Con sentenza del 07 maggio 2014, n. 18778, la Corte Penale di Cassazione ha affrontato il tema della c.d. usura in concreto.

Sul punto si ricorda la distinzione tra la c.d. usura presunta, per la cui integrazione è sufficiente la pattuizione di un tasso di interessi che ecceda il limite del tasso-soglia; e la c.d. usura in concreto, nel qual caso sono espressamente considerati usurari anche gli interessi, pur se inferiori al limite previsto dal tasso-soglia, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni, similari risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria (art. 644, comma 3, secondo periodo, c.p.).

In particolare, con la presente decisione la Cassazione ha affermando i seguenti principi diritto.

Ai fini dell’integrazione dell’elemento materiale della c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) occorre che il soggetto passivo versi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria e che gli interessi (pur inferiori al tasso-soglia usurario ex lege) ed i vantaggi e i compensi pattuiti, risultino, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione.

In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) la “condizione di difficoltà economica” della vittima consiste in una carenza, anche solo momentanea, di liquidità, a fronte di una condizione patrimoniale di base nel complesso sana; la “condizione di difficoltà finanziaria” investe, invece, più in generale l’insieme delle attività patrimoniali del soggetto passivo, ed è caratterizzata da una complessiva carenza di risorse e di beni.

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In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) le “condizioni di difficoltà economica o finanziaria” della vittima (che integrano la materialità del reato) si distinguono dallo “stato di bisogno” (che integra la circostanza aggravante di cui all’art. 644, comma 5, n. 3 c.p.) perché le prime consistono in una situazione meno grave (tale da privare la vittima di una piena libertà contrattuale, ma in astratto reversibile) del secondo (al contrario, consistente in uno stato di necessità tendenzialmente irreversibile, non tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, ma che comunque, comportando un impellente assillo, compromette fortemente la libertà contrattuale del soggetto, inducendolo a ricorrere al credito a condizioni sfavorevoli).

In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) le “condizioni di difficoltà economica o finanziaria” della vittima (che integrano la materialità del reato) vanno valutate in senso oggettivo, ovvero valorizzando parametri desunti dal mercato, e non meramente soggettivo, ovvero sulla base delle valutazioni personali della vittima, opinabili e di difficile accertamento ex post.

In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) il dolo generico, oltre alla coscienza e volontà di concludere un contratto sinallagmatico con interessi, vantaggi o compensi usurari, include anche la consapevolezza della condizione di difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo e la sproporzione degli interessi, vantaggi o compensi pattuiti rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione.

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(lo staff)

Ma che cosa è esattamente un mutuo?oggi ai nostri lettori cerchiamo di spiegare che cosa è un mutuo e che cosa comporta.

Il mutuo è un contratto mediante il quale una parte, detta mutuante, consegna all’altra, detta mutuataria, una somma di denaro o una quantità di beni fungibili, che l’altra si obbliga a restituire successivamente con altrettante cose della stessa specie e qualità.

Si tratta di un contratto reale e può essere sia a titolo gratuito sia a titolo oneroso (detto anche mutuo feneratizio), che si perfeziona con la consegna al mutuatario. È inoltre un contratto tipico la cui nozione è accolta nell’ordinamento giuridico italiano dall’art. 1813 del Codice Civile. La fattispecie regolata dall’art. 1813 è esclusivamente quella del mutuo gratuito, da non confondersi con i mutui finanziari, che possono validamente concludersi con il mero consenso.

Una tra le figure più diffuse nella prassi è il mutuo immobiliare, concesso per soddisfare esigenze di denaro in qualche modo collegate all’acquisto di un bene immobile per compravendita (o, nel caso di fabbricati, anche per costruzione). Il giorno della compravendita, in presenza di acquirente, venditore, e funzionario della banca, il notaio pubblica due atti: il rogito che trasferisce la proprietà dell’immobile, e l’atto di mutuo immobiliare fra banca e acquirente, allegando il piano di ammortamento.

Una particolare forma di mutuo immobiliare è il mutuo fondiario: si tratta di un mutuo immobiliare con particolari caratteristiche di durata (superiore a 18 mesi) e rapporto tra somma mutuata e valore della garanzia (non superiore all’80% secondo la legislazione vigente).

In applicazione della precedente normativa sul credito fondiario, mutuo fondiario poteva venir concesso soltanto da alcuni (pochi) istituti di credito espressamente autorizzati, che svolgevano tale attività in via principale o disponevano al loro interno di una apposita Sezione Autonoma di Credito Fondiario (SACF); in seguito, anche in considerazione della crescente presenza di operatori stranieri sul mercato specifico, tale forma tecnica è stata consentita a tutti gli intermediari finanziari.

In ogni caso, il mercato dei mutui oggettivamente resta pesantemente sbilanciato in favore dei mutuanti (in genere le banche), che propongono i loro prodotti in forma di offerta unilaterale, con scarsissimo margine di negoziabilità da parte del mutuatario in ordine alle condizioni economiche ed alle altre condizioni contrattuali. L’attività di ricerca e mediazione tra banca e cliente viene svolta dal mediatore creditizio. È vero per contro che lo snellimento delle procedure ha consentito la presentazione di una gamma di prodotti di buona articolazione. Essendo contrattualizzato, non è modificabile unilateralmente da una delle parti.

