Come abbiamo annunciato la settimana scorsa,finiremo di approfondire l ‘argomento del mutuo e tutti i suoi aspetti. Questa mattina parleremo dell’estinzione anticipata,dei decreti e assicurazioni.

Anche se potrebbe apparire in un certo senso illogico, ed anche se la materia è discussa, la richiesta di estinzione anticipata del mutuo da parte del mutuatario è considerata inadempimento, poiché dalla cessazione del rapporto dipende un mancato titolo del mutuante a richiedere interessi per la residua parte di tempo di durata del mutuo originariamente prevista: per comprendere meglio questo meccanismo, potrebbe essere utile un esempio. Se, si ponga, in un mutuo originariamente previsto per una durata di 10 anni, il mutuatario richiede di saldare il suo debito dopo (diciamo) 7 anni, egli dovrà corrispondere al mutuante l’intero capitale residuo e gli interessi già venuti a maturazione; il contratto, però, stabiliva che il mutuante dovesse continuare a percepire interessi sul denaro prestato per altri tre anni.

Il mutuatario perciò (nell’ottica del contratto) non consente al mutuante di percepire gli interessi sul previsto impiego del capitale per gli anni restanti; in questo consisterebbe l’inadempimento, poiché egli si era obbligato a pagare il prestito ottenuto con un prezzo (interessi) stabilito in base alla durata del rapporto e per questo numericamente assommante ad un dato importo.

L’argomento, spinoso quanto pochi in materia, è in pratica interpretato come azione che danneggia il mutuante in termini di lucro cessante; è fonte di dibattuta dialettica l’obiezione che il mutuante, tipicamente una banca, nel momento in cui delibera la concessione del mutuo, a sua volta si garantisce la provvista di denaro necessaria per l’operazione calcolandola con riferimento alla durata prevista e dunque prevedendo costi ed accantonamenti (oltre che suoi propri ammortamenti) in funzione di tale operazione, come dimostrerebbe la dettagliata previsione di un piano di ammortamento.

A tale obiezione si ribatte che, soprattutto nel caso decisamente prevalente che la concessione di mutui sia oggetto proprio dell’attività d’impresa del mutuante, l’anticipata estinzione debba considerarsi a tutto titolo elemento del rischio di impresa, e dunque materia che non dovrebbe poter riguardare (e riverberarsi su) un mutuatario che intenda per etica (per certi aspetti socialmente considerati lodevoli) o per vantaggio risolvere al più presto una situazione debitoria; che di questo rischio d’impresa il mutuante sia ben al corrente sin dal principio, tanto da non potersi conferire all’estinzione anticipata carattere di eccezionalità, ma che anzi questa sia considerata uno dei possibili esiti del rapporto, sarebbe dimostrato dalla ordinaria presenza di apposite previsioni contrattuali sullo sconto.

A bilanciamento di tale imprevista variazione, in guisa di penale, il mutuatario è infatti tenuto a corrispondere al mutuante un importo detto “sconto”, già previsto nel contratto di mutuo ed in genere riferito ad una percentuale (in media dallo zero al 4%) sull’ammontare degli interessi previsti per il periodo compreso fra l’anticipata estinzione e l’originariamente prevista scadenza del mutuo. In genere i mutui a tasso variabile prevedono una commissione molto più bassa di quelli a tasso fisso. La causa di questa differenza è legata al tipo di provvista che deve fare la banca.

Il secondo decreto Bersani ha vietato l’applicazione di penali o oneri di alcun tipo per anticipata estinzione parziale o totale dei mutui. I clienti possono scegliere di vendere l’immobile ipotecato ed estinguere il mutuo, pagando il debito residuo.

Il mutuatario può decidere per l’estinzione parziale. Senza alcun onere o penale, può decidere di versare una somma, eccedente la normale rata annua, in conto capitale: questa parziale estinzione va a ridurre il debito residuo, e la banca è tenuta a ricalcolare la rata di conseguenza, in base allo stesso schema di pagamento (interesse al tasso capitale pattuito alla stipula del mutuo, durata, rata, tipologia di tasso). Quindi l’anticipata estinzione va a ridurre l’importo della rata, a parità di numero di rate da pagare.

Le clausole contrattuali che prevedano una penale o diversi oneri per l’anticipata estinzione, sono nulle per i mutui accesi dopo l’entrata in vigore del decreto, restano in vigore per i contratti stipulati in data antecedente.[1].

La legge finanziaria del 2008 (legge n. 244 del 24 dicembre 2007) ha stabilito che tale diritto permane anche in caso di accollo del mutuo. Il diritto all’estinzione anticipata sussiste anche se in precedenza il mutuo era in carico a soggetti che non avevano i requisiti richiesti: soggetto privato e finalità di acquisto di un’abitazione.

