in contropartita di un canone periodico. Pertanto la funzione di finanziamento si esplica nel fatto che la spesa per l’acquisto è sostenuta dal locatore mentre il locatario è avvantaggiato dalla dilazione del pagamento. La conseguenza di questa formula è la proprietà del bene locato appartiene alla società di leasing fino all’eventuale riscatto da parte del cliente.
Le società di leasing finanziano investimenti produttivi,beni mobili,beni immobili,ed anche beni immateriali,quali marchi aziendali.
Altri tipo di leasing è il leasing operativo;esso viene effettuato direttamente dal/dai costruttore/i del bene/i,come ad esempio il leasing su autovetture di varie case automobilistiche.
Lo sviluppo nel tempo del leasing finanziario ed operativo è dovuto essenzialmente alle maggiori agevolazioni fiscali rispetto ad un acquisto diretto senza il ricorso ad alcun finanziamento.
Altro vantaggio di non poco conto è l’intestazione del bene in capo alla società locatrice,che fa si che il locatario resti pressochè anonimo al fisco. Anonimato che viene meno solo in caso di verifica fiscale o di controllo diretto.
Fiscalmente la durata minima contrattuale del leasing non può essere inferiore ai 2/3 anni della vita utile del bene,utilizzando come termine di riferimento le tabelle ministeriali di ammortamento in uso per le varie attività economiche. Per tanto a fronte di uno scarico fiscale più ravvicinato,rispetto alla normale obsolescenza del bene,il locatario ottiene un maggior onere,deducibile dal reddito complessivo,venendo in tal modo a generarsi un risparmio di imposta.
Fanno eccezione alla regola dei 2/3 anni le autovetture la cui durata contrattuale è di minimo 48 mesi,e gli immobili la cui durata contrattuale non può essere inferiore ai 18 anni.
La differenza che maggiormente distingue un leasing da un mutuo,o da un altra operazione finanziaria,va ricercata nella convenienza che ha il locatario a non dover anticipare varie imposte,ma bensì riuscire a dilazionare sulle singole rate di leasing.
Un esempio: Si supponga di dover acquistare un bene o un immobile dall’esborso molto alto;con un finanziamento,ipotecario o chirografario,si assolvano le imposte direttamente all’acquisto con iva o registro e per l’acquirente si genera quindi un uscita finanziaria piena che crea un eventuale credito d’imposta da utilizzare poi,in compensazione.
Con l’opzione del leasing,che finanzia il costo bene,oltre alle imposte è la società di leasing che viene a trovarsi in una situazione di credito d’imposta,mentre l’utilizzatore beneficia della dilazione delle tasse:Iva o Imposta di registro,sulle varie rate e sul riscatto finale,andando cosi a spostare nel tempo un uscita finanziaria che altrimenti sarebbe immediata.
Le società di leasing offrono anche altri tipi di vantaggi che un promittente acquirente di un bene dovrebbe conoscere,basti pensare che le società offrono anche la possibilità di contrarre leasing esteri. Ovvero è possibile acquistare in leasing un determinato bene utilizzando la formula finanziaria con la giurisprudenza più favorevole all’utilizzatore. Anche qui un esempio:
Se intendo acquistare una barca importante è preferibile che la stessa batta bandiera estera e non italiana.Ciò perchè le norme del registro dlle unità da diporto in Italia impongono come equipaggio minimo un comandante e due marinai,a differenza di quanto avviene all’estero.Senz’altro la flessibilità del piano di ammortamento è un vantaggio che solo la formula della locazione finanziaria può proporre all’utilizzatore finale. Si possono avere rate mensili tarate sulle esigenze dello stesso, andando a modificare il maxi canone dell’anticipo e dell’importo del riscatto finale, si possono avere rate crescenti oppure decrescenti, piani finanziari a rate anticipate od a rate posticipate, insomma viene costruito un vero abito attorno alle esigenze dell cliente. I principi contabili internazionali prevedono che il leasing finanziario sia sempre contabilizzato con il metodo finanziario.
