E’ di pochi minuti fa, la comunicazione da parte del Tribunale di Asti che salva la vita e l’azienda di una coppia di coniugi nell’astigiano.
Marito e moglie avevano stipulato un mutuo nel 2006, per la realizzazione del loro sogno: un’azienda agrituristica, acquistando una vecchia proprietà agricola e ristrutturandola. Quanto all’applicazione di tassi particolarmente elevati la banca faceva la parte del leone, ma loro, stipulavano ugualmente il mutuo, sicuri di poter pagare con il loro lavoro queste cifre esose. Dopo circa 6 anni, hanno avuto qualche difficoltà a rispettare la rata, pagavano quello che potevano, ma vista la pressione della banca, hanno richiesto il controllo del mutuo a DECIBA. Il mutuo è risultato usurario nell’applicazione contrattuale dell’estinzione anticipata e nel tasso effettivo di mora, ed è risultato nullo il tasso corrispettivo perché effettivamente superiore a quello dichiarato in contratto. Nel frattempo la banca aveva notificato il precetto, ragion per cui è stata svolta opposizione che in prima battuta era stata rigettata a causa della clausola di salvaguardia che in caso di superamento della soglia avrebbe fatto salvo il tasso almeno al pari della soglia. E’ stato proposto il reclamo e il Tribunale di Asti, riunito in Collegio, con Ordinanza in data 1/7/15, non si è lasciato ingannare, ed ha accolto l’eccezione di inefficacia della clausola, così statuendo: “Ritenere riferibile la clausola di salvaguardia anche a pattuizioni in ipotesi geneticamente contrarie alla legge, si risolverebbe in una inammissibile disapplicazione dell’art. 1815 co 2 c.c.” In sostanza, ciò che afferma il tribunale, accogliendo totalmente la tesi difensiva dell’avv. Rosa Chiericati, è che la clausola di salvaguardia è valida per la fase esecutiva del contratto, non nella sua fase genetica, corrispondente con il momento della stipula, poiché se il tasso è usurario alla stipula è la legge a dire cosa succede: non sono dovuti interessi. Nessuna clausola di contratto può eludere o bypassare questo precetto legislativo.
Il Tribunale ha inoltre riconosciuto valore e validità alla perizia DECIBA, così dichiarando: “Del pari, non possono ritenersi, prima faci,e e alla luce della dettagliata e approfondita perizia di parte prodotta dalla reclamante, totalmente destituiti di fondamento anche gli altri motivi di opposizione formulati “. La soddisfazione per il Presidente di DECIBA, dott. Gaetano Vilnò, nel dare la notizia ai due coniugi, è stata enorme ed amplificata dalla reazione di queste due persone meravigliose e lavoratrici che temevano di perdere in un attimo tutto il valore dei loro sacrifici
FINALMENTE UN GRANDE RISULTATO ,DIFFONDETE L’INFORMAZIONE !
FONTE : http://www.deciba.it/articoli/item/60-ordinanza-cancellata-e-testo
I fatti di cronaca giudiziaria degli ultimi giorni sulle indagini nei confronti di alcuni istituti di credito hanno riportato alla luce il tema dell’usura bancaria. Ecco allora una piccola guida per i consumatori su cosa è l’usura bancaria e quali sono i fattori da considerare nel calcolo dei tassi applicati dalle banche.
Innanzitutto, quando si parla di usura bancaria? è la legge che lo dice: “Si ha usura quando il corrispettivo di una prestazione in denaro consistente nella richiesta di interessi, spese e commissioni costituisce un costo totale finanziario estremamente esoso in relazione alla categoria della prestazione, all’entità della prestazione ed alle dinamiche finanziarie del mercato”.
Si tratta perciò di un’ applicazione sui finanziamenti – concessi dagli istituti di credito e dalle società finanziarie ai propri clienti – di tassi di interesse effettivi che, sommando il tasso nominale e tutti gli oneri relativi alla concessione del credito, superano il limite consentito dalla legge sull’usura, ovvero la Legge 108/1996 (e successive modifiche).
Tale legge stabilisce infatti delle soglie (TEGM) oltre le quali gli interessi sono considerati usurari. Attualmente, i tetti stabiliti nel secondo trimestre 2015 da Bankitalia sono i seguenti: si va dal 8,13% dei mutui ipotecari a tasso variabile al 9,38% del tasso soglia per i mutui a tasso fisso.
Per salvaguardarsi le banche hanno introdotto negli anni clausole di salvaguardia nei contratti stipulati con i clienti, determinandone eventuali interessi di mora e maggiorazioni, clausole con le quali le banche limitano il tasso massimo alla soglia stabilita.
