Per la prima volta a Parma è stata concessa la sospensione di un’esecuzione immobiliare ai sensi della legge a sostegno delle vittime di usura. Due imprenditori non riuscivano a pagare le rate di un mutuo a un istituto di creditoSospesa nei giorni scorsi dalla Procura di Parma per sospetta usura un’esecuzione immobiliare promossa da un istituto di credito nei confronti di due imprenditori.
E’ la prima volta che a Parma viene applicato un beneficio previsto dall’articolo 20 della legge 44 del 1999 “Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime di richieste estorsive e dell’usura”.
Il primo ottobre il pm Paola Dal Monte ha accolto un’istanza di sospensione presentata dai titolari di un’azienda agricola finita sotto pignoramento per debiti con istituti di credito. Il giorno successivo, il 2 ottobre, era prevista un’asta pubblica per la vendita del patrimonio immobiliare dell’azienda.
Grazie al provvedimento urgente del magistrato la procedura esecutiva e tutti gli altri adempimenti connessi sono atti sospesi per 300 giorni, un lasso di tempo che permetterà agli imprenditori di cercare un accordo per il rientro del debito senza la spada di Damocle che da anni pesava sul loro capo.
La vicenda giudiziaria ha inizio nel 2010, quando i titolari di un’impresa agricola del parmense si trovano in difficoltà a far fronte al piano di ammortamento di un mutuo ipotecario da 103mila euro concesso nel 2001 da un istituto bancario. Per anni le rate erano state regolarmente pagate fino alla quasi totale copertura dell’importo erogato, poi è subentrato un periodo di crisi cui gli imprenditori hanno cercato di far fronte contraendo debiti con altre banche.
Nel 2010 l’istituto di credito che ha erogato il mutuo dà il via alla procedura esecutiva con il pignoramento dell’abitazione, degli immobili agricoli e dei terreni di proprietà degli imprenditori. Beni stimati inizialmente circa 900mila euro. Da allora sono state fissate cinque udienze di vendita, con una progressiva decurtazione della base d’asta. Tutte deserte. Solo all’ultima udienza c’è stata un’offerta pari all’importo base di 350mila euro. La vendita non è andata in porto per insufficienza del rialzo, ma con ogni probabilità tutti i beni sarebbero stati ceduti la volta successiva perché, come prevede la normativa, l’offerente se li sarebbe aggiudicati aggiungendo 2mila euro alla base d’asta. Eventualità scongiurata dall’applicazione, in via urgente, dell’articolo 20 della legge a sostegno delle vittime di usura.
due imprenditori si erano infatti rivolti ad una associazione antiusura per avere informazioni sul proprio caso. Un perito ha valutato la legittimità del mutuo, concludendo che si configuravano condotte di usura, in particolare per l’applicazione degli interessi moratori sulle rate insolute. Il 6 dicembre 2013 è stata sporta una denuncia-querela nei confronti dell’istituto di credito e presentata un’istanza di accesso al Fondo di solidarietà per le vittime di usura.
La procedura esecutiva, però, stava facendo il suo corso. L’unica possibilità di non perdere i beni all’asta il 2 ottobre era l’applicazione dell’articolo 20, che prevede sempre il parere favorevole di un sostituto procuratore. Gli avvocati di parte, esperti di diritto bancario, hanno curato l’istanza presentata d’urgenza in Procura il 29 settembre, in vista dell’imminente vendita.
l giorno dopo è arrivata la decisione favorevole del pm Paola Dal Monte: considerata la richiesta di accesso al Fondo antiusura e il fatto che quasi tutte le rate del mutuo erano state onorate, il magistrato ha ritenuto che vi fossero elementi idonei a valutare la fondatezza della pretese dei denuncianti. La procedura esecutiva è così stata sospesa per 300 giorni direttamente dal pm, vista l’urgenza del caso, sebbene di solito sia il giudice per le esecuzioni a disporre il provvedimento dopo aver acquisito il parere della Procura.
“Questo beneficio non viene concesso a chiunque, sono necessari specifici presupposti – spiega l’avvocato – non si tratta di una scappatoia per debitori insolventi. La finalità è quella di consentire a chi esercita un’attività imprenditoriale o libero professionale e si trova in oggettive difficoltà economiche di avere un lasso di tempo utile per risalire la china e riprendere l’attività che, in caso di procedure esecutive, subisce un blocco. In questo caso il pm ha anche valutato che c’è sempre stata la volontà di pagare il mutuo, ma è subentrata la mancanza di disponibilità”.
Le indagini sulla sussistenza del reato di usura proseguiranno e, se non dovessero configurarsi i presupposti, il beneficio dei 300 giorni potrebbe essere revocato per far ripartire la procedura d’esecuzione. Intanto, però, gli imprenditori possono affrontare le trattative con i creditori senza fiato sul collo. L’obiettivo è quello di giungere a un accordo transattivo per chiudere la situazione debitoria senza la cessione coatta dell’attività.
“Questa è stata una procedura d’urgenza, ma il nostro consiglio per chi si trovi in situazioni d’insolvenza e venga colpito da esecuzioni – dichiara l’avvocato – è quello di rivolgersi fin da subito a un esperto per valutare le tante opportunità previste dalla legge”.
(lo staff)