Il mutuo bancario è la forma più diffusa di mutuo ed è quel prestito erogato da un istituto di credito, solitamente per importi di un certo rilievo, contro la prestazione di una garanzia. Il caso tipico è il mutuo richiesto e concesso per agevolare il mutuatario nell’acquisto di un immobile, ma vi sono anche altri tipi di mutuo, distinti per finalizzazione dell’erogazione:

mutuo edilizio, concesso per finanziare la costruzione di un immobile mutuo per ristrutturazione, concesso per finanziare importanti opere di riordino di beni immobiliari mutuo per liquidità, concesso per particolari esigenze di disposizione di ingenti somme di denaro. mutuo chirografario o chirografico, un prestito non vincolato a particolari garanzie, equivale ad un prestito personale se erogato ad un privato, o ad un mutuo a medio termine (pochi anni) se erogato ad una azienda.

Esistono forme di finanziamento agevolato, non necessariamente riferite ad un rapporto di mutuo in senso giuridico, per le quali lo stato o gli enti locali possono prevedere l’applicazione di condizioni favorevoli per consentire l’accesso alla proprietà immobiliare dei nuclei familiari svantaggiati. Queste opportunità sono in genere riferite all’acquisto della prima casa d’abitazione. Le condizioni più frequentemente attinte da queste operazioni riguardano i tassi, la percentuale erogabile sul valore di perizia dell’immobile, la deducibilità degli interessi passivi, i requisiti di reddito richiesti. Talvolta alcuni enti pubblici possono direttamente operare questi finanziamenti (in Italia era ad esempio il caso della Cassa Depositi e Prestiti). Queste forme di finanziamento sono nel parlare comune non di rado confuse nel termine “mutuo”, sebbene da un punto di vista giuridico questa denominazione non sia sempre corretta.

Procedure più consuete di erogazione di mutuo immobiliare
Il contratto di mutuo, fra tutti i contratti tipici, sviluppa una delle più articolate e complesse fasi preparatorie (precontrattuali). Stante una certa libertà consentita alle parti, la sequenza delle azioni che conducono all’erogazione potrebbe variare anche di molto da caso a caso, ma la scaletta più frequentemente riscontrabile si può così riassumere:

Apertura dell’istruttoria: l’aspirante mutuatario presenta la richiesta di concessione di mutuo, indicando tutti i dati tecnici ed economici necessari al mutuante per la valutazione preliminare della domanda e che riguardano tanto l’aspetto soggettivo (condizioni economiche del richiedente) quanto quello finalistico (scopi della richiesta del mutuo – es. acquisto di casa); accessoriamente si produce tutta la documentazione accessoria eventualmente opportuna (compromesso, atto di provenienza del bene da acquistare, documentazione catastale, etc.) Perizia ed altri accertamenti: il bene presentato a garanzia del credito deve essere esaminato da un perito di fiducia del mutuante, il quale deve individuarlo con precisione, descriverne consistenza e caratteristiche giuridiche e tecniche ed indicarne il valore (v.oltre); a seconda dei casi possono svolgersi altri accertamenti, in ordine a particolari situazioni di fatto e di diritto. Il perito, in genere, è un esperto di estimo catastale, e appartiene a una società di servizi o svolge la libera professione. Raramente è dipendente dell’istituto di credito. Chiusura dell’istruttoria: l’istruttoria, a seguito dell’esame di tutte le condizioni economiche e di diritto riguardanti la qualità del soggetto richiedente e della garanzia proposta, si chiude ovviamente con la delibera di concessione ovvero con la mancata concessione; in quest’ultimo caso, si registra che la comunicazione al mutuatario di non accoglimento della domanda è più frequentemente trasmessa in modo del tutto informale e che la maggior parte delle istruttorie non andate a buon fine non hanno una chiusura formale. Atto di mutuo: con l’atto di mutuo (che per i casi di compravendita è in genere erogato contemporaneamente all’atto di compravendita) il contratto entra in pieno effetto, il mutuante consegna il capitale erogato al mutuatario che e vengono eseguite le formalità relative alla garanzia prestata, che può essere fornita dal mutuatario o da terzi (iscrizione di ipoteca). In precedenza si avevano per prassi due atti di mutuo per ciascuna pratica: il primo, detto “atto condizionato” sanciva con una certa approssimazione le condizioni contrattuali che sarebbero state applicate, mentre il secondo, detto “atto definitivo”, perfezionava l’operazione con una virtuale (ma formalmente valida) posterità rispetto al contratto di compravendita immobiliare cui l’operazione di mutuo si legava. Nel tempo intercorrente, fra la delibera e la stipula del mutuo, il richiedente ha facoltà di optare per un prodotto differente con la stessa banca o di rinunciare al mutuo stesso, rimborsando una parte delle spese di perizia e di istruttoria all’istituto di credito.

I preventivi rilasciati prima di iniziare l’istruttoria non sono vincolanti per la banca, che dopo la delibera potrebbe applicare spread e spese accessorie differenti.