Questo porta quindi a non generalizzare e ad esaminare ogni singolo caso, facendo una verifica delle condizioni generali del proprio contratto e analizzando alcuni importanti fattori, come le spese relative alla gestione della pratica, le penali, istruttoria, perizia, incasso rata ed eventuali polizze obbligatorie, fattori che potrebbero far rivelare al contribuente di avere in mano dei finanziamenti che oltrepassavano il tasso soglia già al momento della stipula.
Di queste questioni se ne occupa D.E.C.I.BA, un associazione con a Capo Gaetano Vilnò, che segue da anni la questione di illeciti bancari e in base ad una recente sentenza della Cassazione – la n. 350/2013 – “quando il tasso di mora, le penali e le varie spese, superano il tasso soglia, stabilito dalla legge anti usura 108/96, anche i mutui diventano usurai e possono essere annullati con le relative procedure giudiziali ”.
Per tutelarsi, il contribuente deve stare attento in particolare ad un fattore: il tasso di mora, che consiste nell’ interesse che la banca richiede quando il cliente non riesce a pagare una rata.
Verificare se esiste un’anomalia è semplice: basta chiedere un estratto conto e i renditoconti delle rate alla propria banca, che è obbligata a fornite tutti i documenti degli ultimi 10 anni, inclusi contratti di mutui e conti correnti (a meno che non c’è la prescrizione). Se il contribuente rientra in questa categoria, può allora chiedere il rimborso integrale degli interessi pagati su mutui, leasing e finanziamenti, avendo inoltre la facoltà di non corrispondere gli interessi relativi alle rate residue.
D.E.C.I.B.A
PARMA Viale barilla 21 43121 (PR)
0521-241417 tell
0521-484700 Fax
È ufficiale: condono delle cartelle esattoriali fino a 2mila euro.
Pubblicato, in Gazzetta Ufficiale (n.142 del 22 giugno), il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze che stabilisce le modalità con cui sarà eseguito il discarico, da parte dell’ente di riscossione – per esempio Equitalia – delle cartelle esattoriali fino a 2mila euro, annullate in seguito alla sanatoria introdotta dalla legge di Stabilità per il 2013 (art. 1, comma 527, legge n. 228/2012). Ciò avverrà per i ruoli esecutivi fino al 31 dicembre 1999.
Nella Gazzetta, sono riportate la procedura, le esclusioni dalla sanatoria e le modalità del rimborso spese.
L’annullamento sarà automatico, decorsi 6 mesi dall’entrata in vigore della norma.
Come individuare i ruoli da annullare? E come si calcolano i 2mila euro? Saranno considerati tre elementi dell’iscrizione al ruolo:
– il capitale;
– gli interessi per ritardata iscrizione al ruolo;
– le sanzioni.
Rientra nella sanatoria qualunque tipo di somma iscritta al ruolo (tasse, multe, contributi previdenziali e così via). La trasmissione delle cartelle esattoriali da ritenersi automaticamente annullate avviene su supporto magnetico oppure in via telematica.
Riassumendo, il decreto stabilisce che:
– i crediti esigibili da Equitalia, o altro agente della riscossione, fino a 2mila euro ed iscritti a ruolo entro il 31/12/1999, devono essere automaticamente annullati;
– i ruoli di importo maggiore a 2mila euro, resi esecutivi entro la medesima data del 31/12/99, saranno discaricati da Equitalia e qualsiasi altro agente della riscossione.
L’istanza di rimborso degli agenti della riscossione va presentata entro il 30 settembre 2015, in base ai crediti risultanti al 31 dicembre 2014, al Ministero dell’Economia per i ruoli erariali, e agli enti creditori per le altre somme. La prima rata dei rimborsi è erogata entro il 30 giugno 2016.
Parlare di usura bancaria, mutui, finanziamenti è diventato molto comune negli ultimi anni, ma l’argomento resta di per sé molto complesso. Come verificare se un finanziamento o un mutuo sono usurari? Quando si affronta la questione dell’usura bancaria, fondamentale è far riferimento all’articolo 644 del codice penale, così come riformato dalla L.108/96.
“La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”. L’articolo 644 del codice penale prevede due ipotesi di condotte punibili:
– è reato quando si supera il tasso massimo d’interesse fissato dalla legge;
– è reato anche quando tale tasso non è superato, ma si presta a condizioni sproporzionate rispetto a quelle comunemente praticate. Ma qual è questo limite?
Il limite oltre il quale gli interessi sono da considerare sempre usurari è stabilito dall’art. 2, comma 4, della Legge n. 108/1996.
