I mutuatari che hanno stipulato un mutuo prima della riforma sull’usura posso chiedere la restituzione di una parte degli interessi,attraverso il meccanismo di sostituzione dei tassi con quelli nei limiti della soglia di volta in volta stabiliti.
Questa importante decisione è stata ritenuta valida dal tribunale di Napoli,con sentenza del 08/07/2013 n. 8740. Il tribunale ha deciso che in caso di usura sopravvenuta,il tasso di interesse convenzionale è dovuto nei limiti della soglia dell’usura con eliminazione della sola parte eccedente secondo il meccanismo sostitutivo ex adr. 1339 cc e non si applica la sanzione di cui l’art 1815 cc.
Questa decisione segue l’orientamento costante in giurisprudenza,confermato con le recenti sentenze del SC n. 602 e 603/2013,in riferimento all’usurarietà sopravvenuta dei tassi di interesse pattuiti in materia di mutuo.
In riferimento alla legge 108/96 le due sentenze di cassazione sopra indicate hanno affermato il principio secondo cui la pattuizione di interessi ultralegali non è viziata da nullità,essendo consentito dalle parti di determinare un tasso di interesse superiore a quello legale,purchè ciò avvenga in forma scritta,mentre l’illeceità si ravvisa soltanto ove sussistono gli estremi del reato di usura ex art. 644 c.p.,cioè il vantaggio usurario,lo stato di bisogno del mutuatario e l’approfittare di tale stato da parte dell’autore del reato,in questo caso la banca.
Pertanto,in caso di mutui stipulati prima dell’entrata in vigore della legge,gli interessi corrispettivi e moratori,ulteriormente maturati,se considerati usurari,vanno automaticamente sostituiti,con i tassi soglia previsti,divenendo illegittimi negli effetti a partire dal momento in cui intervengono i tassi più bassi nei limiti della soglia.
In questo modo avviene una sostituzione automatica con l ‘applicazione dei tassi soglia di volta in volta rilevati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in luogo del tasso contrattuale.
Per i mutuatari non resta altro che verificare se il tasso corrispettivo o moratorio pattuito nel contratto di mutuo dalla banca è superiore alle soglie di usura,e se cosi fosse,fare richiesta alla banca di restituzione.
Non facciamoci influenzare dal facile entusiasmo,La prudenza non è mai troppo.
Per recuperare gli interessi pagati sul mutuo occorre andare molto cauti,controllando con meticolosità il contratto di mutuo,il documento di sintesi ed il piano di ammortamento,nonchè l’eventuale atto di erogazione.
Occorre essere prudenti perchè al momento non guardiamo se c è usura ma quanta usura c è, e il fatto che il mutuo,a seguito di una diagnosi,risulti usurario sin dala stipula,questo vuol dire che in automatico riceve facilmente il rimborso.
Ricordiamoci che le banche pur di non ammettere l’errore e di non pagare subito gli interessi presi illegittimamente sono disposti a portare per le lunghe i procedimenti civili. In questo modo se risulteranno debitrici nei confronti del mutuatario lo saranno dopo 3/4 anni di giudizio, ricorrendo se il caso anche in Cassazione.
La giurisprudenziale non ha ancora un consolidato orientamento in materia, visto che la sentenza della Cassazione n.350/2013 è abbastanza recente, e le fattispecie sono tante.
Il consiglio è di analizzare il mutuo, gratuitamente, e attendere un momento più opportuno quando le cose saranno un po’ più delineate.