(lo staff)
Perchè non si parla più dei prestiti delle banche?uno potrebbe dire perchè gli istituti di credito non ne concedono più o perchè la crisi economica è tale che non ne vengono richiesti.Anche se fosse cosi,nessuna delle due ragioni basterebbe a giustificare l’assenza di questo tema nei dibattiti politici e nell’agenda del governo Renzi. Per fortuna ci ha pensato il Centro studi Unimpresa a ricordare la gravità della situazione.
Una questione che rasenta lo strozzinaggio. L’abbassamento del costo del denaro deciso dalla Banca Centrale Europea non ha inciso per nulla sulla benevolenza delle banche.
E i tassi di interesse praticati a famiglie e a imprese possono sfiorare il 25%.
Ecco la situazione per le imprese:
-Gli anticipi e gli sconti commerciali vengono concessi con tassi medi all’8,9%,ALL’8,06% E AL 5,49%; la soglia d’usura è rispettivamente fissata al 15,13%,14,08%,10,08%.
Ecco la situazione per le famigle:
-Per i finanziamenti concessi dietro la cessione del quinto dello stipendio e della pensione,i tassi di interessi medi sono al 12,08% per i prestiti fino a 5mila euro e all’11,50% per quelli oltre 5mila euro;mentre la soglia di usura è fissata rispettivamente al 19,10% e al 18,38%. -Il credito al consumo è erogato al tasso medio del 12,05% per prestiti fino a 5mile euro mentre oltre 5mila euro il tasso medio è al 9,78%;la soglia d’usura è rispettivamente al 19,06% e al 16,23%. -Con le carte di credito revolving il tasso medio è al 16,97% per prestiti fino a 5mila euro mentre oltre 5mila euro il tasso medio è la 12,31%,la soglia di usura è rispettivamente al 24,97% e al 19,39%.
-I mutui ipotecari a tasso fisso vengono erogati con interessi medi pari al 5,17% mentre per quelli a tasso variabile gli interessi medi sono al 3,73%,la soglia di usura per i finanziamenti immobiliari è rispettivamente al 10,46% e all’8,66%.
Insomma,già di prestiti e concessioni se ne vedono pochi,se poi vengono elargiti con interessi insostenibili,ecco che il gioco non vale la candela.E la possibilità che le imprese e le famiglie possono provare a ripartire svaniscono.Ma non si capisce come mai l’esecutivo non consideri questo tema una priorità,e poi ci sono storie come quella che stiamo per raccontarvi dove perfino un pensionato di 84 anni ha denunciato una società finanziaria..
E’ stato superato il tasso soglia di usura e cosi un pensionato di 84 anni ha denunciato una finanziaria.Il contratto di finanziamento è stato stipulato a maggio 2008 con un tasso di interesse del 27,12% mentre all’epoca il tasso soglia di interesse pubblicato dalla Banca d’Italia,per il tipo di finanziamento,non superava il 18%.Per cui il Taeg del 27,12% applicato dalla società finanziaria può definirsi usuraio e penalmente rilevante.
La legge 108-96 stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurai,applicato,in questo caso,su un prestito richiesto dall’anziano per aiutare la figlia.
Il superamento del tasso di usura è stato rilevato,nel momento in cui il cittadino si è rivolto ad una associazione per chiedere informazioni e assistenza in quanto,pur avendo pagato il dovuto,continuava l’addebito mensile,sulla sua pensione sociale,della rata del prestito.
Pochi mesi fa,quando ancora non era stata sporta denuncia,evidenziando l’enormità del tasso di interesse su un prestito di 5 mila euro diventato poi di 13500.Il pensionato si era rivolto a un amico che in poco tempo gli presentò un promotore finanziario,che gli fece sottoscrivere il contratto senza alcuna informazione,non lasciando più tracce.
L’anziano pensò di aver sottoscritto un contratto per la durata massima di 6 anni,ma in seguito ha scoperto di dover pagare le rate fino al 2018 con interessi usurai,e si è rivolto ad una associazione che lo sta aiutando in questo percorso.
Anche la Fondazione antisura ha spesso puntato il dito accusatore su un sistema del credito che continua a prendere senza concedere nulla,che si dimostra sempre più spietato ed avaro.