Il limite, o tasso soglia, è pari al tasso effettivo globale medio (TEGM, rilevato ogni trimestre dalla dalla Banca d’Italia). Prima della modifica normativa, il limite di usurarietà dipendeva dal tasso medio risultante dall’ultima rilevazione trimestrale pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, relativo alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, “aumentato della metà“.
Dopo la riforma, invece, per individuare quel limite, il tasso medio non deve più essere aumentato della metà, bensì “di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali“. Non solo. La nuova definizione legale stabilisce che “la differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali“.
Dunque: la norma che ha modificato e integrato l’art. 644 del codice penale che disciplina l’usura potrebbe avere tutti i requisiti per essere considerata incostituzionale, visto che non impedisce di fatto, alle banche, che sono gli erogatori del credito, di “fare cartello” per garantirsi l’impunità riguardo ai tassi usurari.
In altre parole: il riferimento della legge al tasso medio praticato dalle banche le induce ad accordarsi collettivamente per il rialzo, in modo da elevare esse stesse, per effetto degli accordi stabiliti, la soglia del tasso usurario. Il precedente metodo di calcolo stabiliva di aumentare del 50% il valore del TEGM per ottenere la soglia di usura. Adesso invece il calcolo è leggermente più complesso e il nuovo metodo avvantaggerà gli istituti di credito e le società finanziarie che potranno usufruire di margini più ampi nella determinazione degli interessi passivi da applicare ai prestiti.
La modifica alla norma precedente “legalizzerà” l’usura che teoricamente dovrebbe essere contrastata dall’articolo stesso e che invece, di fatto, la consente.
Approvato disegno di legge dal Senato, secondo cui le banche italiane potranno pagare i propri debiti attingendo dai conti correnti dei cittadini italiani. Il ddl è stato votato dai senatori del Partito democratico , da Forza Italia, dal Nuovo centrodestra democratico e da alcuni senatori del gruppo misto. Sono stati 19 i senatori che si sono astenuti (Lega Nord e Movimento 5 Stelle). Gli unici a votare contro sono stati i senatori Francesco Campanella e Fabrizio Bocchino (Italia lavori in corso) più altri tre fuoriusciti dal Movimento 5 Stelle.
In soldoni: gli istituti che presentano problemi finanziari ed economici, invece di ricorrere a fonti esterne per recuperare le perdite (bail-out), potranno “scaricare” parte delle proprie perdite sui conti correnti dei propri clienti (al di sopra dei centomila euro) e farle pagare agli azionisti e ai creditori non garantiti. Un provvedimento finanziario, volutamente taciuto, probabilmente per evitare la corsa degli italiani a svuotare i conti correnti e a svendere le proprie azioni. Adesso la parola passa alla Camera dei deputati che, se approverà, farà diventare legge dello Stato quella che si profila già come una truffa legalizzata.
Il prelievo dai conti correnti è previsto da una direttiva dell’Unione europea.
Ogni famiglia gestisce dei rapporti con una o più banche. Alcune famiglie, poi, hanno anche posizioni aperte con finanziarie, Equitalia, con compagnie telefoniche. A volte è difficile gestire i conti familiari e domestici, tanto più se succedono degli imprevisti o se il lavoro è altalenante o addirittura si perde del tutto. Ci si espone a un piccolo debito dopo l’altro, perdendo talvolta il controllo della situazione, e ci si ritrova senza la capacità di far fronte all’ammontare dei debiti, che nel frattempo hanno sovrastato ogni possibilità del debitore di estinguerli.
La Legge 3/2012 consente ai singoli cittadini di ridurre o cancellare i debiti contratti con Fisco e creditori. Ci si può rivolgere al tribunale perché li riduca, con un proprio provvedimento. È chiamato “Piano del consumatore” e consente di rinegoziare il proprio debito con i creditori. Possono farlo sia piccoli imprenditori, sia lavoratori dipendenti. Nei mesi scorsi, il tribunale di Busto Arsizio ha permesso a un contribuente, che aveva accumulato una serie di cartelle esattoriali per una morosità di oltre 80mila euro, di restituire meno della metà del suo debito.
Il Piano va presentato al giudice. Se approvato, sono sospesi tutti i pignoramenti, sia quelli in corso sia quelli che in procinto di essere avviati. Il contribuente può sperare di ripartire, sanando completamente i propri i debiti. Non è un percorso semplice, la procedura può essere complessa. Per questo motivo, il debitore deve necessariamente farsi assistere da uno degli organismi di composizione della crisi, con sede nel circondario del Tribunale, dove è residente (organismi di conciliazione presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura), oppure rivolgersi a ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai.