È chiaro che in presenza di un provvedimento giudiziario di pagamento a favore di una banca (revoca fido, decadenza del termine, chiusura conto, sollecito e ritardi nei pagamenti, decreto ingiuntivi, pignoramento ed esecuzione, ecc) occorre invece fare molto in fretta ed opporsi con tutti i mezzi messi a disposizione dalla legge e dai tecnici in materia.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE Sentenza 9 gennaio 2013, n. 350 Svolgimento del processo – Motivi della decisione 1.- I.D. ha convenuto in giudizio la s.p.a. Intesa BCI lamentando che il tasso applicato al contratto di mutuo con garanzia ipotecaria stipulato il 19.9.1996 per l’acquisto della propria casa era da considerare usurario. Il Tribunale di Napoli ha rigettato la domanda volta a sentir accertare l’illegittimità della misura degli interessi stabiliti nel contratto di mutuo, in relazione alla rata di Euro 20.052,48 richiesta con lettera del 6.11.2001, sulla base della considerazione che, ai sensi della L. n. 108 del 1996, art. 2, per la determinazione degli interessi usurari i tassi effettivi globali medi rilevati dal Ministero del Tesoro ai sensi della citata legge devono essere aumentati della metà. Considerato che il D.M. 27 marzo 1998, emesso dal Ministero del Tesoro, prevedeva per la categoria dei mutui il tasso dell’8.29%, ha quindi, escluso che il tasso contrattualmente fissato potesse essere ritenuto usurario. La Corte di appello, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione di primo grado evidenziando che i motivi posti a base dell’appello erano aspecifici rispetto alla motivazione della decisione del Tribunale. L’appellante si era limitato ad invocare apoditticamente la natura usuraria degli interessi pattuiti senza contestare i parametri adottati dal primo giudice per valutare la fondatezza della domanda e senza indicare, in concreto, le ragioni di fatto e di diritto idonee a ribaltare la decisione impugnata. Privi di rilevanza erano i riferimenti allo scopo per cui era stato stipulato il mutuo. Infine, la maggiorazione del 3% prevista per il caso di mora non poteva essere presa in considerazione, data la sua diversa natura, nella determinazione del tasso usurario. Da ultimo, ha ritenuto che le richieste istruttorie di ordinare ex art. 210 c.p.c., l’esibizione del carteggio intercorso tra le parti e di ctu contabile che quantificasse le differenze incassate in eccedenza dalla Banca fossero inammissibili per la loro genericità e per il carattere meramente esplorativo nonchè prive di attinenza con i motivi posti a base del gravame. Inammissibili erano le deduzioni per la prima volta proposte nella comparsa conclusionale ove I.D. cercava di sopperire alle carenze del gravame, indicando, per la prima volta, i tassi, a suo dire applicati (e non quelli pattuiti rilevanti ai fini dell’azione proposta) ed il tasso soglia che riteneva superato. I motivi, sul punto, non erano specifici. 2.- Contro la sentenza di appello parte attrice ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi con i quali denuncia 1) vizio di motivazione e 2) violazione dell’art. 1421 c.c. Resiste con controricorso la s.p.a. Italfondiario quale procuratore della s.r.l. Castello Finance in luogo della s.p.a. Intesa Gestione Crediti quale procuratore di Banca Intesa nonchè quale procuratore della s.p.a. Intesa Gestione Crediti quale procuratore di Banca Intesa. 3.1.- Il primo motivo, sub a), contiene riferimenti alla nullità della clausola determinativa degli interessi (con riferimento al tasso ABI) che risulta si proposta in primo grado ma, sebbene implicitamente disattesa dal Tribunale, non risulta specificamente (ma neppure genericamente) riproposta in appello (v. trascrizione dell’atto di appello alle pagg. 3 e 4 del ricorso). Si che la relativa censura è inammissibile. Il profilo della censura relativo all’anatocismo ù che neppure è menzionato nella sentenza impugnata ù risulta dedotto in appello “in considerazione del fatto che con il piano di ammortamento la Banca ha di fatto applicato l’anatocismo vietato dalla legge” (v. trascrizione in ricorso, pag. 4). Nel motivo di ricorso, invece, parte ricorrente lamenta che la banca “pretende interessi sugli interessi infrannuali come emerge dalle quietanze esibite”. Trattasi di censura affatto nuova – oltre che generica – come tale inammissibile. 3.2.