E aumenta il numero di coloro che le banche respingono,che mandano indietro anche per prestiti minimi,cosi come tirano subito il freno di fronte a minimi ritardi nei pagamenti.
(lo staff)
Continuiamo con l ultima parte dell nostro articolo suoi mutui,oggi esploreremo quattro parti fondamentali che fanno parte del contratto di mutuo.
L’ESTINZIONE ANTICIPATA:
Anche se potrebbe apparire in un certo senso illogico,ed anche se la materia è discussa,la richiesta di estinzione anticipata del mutuo da parte del cliente è considerata inadempimento,poichè dalla cessazione del rapporto dipende un mancato titolo del mutuante a richiedere interessi per la residua parte di tempo di durata del mutuo originariamente prevista: per comprendere meglio questo meccanismo,potrebbe essere utile un esempio. Se,si ponga,in un mutuo previsto per una durata di 10 anni,il mutuatario richiede di saldare il suo debito dopo,diciamo, 7 anni,egli dovrà corrispondere al mutuante l’intero capitale residuo e gli interessi già venuti a maturazione;il contratto però stabiliva che il mutuante dovesse continuare a percepire interessi sul denaro prestato per altri 3 anni.
Il mutuatario perciò non consente al mutuante di percepire gli interessi sul previsto impiego del capitale per gli anni restanti;in questo consisterebbe l’indampimento,poichè egli si era obbligato a pagare il prestito ottenuto con un prezzo stabilito in base alla durata del rapporto e per questo numericamente assommante ad un dato importo.
L’argomento,spinoso quanto pochi in materia,è in pratica interpretato come azione che danneggia il mutuante in termini di lucro;è fonte di dibattuta dialettica l’obbezione che il mutuante,tipicamente una banca,nel momento in cui delibera la concessone del mutuo,a sua volta si garantisce la provvista di denaro necessaria per l’operazione calcolandola con riferimento alla durata prevista e dunque prevedendo costi ed accantonamenti in funzione di tale operazione,come dimostrerebbe la dettagliata previsione di un piano di ammortamento.
A tale obiezione si ribatte che,soprattutto nel caso decisamente prevalente che la concessione di mutui sia oggetto proprio dell’attività d’impresa del mutuante,l’anticipazione estinzione debba considerarsi a tutto titolo elemento del rischio impresa,e dunque materia che non dovrebbe poter riguardare un mutuatario che intenda per etica o per vantaggio risolvere al più presto una situazione debitoria;che di questo rischio d’impresa il mutuante sia ben al corrente sin dal principio,tanto da non potersi conferire all’estinzione anticipata carattere di eccezionalità,ma che anzi questa sia considerata uno dei possibili esiti del rapporto,sarebbe dimostrato dalla ordinaria presenza di apposite previsioni contrattuali sullo sconto.
RISOLUZIONE DEL CONTRATTO:
Se il cliente difficilmente ottiene una modifica delle condizione contrattuali e prima del 2007 doveva corrispondere una penale per l’estinzione anticipata,il mutuante ha facoltà di rescindere il contratto in qualunque momento,se chi riceve il finanziamento viene meno ad una delle obbligazione previste nella clausola risolutiva o in altre parti del contratto.
La finanziaria del 2008 ha abolito le penali per estinzione anticipata del mutuo,possono avere luogo tuttavia,penali nel momento in cui il mutuatario è inadempimento davanti a legittime nuove obbligazioni richieste dalla banca,come la risoluzione espressa dal contratto o la richiesta di reintegro delle garanzie.
La clausola risolutiva espressa limita tale facoltà per specificare obbligazioni,e non è applicabile per circostanze generiche.
La specificità non significa soggettività della circostanza,ovvero l’inosservanza dell’obbligazione debbe dipendere esclusivamente da un comportamento non corretto del mutuatario,ed abbia dunque le caratteristiche di prevedibilità.Un motivo di risoluzione,ad esempio,può essere un mancato reintegro delle garanzie,,per lui non prevedibile,per il mutuatario,in cui il mutuatario non soddisfa le richieste della banca
La rescissione comporta la restituzione in tempi rapidi dell’intero debito,con gli interessi previsti ed un eventuale penale.