Di seguito, vi forniamo alcuni dei requisiti per accedere al Piano del consumatore:
1) Aver contratto debiti solo per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale svolta;
2) I debiti devono essere così alti da non poter essere risanati con il proprio patrimonio;
3) Il debito non deve essere responsabilità del consumatore, ma dipendere da cause a lui non imputabili. Sarà il giudice a stabilirlo.
4) Si può accedere al piano del consumatore una sola volta ogni cinque anni.
Quanti di voi conoscono l’esistenza del Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura (art. 14)? Probabilmente non in tanti. È un Fondo istituito presso l’ufficio del Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura del Ministero dell’Interno, al quale da alcuni anni può avere accesso anche chi è usurato dalle banche.
Il Fondo di solidarietà offre agli operatori economici, ai commercianti, agli artigiani, ai liberi professionisti che hanno denunciato gli usurai, l’occasione di reinserirsi nell’economia legale. Il Fondo eroga un mutuo senza interessi da restituire in dieci anni, il cui importo è commisurato agli interessi usurari effettivamente pagati e, in casi di particolare gravità, può tenere conto anche di ulteriori danni subiti.
Possono usufruire del Fondo coloro i quali dichiarano di essere vittime di usura e risultano parti offese nel procedimento penale. L’obiettivo è sostenere finanziariamente le vittime dell’usura e spronarle a collaborare con la magistratura, denunciando l’usuraio.
La domanda di concessione del mutuo deve essere presentata al Fondo di Solidarietà per le vittime dell’usura, tramite la Prefettura della provincia, dove è avvenuto il reato, entro 180 giorni dalla data della denuncia dell’usurato. Deve essere corredata da un piano di investimento per il reinserimento dell’usurato nell’economia legale e di un piano di restituzione dell’importo del mutuo. Le domande devono essere presentate o inviate con plico raccomandato con avviso di ricevimento.
La concessione del mutuo è deliberata dal Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura. In caso di documentata necessità, può essere concessa alla vittima dell’usura un’ anticipazione, fino al 50% dell’importo erogabile del mutuo.
Un ex manager bancario racconta le varie irregolarità che i funzionari di banca praticano, rivela i maneggi delle banche a danno del correntista, le spese eccessive caricate sui conti correnti, la moltiplicazione delle commissioni, il ricatto psicologico dietro le richieste di rientro fino al compimento da parte delle banche di vere e proprie truffe come l’anatocismo e l’usura. L’ex bancario, Vincenzo Imperatore, mette a frutto la sua esperienza e pubblica la sua testimonianza nel suo libro “Così le banche imbrogliano il correntista. Io so e ho le prove”, edito da Chiarelettere.
Per vent’anni nelle direzioni operative di alcuni istituti di credito italiani, Vincenzo Imperatore racconta le strategie delle banche a danno del correntista, gli aumenti quasi impercettibili dei tassi che passano inosservati alla maggior parte degli utenti e che invece producono lauti incassi per gli istituti bancari.
Le banche speculano anche sul cosiddetto guadagno “in nero” ottenuto dal cliente attraverso l’evasione fiscale. Al momento della richiesta di un finanziamento proveniente dal cliente, la banca si mostra diffidente. Visiona i bilanci dell’azienda, le dichiarazioni dei redditi per poi stabilire che l’azienda di turno non è ben patrimonializzata. Il cliente, che per lo più è un piccolo o medio imprenditore, oppure un professionista, confessa che lavora un po’ “in nero” e che la dichiarazione dei redditi, così come il bilancio, non fotografano la reale situazione patrimoniale. Il funzionario propone così al cliente di portare in banca questi guadagni extra per investirli in una polizza assicurativa. Se il cliente rifiuta l’allettante proposta, il dipendente si improvvisa buon samaritano e trova la soluzione: il primo anno la polizza sarà finanziata dalla banca. Dunque l’istituto bancario concederà un prestito che potrà coprire anche la polizza. In pratica, la banca spinge il cliente di turno a sottoscrivere la consueta polizza assicurativa ramo vita, da cui gli istituti traggono poi ampi profitti. Racconti come questo, e non solo, troverete nel libro di Vincenzo Imperatore, che ha già all’attivo numerose ristampe.