L’anticipata estinzione parziale non obbliga l’istituto di credito ad abbreviare la durata del mutuo. Il cliente potrebbe utilizzare le somme versate alla banca per ottenere una rata più bassa senza cambiare la durata, oppure, a parità di rata, abbreviare la durata del mutuo. Questa seconda opzione richiede di stipulare un nuovo mutuo e delle spese accessorie.

Il citato Decreto Bersani ha semplificato oneri e procedure per l’avvio di un mutuo con un istituto di credito che offre condizioni migliori al cliente.

La facoltà di surroga del mutuo su volontà del debitore era un diritto previsto all’art. 1202 del codice civile. Il Decreto Bersani ha introdotto una serie di procedure e norme volte a garantirne un’effettiva applicazione. Per evitare dubbi interpretativi, prevede che sia nulla ogni pattuizione che ostacoli in qualche modo l’esercizio di questo diritto legittimo.

Il Decreto fiscale del 6 luglio 2009, art. 2, comma 3 ha introdotto una penale per le banca che non perfeziona la surroga entro 30 giorni dalla richiesta. La banca è sanzionata nella misura dell’1% del valore del mutuo per ogni mese di ritardo. La banca originaria viene considerata sempre responsabile anche se quest’ultima ha la facoltà di rivalersi sulla banca cessionaria (nuova banca).

La Bersani-bis introduce una novità per l’esercizio della surrogazione: la portabilità dell’ipoteca. In precedenza, era necessario cancellare l’ipoteca e, estinto il vecchio mutuo, iscrivere una nuova ipoteca con l’istituto di credito subentrante.

In base alle nuove regole, anziché cancellare l’ipoteca, nei Registri Immobiliari il notaio effettua un cambio di attore, indicando il nome del nuovo creditore con una nota a margine della vecchia ipoteca.

Secondo la legge finanziaria del 2008, le spese di nuova istruttoria e perizia e ogni altro onere sono a carico della banca subentrante, fatto salvo l’onorario notarile.[2]

In base al citato decreto Bersani, la banca non può operare un’autosurroga, per stipulare un mutuo a nuove condizioni. La surroga è finalizzata alla portabilità dell’ipoteca, e vale soltanto fra istituti differenti.
Tuttavia, se il cliente chiede una surroga, la banca può proporre una rinegoziazione e cambiare le condizioni contrattuali in modo più favorevole al cliente, con il consenso scritto di entrambe le parti.

Se si modifica il contratto col proprio istituto di credito, non si tratta di surroga, ma di rinegoziazione. La rinegoziazione quindi non riguarda solo l’applicazione del Decreto Tremonti per l’allungamento della durata, ma la ridefinizione di un qualunque aspetto del piano di ammortamento: durata, rata, interesse, spread, tipo di tasso.

La surroga e il confronto di preventivi di altre banche è anche un’opportunità per ottenere una rinegoziazione e condizioni migliorative dal propri istituto di credito.

La surroga avviene tramite una semplice procedura interbancaria formalizzata dall’ABI. La nuova banca invia a quella di origine una richiesta di surroga, senza specificare la filiale dove il cliente ha il conto corrente e paga il mutuo. La banca dovrà indicare il debito residuo e una quietanza di pagamento a favore del cliente.

Di fatto, la surroga si conclude con mezzi esterni alla procedura ABI (telefono, e-mail, ecc.) perché la procedura non consente di indicare il CAB della filiale della nuova banca e della vecchia, e di scambiarsi tutte le informazioni necessarie. Perciò, la filiale deve essere contattata quanto meno per decidere data e persona incaricata per recarsi dal notaio, una prima stima del debito residuo, i tempi per il calcolo “ufficiale” e quelli per la stesura della minuta di mutuo da parte del nuovo istituto.

Non essendo obbligatoria per legge nessuna polizza sul bene ipotecato, nemmeno quella contro incendio e scoppio, la Bersani II nulla precisa in merito alla gestione delle coperture assicurative in caso di surroga. Spesso, la banca obbliga il cliente a stipulare l’assicurazione con una società del proprio gruppo, e pagare nuovamente, laddove la surroga dovrebbe essere completamente priva di costi per il cliente.

Secondo il codice delle assicurazioni, il cliente ha diritto a disdettare qualsiasi polizza poliennale con preavviso di 60 giorni, senza il quale il contratto è tacitamente rinnovato per l’anno corrente, e chiedere il rimborso, entro 60 giorni dalla disdetta e secondo le modalità da questi indicate, degli anni di premio pagati e non goduti. Tale periodo decorre come minimo dal quinto anno, non potendo per il codice civile la polizza essere vincolata al rimborso di più di 5 anni.