MUTUI PER LA CASA:
La maggior parte dei mutui è concessa con vincolo di destinazione,ovvero deve essere espressamente specificato per quali scopi verrà utilizzato il denaro preso in prestito.cosa si acquisterà con esso.
I mutui per l’acquisto della prima casa costituiscono la maggior parte dei mutui concessi dalle banche.L’ammontare del capitale erogato non può superare un importo il cui rimborso annuale sia in genere il 30% del reddito del nucleo familiare del richiedente;in pratica,se la famiglia del mutuatario ha un reddito annuo di 100,non può prendere mutui che costino più di 30 all anno per i rimborsi,e dunque l’importo del capitale massimo erogabile si calcola a partire dall’importo della rata del rimborso.
Inoltre,l’importo massimo erogabile è condizionato al valore del bene prestato on garanzia:da qualche anno,una certa deregulation del mercato consente di registrare offerte di mutui che arrivano a coprire il 100% del valore di perizia dell’immobile.La perizia eseguita a questi fini,deve tener conto dell’aspetto prospettico della sua eventuale utilità,poichè in ragione della cospicua durata del mutuo e della possibile modificazione nel tempo degli equilibri fra molti parametri da prendere in esame,essa deve restituire un valore di garanzia sostanziale in favore dell’ente erogante,tale che nell’ipotetica necessità di estinzione alla vendita forzata del bene,che potrebbe accadere in un imprecisato momento del rapporto,si disponga di un valore stabilmente tenutosi realistico.Ciò determina in genere una differenza fra l’importo di perizia ed il valore commerciale effettivo del bene,detraendosi da questo valori che rendono ragione dei rischi di deperimento tecnico-fisico e delle eventuali modificazioni del mercato di riferimento.
La concessione del mutuo è in genere subordinata alla disponibilità di un reddito stabile ed attendibile,ad esempio,un contratto di lavoro a tempo indeterminato o di altri redditi stabili.
Sperando di esservi stati d’aiuto con questa guida sui mutui.
(lo staff)
Non ci bastavano le banche normali che praticano usura e anatocismo e ci riducono sul lastrico,da aggiungere a questo scempio ,ora,c è anche la banca della ‘ndrangheta. A scorrere le notizie di queste ore,questa è quella che ha colpito maggiormente l’immaginazione del pubblico.
Un “tugurio” sono definiti i locali nell’ordinanza di custodia cautelare,ma da li sono usciti milioni di euro diretti all’estero investiti in ogni modo.
La banca clandestina gestiva centinaia di milioni di euro,l’organizzazione era capillare,e riusciva a movimentare milioni di euro,in una crisi come quella che sta attraversando il nostro paese e il resto del mondo,le organizzazioni criminali mettono il loro potenziale militare e i loro capitali a disposizione di una classe imprenditoriale con il pelo sullo stomaco. Al vertice della cosca c era Pensabene,il Brianza sviluppa contatti con il locale di Desio,fino a diventarne il leader,fino ad una operazione che ha decimato le cosche in Lombardia e in Brianza. Nel 2010 viene solo toccato dall ‘ inchiesta,con il sequestro di beni,ma evita il carcere.
Pensabene esercitava violenza per intimidire,anche se il gruppo era dedito alle operazioni finanziarie,è cosi che prospera la banca clandestina di Saveso,localizzata in un locale cosi misero da essere soprannominato “il tugurio”.
La Banca della ‘ndrangheta in brianza,per essere più chiari,effettuava tre tipi di operazioni. Tutte quante rivolte agli imprenditori della brianza.
1)Usura in senso classico,con tassi fino al 20% che hanno mandato sul lastrico diversi imprenditori,costretti poi a cedere le proprie attività,e da qui non ci distacchiamo molto dalla banche “normali”.
2)Erogazioni di credito a imprese amiche completamente controllate dal clan.