- Quanto al profilo sub b) (usurarietà dei tassi) va rilevato che parte ricorrente deduce che l’interesse pattuito (inizialmente fisso e poi variabile) era del 10.5%, in contrasto con quanto è previsto dal D.M. 27 marzo 1998, che indica il tasso praticabile per il mutuo nella misura dell’8.29%. Tale tasso dovrebbe ritenersi usurario a norma della L. n. 108 del 1996, art. 1, comma 4, tanto più ove si consideri che fu richiesto per l’acquisto di un bene primario quale la casa di abitazione e che dovrebbe tenersi conto della prevista maggiorazione di 3 punti in caso di mora. La censura sub b), nella parte in cui ripete l’assunto – già correttamente disatteso dalla Corte di merito – secondo cui la natura usuraria discenderebbe dalla finalità del mutuo, contratto per l’acquisto della propria casa, è infondata in quanto, ai sensi del nuovo testo dell’art. 644 c.p., comma 3, sono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge ovvero “gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria”. E, a tale scopo, non è sufficiente dedurre che il mutuo è stato stipulato per l’acquisto di un’abitazione. La stessa censura (sub b), invece, è fondata in relazione al tasso usurario perchè dalla trascrizione dell’atto di appello risulta che parte ricorrente aveva specificamente censurato il calcolo del tasso pattuito in raffronto con il tasso soglia senza tenere conto della maggiorazione di tre punti a titolo di mora, laddove, invece, ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p., e dell’art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori (Corte cost. 25 febbraio 2002 n. 29: “il riferimento, contenuto nel D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma 1, agli interessi a qualunque titolo convenuti rende plausibile – senza necessità di specifica motivazione – l’assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori”; Cass., n. 5324/2003). 3.3.- Sulla censura sub c) (relativa al mancato accoglimento di istanze istruttorie) va ricordato che “il provvedimento di cui all’art. 210 cod. proc. civ. è espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, che non è tenuto ad indicare le ragioni per le quali ritiene di avvalersi, o no, del relativo potere, il cui mancato esercizio non può, quindi, formare oggetto di ricorso per cassazione, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione” (Sez. 2, Sentenza n. 22196 del 29/10/2010). Peraltro, l’esibizione a norma dell’art. 210 c.p.c., non può essere ordinata allorchè l’istante avrebbe potuto di propria iniziativa acquisire la documentazione in questione (Sez. 1, Sentenza n. 149 del 10/01/2003), come nella concreta fattispecie. Il ricorrente, poi, nulla deduce in ordine alla decisività di tale mezzo istruttorio, anche in considerazione di ciò, che la domanda era limitata alla rata richiesta con lettera del 6.11.2001 e il cui importo risulta determinato in Euro 20.052,48, in relazione alla quale soltanto erano state formulate le conclusioni in primo grado e in appello (“la non debenza dell’importo reclamato dalla banca”). 4.- Quanto al secondo motivo, la censura è infondata, posto che, pur trattandosi di questione (di diritto) rilevabile d’ufficio (nullità della convenzione di interessi usurari), gli elementi in fatto sui quali la questione era fondata e, dunque, l’indicazione del tasso applicato contenuta (soltanto) nella comparsa conclusionale non poteva che essere ritenuta tardiva, tenuto conto della necessità che i motivi di appello, ex art. 342 c.p.c., siano specifici e che con la comparsa conclusionale non possono essere dedotte nuove circostanze di fatto che non siano state già dedotte con l’atto di appello. E’ vero, infatti, che la deduzione della nullità delle clausole che prevedono un tasso d’interesse usurario è rilevabile anche d’ufficio, non integrando gli estremi di un’eccezione in senso stretto, bensì una mera difesa, che può essere avanzata anche in appello, nonchè formulata in comparsa conclusionale, ma ciò a condizione che “sia fondata su elementi già acquisiti al giudizio” (Sez. 1, Sentenza n. 21080 del 28/10/2005). 5.- Infine, quanto alle difese della banca e alla reiterazione della questione di nullità dell’atto di citazione, va rilevato che non risulta impugnata con ricorso incidentale l’affermazione della sentenza della corte di merito (che la resistente ritiene erronea) circa la necessità di riproposizione della questione stessa con appello incidentale e la conseguente inammissibilità dell’eccezione. Si che sul punto si è formato il giudicato interno. Da ultimo, quanto all’asserita carenza di interesse ad agire dell’attrice in ordine alla proposta domanda di accertamento negativo, è appena il caso di evidenziare che l’interesse è sorto dalla richiesta rivolta dalla banca alla mutuataria. Richiesta che si assume relativa a somme non dovute, previa declaratoria di nullità della pattuizione di interessi che si assumono usurari. 6.- La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione alla censura accolta (determinazione del tasso soglia comprensivo della maggiorazione per la mora) con rinvio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione per nuovo esame e per il regolamento delle spese. P.Q.M.
La Corte rigetta il secondo motivo di ricorso, accoglie il primo nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia per nuovo esame e per il regolamento delle spese alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.
(lo staff)