Molti correntisti hanno un rapporto di fiducia tale con la propria banca che non impiegano il proprio tempo a rileggere i contratti stipulati, anche per via della complessità dei documenti rilasciati, dei caratteri incredibilmente minuscoli, della difficoltà di interpretazione, della poca pratica con il linguaggio legale-bancario delle condizioni generali. Insomma, si fidano. Invece, il meccanismo di frode ai danni dei correntisti che gli istituti di credito sono soliti operare è tecnica ormai rodata. Tutto parte dalla necessità delle banche di rifilare ai propri clienti ogni genere di prodotto: polizze assicurative, derivati, azioni, obbligazioni, soprattutto all’apertura di un mutuo, un fido, un leasing. Ogni pretesto è buono per vendere prodotti bancari, contravvenendo allo spirito proprio degli istituti di credito che dovrebbe essere innanzitutto la raccolta del risparmio e l’erogazione del credito. Le cause avviate da molti imprenditori nei confronti degli istituti di credito sono in continuo aumento.
Nel 2012, al tribunale di Milano, sono state presentate 180 cause contro le banche, nel 2013 sono salite a 1.860 e il trend sembra aumentare ogni anno.
Si può fare causa? Sì. Secondo la giurisprudenza, tutti i costi dei servizi aggiuntivi imposti dalle banche ai clienti si sommano agli interessi praticati col mutuo, per esempio. Risultato: se il totale delle varie polizze, unite ai tassi corrispettivi o moratori, raggiunge la soglia dell’usura, si può andare dal giudice e chiedere di non pagare gli interessi. Ma state attenti e rivolgetevi a dei professionisti: c’è anche il business della difesa del cittadino da cui difendersi.
Avere un conto corrente è ormai, per molti di noi, indispensabile. Vi si ricorre per l’accredito dello stipendio o della pensione, per la domiciliazione delle utenze (bollette luce, gas, telefono e così via), per fare versamenti o prelievi, per eventuali investimenti e al conto corrente sono spesso abbinati strumenti che ormai utilizziamo quotidianamente (bancomat, carta di credito, libretto degli assegni). Ma siamo sicuri di sapere con certezza quanto ci costa questo servizio?
Innanzitutto diffidate dei conti corrente che vi presentano come “a zero spese”. Non è mai così. Il primo costo è l’imposta di bollo che deve essere pagata per aprire il conto corrente. Bisogna poi distinguere tra i conti correnti intestati a persone fisiche, per i quali l’imposta di bollo annuale corrisponde a € 34,20 (ed è a zero per i conti correnti che hanno complessivamente nell’arco dei 12 mesi meno di 5.000 € depositati), e quelli per persone giuridiche la cui somma arriva a € 100. L’altra spesa da non sottovalutare è quella riguardante il massimo scoperto (più semplicemente l’andare in rosso) che in molte banche comporta costi elevatissimi. Quando il Conto Corrente va “In rosso” o “In negativo”, iniziamo a pagare una sorta di interessi e spese, scaturiti da una penale contrattuale, che è arbitraria.
Compito principale delle banche dovrebbe essere quello di custodire i denari del Cliente e mantenerli disponibili quando il cliente ne fa richiesta; che i servizi offerti comportino delle commissioni è comprensibile. Ma che le stesse siano presenti nel contratto che abbiamo sottoscritto, quando abbiamo aperto il Conto Corrente, è doveroso da parte della banca, così come è obbligatorio che ci venga consegnata copia del contratto sottoscritto. Spesso non basta. La banca effettua, durante l’anno, degli addebiti, senza alcun preavviso sui singoli conti corrente, per motivi vari (recupero spese, recupero spese postali, invii corrispondenza, ecc). Come difendersi e avere il controllo del nostro conto corrente?
1) Puoi contestare il contenuto dei calcoli matematici e finanziari contenuti nel tuo estratto conto, che ti arriva a casa o in azienda periodicamente, entro un termine di giorni 60 dal ricevimento (Art. 119 comma 3 T.U.B. Legge 385/93);
2) Puoi richiedere tutti i movimenti del tuo estratto conto bancario degli ultimi 10 anni con una semplice richiesta da inviare per A.R. alla tua banca, ai sensi e per gli effetti dell’Art. 119 comma 4 del T.U.B. La banca è obbligata a rispondere alla tua richiesta entro 90 giorni dal ricevimento.
3) Qualora la banca non rispondesse alla tua richiesta, potrai effettuare un esposto alla Banca d’Italia della tua provincia o citarla a giudizio per la produzione dei documenti, così come previsto dagli Artt. 210 e successivi del Codice di Procedura Civile.
4) Grazie alla Legge Bersani del 4 Agosto 2006 N.248, quando chiudi un Conto Corrente, e quindi risolvi il contratto di somministrazione di cassa e depositi, la banca è obbligata a farti pagare ZERO SPESE.
Non farti fregare, la normativa è dalla tua parte.