3)Ma il vero business era la “compravendita di denaro”. Pensabene e soci aiutavano infatti le imprese del tessuto lombardo a creare fondi neri attraverso l’erogazione del denaro,gli imprenditori li ripagavano con assegni e trasferimenti con un 5% di provvigione. Una somma comunque inferiore a quella che avrebbero dovuto pagare in tasse allo stato se avessero dichiarato i patrimoni alle autorità fiscali.
E questo è veramente sconvolgente.
Contro gli imprenditori impossibilitati a pagare i prestiti usurari nel tempo stabilito veniva esercitata una violenza selvaggia,tanto che nessuno di loro ha mai denunciato le angherie subite,ma Pensabene e soci guardavano soprattutto alla finanza. E’ qui che entra in gioco il broker del gruppo,l’uomo controllava una serie di società svizzere con capitale britannico,si era messo a disposizione per scudare i capitali illeciti. Questo sistema criminale finanziario sarebbe impossibile senza l’appoggio di ambienti che non appertengono all’organizzazione,in particolar modo imprenditori e funzionari pubblici.
Oltre agli imprenditori,infatti,tra gli arrestatici sono il direttore e il vicedirettore dell’ufficio postale di Paderno Dugnano,Pensabene preferiva utilizzare le poste,dove mandava i sui scagnozzi a ritirare anche 100-200 mila euro al giorno,e dove i dirigenti conniventi non segnalavano niente all’antiriciclaggio,e bisogna intervenire a livello legislativo,perchè le Poste sono ormai una vera e propria finanziaria.
Il problema che nessuno degli imprenditori o commercianti vittima di usura ha mai presentato denunzia all’autorità giudiziaria,l’omertà degli imprenditori,si spiega chiaramente se si tiene conto della strategia intimidatoria tipicamente mafiosa,a volte esplicita e sfociata in concrete condotte estorsive,a volte più sottile ed implicita,esercitata dall’associazione mafiosa nei loro riguardi,strategia che ha determinato chiaramente un diffuso clima di soggezione e di omertà per i debitori usurati ed intimiditi.
(lo staff)
L’usura è quindi la pratica consistente nel fornire prestiti a tassi di interesse considerati illegali.
Il reato di usura era e disciplinato dall’ art. 644 c.p.,che sanciva la condanna di chi,approfittando dello stato di bisogno di una persona,si faceva dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo della prestazione di denaro o di altro cosa mobile.
Tale disposizione lasciava tuttavia ampia discrezionalità al giudice in merito all’individuazione dello stato di bisogno,inoltre spesso uno stesso tasso veniva a volte considerato usurario ed altre lecito. Inoltre sorgevano difficoltà ad applicare la norma alla cd usura reale,riguardante la prestazione di servizi o attività professionali.
Al quarto comma,l’art. 644 c.p. stabilisce che “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese,escluse quelle per imposte e tasse,collegate all’erogazione del credito.
Col il D.L. DELL’8 giugno 1992 convertito in legge n. 356 del 7 agosto 1992,fu introdotto all’ interno del Codice Penale l’art. 644 bis che prevedeva la cd usura impropria e puniva chiunque,fuori dai casi previsti dall’art 644,approfittando delle condizioni di difficoltà economica o finanziaria di persona che svolge attività imprenditoriale o professionale,si fa dare o promettere,sotto qualsiasi forma,in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile,interessi o latri vantaggi usurari.
La legge n.108 del 7 marzo 1996 da una parte modificava sia l’art 644 c.p.,sia l’art 1815 c.c.stabilendo che il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari sono definiti dall’art 2,c 4 “nel tasso medio risultante dall’ ultima rivelazione pubblicata nella G.U. ai sensi del c. 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui credito è compreso aumentato della metà“, dall’altra all art. 1 riprendeva la disposizione dell art 644 c.p. secondo cui “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni,remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese,escluse quelle per le imposte e tasse,collegate alla erogazione del credito”
USURA OGGETTIVA E USURA SOGGETTIVA:
Si parla di usura oggettiva,quando il tasso effettivo globale annuo supera il tasso soglia usura.
Dunque per la verifica del superamento del tasso soglia usura è necessario innanzitutto calcolare il tasso annuo effettivo globale del finanziamento.