Per le assicurazioni sul bene ipotecato, come quella contro incendio e scoppio, la banca subentrante può accettare un cambio di vincolo della polizza a proprio favore. In questo modo, cambiando il beneficiario, chi richiede la surroga non deve pagare nuovamente tutte le coperture assicurative.
Se, invece, la banca subentrante o il cliente scelgono di stipulare nuove polizze con altre compagnie assicurative, il cliente deve inviare disdetta alla vecchia compagnia e chiedere il rimborso entro 60 giorni degli anni di premio non goduti mediante assegno postale o accredito in conto presso la vecchia banca, fornendo il numero identificativo della polizza, eventualmente copia per conoscenza all’ISVAP e alla banca cedente.

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Uno dei primi provvedimenti del IV governo Berlusconi è stato un decreto del ministro Tremonti che, per i mutui a tasso variabile, su richiesta del mutuatario, ha obbligato il mutuante a prolungare la durata del prestito, mantenendo costante la rata.

Si tratta di una dilazione onerosa di pagamento, per la quale la banca concede una maggiore durata del prestito e guadagna una quota interessi e un montante maggiori. il provvedimento ha una particolare utilità nei casi in cui la rata abbia già raggiunto un livello insostenibile per il reddito del mutuatario, a rischio di insolvenza.

La differenza del debito finisce in un conto accessorio, che il cliente inizia a pagare solamente dopo aver estinto il mutuo, al quale la banca applicherà l’Eurirs a 10 anni e uno spread massimo dello 0.5. La legge non specifica se l’interesse debba applicarsi al solo debito residuo, cosa ovvia nella prassi bancaria. Ciò ha data luogo all’applicazione anche agli interessi passivi già versati, alla pratica nota come anatocismo.

La legge non indica nemmeno quante volte la banca debba concedere la rinegoziazione. Alcuni istituti concedono di prolungare la durata del mutuo per una sola volta per tutta la sua durata.

In questo modo, viene evitato uno dei rischi che ha portato alla crisi dei mutui subprime americani. Con il prolungamento della rata si evita che un rialzo dei tassi di interesse porti la rata dei mutui a tasso variabile a un livello non più sostenibile per le famiglie, all’insolvenza e conseguenti pignoramenti.

Se il mutuatario difficilmente ottiene una modifica delle condizioni contrattuali e prima del 2007 doveva corrispondere una penale per l’estinzione anticipata, il mutuante ha facoltà di rescindere unilateralmente il contratto in qualunque momento, se chi riceve il finanziamento viene meno ad una delle obbligazioni previste nella clausola risolutiva o in altre parti del contratto.

La Finanziaria del 2008, come detto, ha abolito le penali per estinzione anticipata del mutuo, su richiesta del mutuatario.

Possono avere luogo, tuttavia, penali nel momento in cui il mutuatario è inadempiente davanti a legittime nuove obbligazioni richieste dalla banca, come la risoluzione espressa del contratto o la richiesta di reintegro delle garanzie.

La clausola risolutiva espressa limita tale facoltà per specifiche obbligazioni, e non è applicabile per circostanze generiche.

La specificità non significa soggettività della circostanza, ovvero che l’inosservanza dell’obbligazione debba dipendere esclusivamente da un comportamento non corretto del mutuatario, ed abbia dunque la caratteristica di prevedibilità. Un motivo di risoluzione, ad esempio, può essere un mancato reintegro delle garanzie, per lui non prevedibile, per il mutuatario, in cui il mutuatario non soddisfa le richieste della banca.

La rescissione comporta la restituzione in tempi rapidi dell’intero debito, con gli interessi previsti ed un eventuale penale.

La cancellazione dell’ipoteca è un atto notarile, dai costi paragonabili a quelli dell’iscrizione.

In base al Decreto Bersani, quando è estinto il debito residuo con la banca, l’istituto è obbligato a darne comunicazione alla locale Agenzia del Territorio, che procede d’ufficio e gratuitamente alla cancellazione, senza oneri per il mutuatario.

In caso di ipoteca perenta, la comunicazione della banca, viene respinta dall’Agenzia del Territorio. Conseguentemente, il cliente deve necessariamente rivolgersi direttamente al notaio per la cancellazione.

La maggior parte dei mutui è concessa con vincolo di destinazione, ovvero deve essere espressamente specificato per quali scopi verrà utilizzato il denaro preso a prestito, cosa si acquisterà con esso.

I mutui per l’acquisto della prima o seconda casa costituiscono la maggior parte dei mutui concessi dalle banche. L’ammontare del capitale erogato non può superare un importo il cui rimborso annuale sia in genere il 30% del reddito del nucleo familiare (salario e altre entrate) del richiedente; in pratica, se la famiglia del mutuatario ha un reddito annuo di 100, non può prendere mutui che le costino più di 30 all’anno per i rimborsi (somma dei pagamenti nell’anno), e dunque l’importo del capitale massimo erogabile si calcola a partire dall’importo della rata di rimborso.