Il TSU (tasso soglia usura) va calcolato tenendo conto del livello del tasso effettivo globale medio che risulta dalla rivelazione effettuata ogni 3 mesi dalla Banca d Italia per conto del Ministre dell’Economia e delle Finanze. Le tabelle del TEGM sono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale,sui sito della Banca D’Italia e del Ministero.
Il TEGM,comprensivo di commissioni,di remunerazioni a qualsiasi titolo spese,escluse quelle per imposte e tasse,si riferisce agli interessi annuali praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari per operazioni della stessa natura.
Individuato il TEGM di periodo bisogna incrementarlo del 50% per ottenere il TSU.
Dal 14 maggio 2011 è stato modificato il metodo di calcolo del tasso soglia,riducendo dal 50% al 25% l’incremento e aggiungendo un margine fisso di 4 punti percentuali;nel contempo viene anche fissato in 8 punti il divario massimo fra TEGM e la soglia.
Nel caso si sia verificato il superamento del tasso soglia da parte di TAEG/TEG , con conseguente usura oggettiva,debbono essere restituiti al debitore gli interessi pagati e non sono dovuti quelli previsti fino alla scadenza del finanziamento.
Il reato di usura si concretizza non solo quando il tasso degli interessi supera il tasso soglia,ma,secondo il disposto normativo sopra enunciato,anche quando ricorrano due condizioni. A) Sproporzione: vengono imposti nei contratti interessi complessivamente sproporzionati rispetto al capitale versato ed al tasso medio praticato per le operazioni dello stesso tipo. B) Stato di difficoltà. che non corrisponde allo stato bisogno ma riguarda sia la difficoltà economica,che consiste in una valutazione complessiva della situazione patrimoniale del soggetto,sia la difficoltà finanziaria,che indicherebbe la temporanea condizione di carenza di liquidità.
Si segnala che è molto poco frequente che ci si trovi nelle condizioni previste per l usura soggettiva e soprattutto molto complesso dimostrarne i suddetti.
USURA OGGETTIVA NEI C/C E NEGLI AFFIDAMENTI BANCARI
L’usura oggettiva sugli affidamenti bancari è rilevabile con cadenza trimestrale da rendiconti inviati al cliente.
La prassi bancaria,generalmente fino al 2009,ha fatto ampio uso delle commissioni di massimo scoperto spesso con valori trimestrali superiori agli interessi passivi applicati. Ai fini del calcolo del TAEG/TEG la Banca D ‘Italia,fino al 2009,attraverso le sue circolari ha sempre consigliato alle banche l esclusione della stessa CSM,in contrasto con quanto previsto dalla legge 108/96.
Intervenendo la Cassazione nel 2010 e nel 2011 con tre importanti sentenze,ha definitamente chiarito la questione. Includendo dunque la CSM nel suddetto calcolo,nei singoli trimestri in cui è stata applicata,è molto frequente rilevata il superamento del tasso soglia anche in maniera molto sensibile.
In sintesi queste le motivazioni che rendono usurari gli affidamenti:
-La CSM è stata inserita nel calcolo del tasso ai fini usurari. Questo perchè la commissione di massimo scoperto rientra nel calcolo ai fini della verifica del superamento del tasso soglia usura,cosi come confermato dalla sentenza della Cassazione Penale, sez II n. 28743/2010, che hanno confermato l’inclusione della CSM tra gli oneri da includere nella determinazione del tasso effettivo globale medio ai sensi dell’usura.
-In merito ai periodi usurari e la relativa metodologia l’applicazione della formula è quella della legge 108/96 ossia la formula dell’interesse semplice. Le formule di calcolo suggerite dalla Banca d Italia sono da escludere in quanto la Cassazione con sentenza n. 46669/11 afferma che le circolari e le istruzioni della Banca d’Itali non rappresentano una fonte di diritti ed obblighi nella ipotesi in cui gli istituti bancari si conformino ad una erronea interpretazione fornita dalla Banca D’Italia non può essere esclusa la sussistenza del reato sotto il profilo dell’elemento oggettivo.
Si evidenzia infine che le CSM sono nulle e quindi vanno restituite,a prescindere dall’esistenza di eventuale usura,in quanto calcolate sulle punta massima dello scoperto.
Prassi bancaria in contrasto con quanto previsto dalla Cassazione con sentenza n. 870 del 18 gennaio 2006 oltre varie sentenze che successivamente si sono susseguite.
(lo staff)
La Corte d’appello dà ragione al ricorso di un pensionato cuneese che aveva ceduto il quinto della pensione ma si era visto erogare solo una piccola parte del denaro richiesto.
E’ una sentenza importante che può far tirare un pò di fiato a chi si trova ogni mese strozzato dalle rate dei prestiti accesi con la cessione del quinto dello stipendio o della pensione:in molti casi,antecedenti al 2009,le finanziarie hanno infatti applicato tassi,che secondo i giudici torinesi sono da considerare da usura,in quanto non erano calcolati anche i costi delle polizze assicurative.
La battaglia di un pensionato piemontese che aveva fatto causa a Prestitalia S.p.A. lamentando proprio l’eccessivo tasso applicato,può dunque ora avere ripercussioni su migliaia di prestiti accesi negli passati: i Giudici della corte d’appello hanno infatti condannato la finanziaria a restituirgli quanto corrisposto per interessi,spese e commissioni,depurando le rate successive di questi costi.
Cerchiamo di raccontare la storia: Il pensionato ottantenne,originario del Cuneese,aveva un precedente debito e per estinguerlo,come del resto in molti facciamo,aveva deciso di rivolgersi e di stipulare un nuovo finanziamento con la cessione del quinto della sua pensione. Ma invece di ricevere i 10 mila euro promessi,alla fine del 2008,aveva ricevuto un bonifico di soli 1.850 euro,dietro l’obbligo di corrispondere una rate mensile di 167 euro per 10 anni con un tasso annuo effettivo globale pari al 22.03%. Dopo essersi rivolto al movimento Consumatori,aveva cosi scoperto che non gli era stato detto che ben 5112 euro del suo finanziamento sarebbero stati destinati al premio per l assicurazione sulla vita.
Valutando poi i tassi,i legali del movimento avevano notato che erano eccessivi. Cosi il nostro pensionato ha fatto partire la causa.
I Giudici non hanno accolto la tesi difensiva della finanziaria che aveva sostenuto che tali costi non potessero essere considerati per la valutazione del rispetto delle soglie di usura in quanto fino al 2010 non erano compresi nella rivelazione del tasso medio rivelato dalla banca d’italia.
Le difese delle controparti si fondevano sul presupposto che nella rivelazione del tasso soglia si dovrebbe prendere in considerazione il TEG o il TAEG netto dal quale sono esclusi alcuni oneri quali quello inerente ai costi di assicurazione di credito.
Secondo il mio punto di vista si tratta di una sentenza fondamentale in materia di usura bancaria e di un successo storico,a tutela di tutti coloro che hanno acceso questa tipologia di prestiti personali che di solito vengono sottoscritti dalle fasce più deboli e con debiti della popolazione,si stima che in almeno un terzo dei contratti conclusi prima del 2009 sia stata superata la soglia di usura.
Secondo quanto disposto dai giudici per tutti questi contratti,qualora vengano impugnati,le finanziarie debbano restituire al proprio cliente tutti i costi,e il prestito deve diventare gratuito,senza cioè più alcun tasso applicato,riducendo cosi la rata originariamente pattuita.
(lo staff)
Ogni tanto facciamo un passo indietro,e anche questa mattina vogliamo rifare un percorso e fornire alcuni chiarimenti sul ruolo nell’applicazione delle Legge anti-usura.
Normalmente è Banca Italia che fornisce chiarimenti in merito, e l’ultimo è stato di luglio dove è intervenuta nel ricordare a tutti i cardini delle norme anti usura,le proprie competenze,i documenti e i materiali di riferimento.
La legge n. 108*1996 ha introdotto un limite ai tassi effettivi sulle operazioni di finanziamento,il cui superamento determina un caso di usura.