Inoltre, l’importo massimo erogabile è condizionato al valore del bene prestato in garanzia: da qualche anno, una certa deregulation del mercato consente di registrare offerte di mutui che arrivano a coprire il 100% del valore di perizia dell’immobile[3], determinato da un esperto di estimo incaricato dalla banca. La perizia eseguita a questi fini, pur se formalmente tesa a individuare “il più probabile valore venale in comune commercio” del bene, deve tener conto dell’aspetto prospettico della sua eventuale utilità, poiché in ragione della cospicua durata del mutuo e della possibile modificazione nel tempo degli equilibri fra i molti parametri da prendere in esame, essa deve ponderatamente restituire un valore di garanzia sostanziale in favore dell’ente erogante, tale che nell’ipotetica necessità di esitazione alla vendita forzata del bene, che potrebbe accadere in un imprecisato momento del rapporto, si disponga di un valore stabilmente tenutosi realistico. Ciò determina in genere una differenza fra l’importo di perizia ed il valore commerciale effettivo del bene, detraendosi da questo valori che rendano ragione dei rischi di deperimento tecnico-fisico e delle eventuali modificazioni del mercato di riferimento.

Il mutuante in genere appone dei correttivi di sicurezza ai valori di perizia, in modo da ulteriormente affinare il rapporto fra rischio (capitale erogato) e garanzia (beni ipotecati); questi dipendono da molti parametri e sono calcolati anche con algoritmi statistici.

La concessione del mutuo è in genere subordinata alla disponibilità di un reddito stabile ed attendibile, ad esempio un contratto di lavoro a tempo indeterminato (stipulato da almeno 4 anni) o di altri redditi stabili (per il lavoro autonomo, si fa luogo a ragionata analisi degli ultimi fatturati).

Stanti alcune condizioni personali soggettive tipiche della categoria, si registra invece una sempre maggior difficoltà di ottenimento di mutui da parte dei lavoratori pensionati; questa tendenza, che riguarda un numero crescente di istituti e rischia di elevarsi a regola, viene talvolta giustificata con freddi e sgradevolissimi argomenti – asseritamente desunti dalla statistica – sull’aspettativa di vita. Si sostiene – quando non smentito – che ovviamente sia più facile che un mutuatario pensionato possa morire in corso di contratto, originando problematiche successorie nelle quali la banca non troverebbe economicamente vantaggioso ingerirsi. Da altri si ribatte invece che tale tendenza manifesterebbe una previsione di abbattimento del potere d’acquisto dei pensionati, con effetti sulla puntualità o sul completamento dei rimborsi e possibili implicazioni legate a possibili condizioni di difficoltà degli anziani (ad esempio, per necessità sanitarie). In ogni caso, questo limite è visto dalla maggioranza degli osservatori come fortemente penalizzante e discriminatorio nei confronti dei pensionati.

Esistono mutui a rata fissa con interess cup, ovvero a tasso variabile entro un massimo interesse che è intorno al 4%. in altri Paesi d’Europa sono diffusi mutui misti, a tasso variabile i primi 5-10 anni, in cui è più attendibile una previsione sui tassi; rinegoziabili a tasso fisso prestabilito oppure a tasso variabile per il periodo successivo.

I tassi di riferimento a livello europeo nell’erogazione dei mutui sono l’Eurirs o Irs (Interest rate swap) per i mutui a tasso fisso e l’Euribor per quelli a tasso variabile, per il valore calcolato il giorno della firma del contratto.

L’allineamento dei tassi di riferimento alla media europea, la standardizzazione dei metodi di calcolo di rate e interessi, e delle clausole relative ai mutui bancari, da alcune organizzazioni di tutela dei consumatori e da alcuni movimenti politici sono stati ritenuti prova dell’esistenza di un supposto cartello bancario e di un’assenza di concorrenza nel settore, piuttosto che di un mercato efficiente con una totale simmetria informativa e condivisione delle informazioni rilevanti.

L’interesse applicato ai mutui per la casa è in genere superiore al rendimento di un investimento come quello in titoli di Stato; la comparazione è consentita dalla analoga caratteristica del rischio basso o nullo, essendo l’ipoteca su bene immobile e durevole (spesso lo stesso bene nel quale il mutuatario direttamente va ad abitare) una tutela del creditore congrua per quantità e valore.

I mutui a tasso variabile consistono nell’erogazione di un prestito ad un interesse prefissato che varia nel tempo e viene ricalcolato rispetto ad un indice di riferimento (esempio Euribor) più un certo guadagno percentuale (mark-up per l’istituto di credito, il tasso può variare di alcuni multipli e il contratti tipicamente non prevedono un interesse massimo applicabile.

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(lo staff)