I tassi soglia non sono fissati dalla Banca d’italia ma determinati da un automatismo stabilito dalla legge,a partire dai tassi medi di mercato rilevati ogni tre mesi dalla Banca d’ italia e pubblicati dal Ministero dell’Economia e Finanze.
Ma poniamoci una domanda: Quale è il ruolo di Banca Italia nell’applicazione di tale norma?
Sappiamo che la verifica dell’usurarietà dei tassi applicati a singoli contratti e le conseguenti valutazioni,sotto l’aspetto civile e penale,sono rimesse all’Autorità giudiziaria.
Invece la Banca d’italia provvede a:
1) emanare le istruzioni per la rivelazione dei tassi effettivi (TAEG) medi,che tengono conto delle caratteristiche tecniche delle diverse operazioni di finanziamento. 2) effettuare la rivelazione trimestrale,verificando,in tale sede,che gli intermediari rispettino il limite delle soglie di usura;poichè la rivelazione raccoglie dati aggregati per intermediario,categoria e classe di importo,le verifiche trimestrali,riguardano dati medi,non riferiti alle singole operazioni. 3) verificare la funzionalità delle procedure di calcolo del TEG e di segnalazione trimestrale,sulla base delle regole previste nelle istruzioni. Eventuali disfunzioni procedurali sono comunicate agli organi aziendali,cui vengono richiesti i necessari interventi correttivi,mentre gravi carenze organizzative e procedurali sono sanzionate sulla base delle norme del Testi Unico Bancario. 4) controllare,nel corso della verifiche di trasparenza,che le tabelle con i tassi soglia siano correttamente esposte e pienamente accessibili alla clientela. 5) esaminare gli esposti,secondo le linee guida indicate sul sito internet,fermo restando che non può pronunciarsi nel merito delle controversie,anche quando riguardino i tassi applicati.
6) provvedere a segnalare all’Autorità Giudiziaria gli aspetti di possibile rilevanza penale riscontrati nel’esercizio dell’attività di vigilanza.
I TEG medi rilevati dalla Banca d’italia includono,oltre il tasso nominale ,tutti gli oneri connessi all’erogazione del credito. Gli interessi di mora sono esclusi dal calcolo del TEG,perchè non sono dovuti dal momento dell’erogazione del credito ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente.
L’esclusione evita di considerare nella media operazioni con andamento anomalo.
Infatti,essendo gli interessi moratori,più alti,per compensare la banca del mancato adempimento,se inclusi nel TEG medio potrebbero determinare un eccessivo innalzamento delle soglie,in danno della clientela.
Tale impostazione è coerente con la disciplina comunitaria sul credito del consumo che esclude dal calcolo il TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) le somme pagate per l’inadempimento di un qualsiasi obbligo contrattuale,inclusi gli interessi di mora.
In ogni caso,anche gli interessi dimora,sono soggetti alla normativa anti-usura. Per evitare il confronto tra tassi disomogenei, TEG applicato al singolo cliente,comprensivo della mora effettivamente pagata, e tasso soglia che esclude la mora,i Decreti trimestrali riportano i risultati di un’indagine per cui la maggioranza stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2.1 punti percentuali.
In assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori,la Banca d’italia adotta nei suoi controlli,il criterio in base al quale i TEG medi pubblicati sono aumentati di 2.1 punti per poi determinare la soglia su tale importo.
La banca d’italia ,attraverso le istruzioni per la rivelazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura e i connessi chiarimenti,fornisce agli intermediari i criteri tecnici da seguire per segnalare in modo corretto e omogeneo i TEG applicati,utilizzati per l’individuazione delle soglie trimestrali.
I decreti ministeriali che aggiornano i tassi soglia dispongono che gli intermediari verifichino l’usurarietà dei tassi applicati sui singoli contratti sulla base degli stessi criteri tecnici.
Le istruzioni della banca d’italia sono costantemente aggiornate per tenere conto dell’evoluzione della normativa in tema di contratti bancari e dell’innovazione finanziaria.
Ma si ricorda soprattutto che,tali istruzioni possono costituire una metodologia di riferimento per tale valutazione dei casi concreti condotta dalla magistratura ma non ne vincolano le decisioni.
(lo staff)