Il rimborso della somma mutuata avviene, generalmente, secondo un piano di ammortamento concordato con il mutuatario. Tale piano può prevedere sia il rimborso del prestito a rate posticipate decrescenti, comprensive di quote di capitale costanti e quote di interessi decrescenti pagate sul residuo del debito, sia il rimborso a rate posticipate costanti, comprensive di quote di capitale crescenti e di quote di interesse decrescenti.

La scadenza delle rate è convenuta fra le parti, anche se spesso si tratta di semplice adesione a condizioni generali non negoziabili dell’istituto di credito, quindi può essere mensile, bimestrale, trimestrale, semestrale o annuale, ma anche intervalli diversi possono essere liberamente convenuti.

La scadenza delle rate non necessariamente coincide con le scadenze di capitalizzazione, alle quali (specialmente per i tassi indicizzati) si ricalcola l’ammontare del debito e si aggiorna conseguentemente il piano d’ammortamento.

Determinazione dell’interesse dovuto
Il tasso d’interesse applicato è determinato in funzione di alcuni fattori come il rischio soggettivo connesso alle caratteristiche economiche del mutuatario, ma in genere fa più diretto riferimento a politiche economiche generali dell’istituto mutuante ed in ogni caso dipende dal costo di provvista, cioè al costo al quale il mutuante acquista il denaro da impiegare nell’operazione.

Mutui a tasso fisso e variabile
I mutui e piani di ammortamento si distinguono in prestiti a tasso fisso e a tasso variabile. Con i mutui a tasso fisso, il cliente corrisponde sempre lo stesso interesse alla banca per tutta la durata del mutuo, mentre a tasso variabile pagherà in base all’andamento mensile dei tassi di interesse.

Il tasso fisso è vantaggioso per il cliente se l’interesse dei prestiti sale al di sopra di quello (invariato nel tempo) del proprio mutuo.
Il tasso variabile espone al rischio di arrivare ad una rata sensibilmente più alta di quella iniziale se i tassi salgono, rata che potrebbe compromettere la capacità di rimborso del cliente. A parziale attenuazione di tale rischio di insolvenza, esistono forme particolari di mutuo a tasso variabile:

mutuo con “interest cap”, detti anche mutui “capped rate”, ossia un tasso variabile con una soglia massima che comunque non può essere superata, per cui è nota fin dall’inizio la massima rata che il cliente può trovarsi a pagare; mutuo a tasso misto con opzione: consente al cliente se scegliere di passare da tasso fisso a variabile o viceversa, noto al momento della stipula del contratto, a una cadenza di tempo prefissata (ogni 3, 5 anni, etc.). Ad ogni rinegoziazione sarà calcolato l’interesse in base all’Euris o Euribor, se si passa al tasso fisso, maggiorati di uno spread che è indicato nel contratto; mutui a tasso bilanciato: l’interesse è una media pesata di tasso fisso e variabile (ossia Euris e Euribor), secondo un mix deciso dal cliente (50-50%, 60-40% etc.); mutuo a rata fissa e durata variabile. Se il tasso d’interesse diminuisce, il tempo di ripagamento sarà più breve. In caso di aumento della quota interessi, l’orizzonte temporale del mutuo cresce di conseguenza; mutui a tasso misto rinegoziabile dopo un certo numero di anni.

Queste tipologie di mutuo possono essere denominate in valuta nazionale oppure in valuta estera. Se il mutuo è erogato in valuta estera, il richiedente riceve una somma in euro e dovrà restituire un debito residuo calcolato in base al cambio fra le due valute nel giorno dell’erogazione. L’ammontare di ogni rata in valuta estera è noto in base al mutuo concordato, mentre l’equivalente in euro è ricalcolato ogni mese in base al cambio corrente con la valuta straniera. I cambi in valuta estera sono soggetti al rischio di cambio, legato a una forte volatilità.

Il cliente sceglie ammontare del capitale, durata del mutuo e tasso fisso o variabile, e il mutuatario calcola di conseguenza l’interesse da applicare. Spesso, non si considera il rischio specifico d’investimento: se le garanzie offerte dal cliente non sono sufficienti o sono al di sotto della media per prestiti di analoga durata e importo, è semplicemente negato l’accesso al credito.

Il tasso, principale ma davvero non unica condizione economica del contratto, non è in genere oggetto di negoziato, ed è quindi tipicamente determinato dal mutuante; al mutuatario resta la scelta, ove possibile, fra le varie offerte del mercato, ma le differenze, spesso calcolabili in pochi decimali di tasso annuo nominale, potrebbero essere di ardua comparazione quando versate al tasso annuo effettivo globale; da molte parti si è sostenuto che l’attuale regolamentazione della materia non evita una marcata difficoltà di approccio da parte dell’ordinario consumatore.

Il tasso di interesse è generalmente calcolato come somma di un indice di riferimento, dello spread o percentuale di guadagno della banca e di un eventuale maggiorazione-premio di rischio, legato alla singola persona fisica o giuridica che richiede il prestito. Quindi, è l’Eurirs o Euribor più lo 0.5-1% di spread per l’istituto di credito.

La banca, in realtà, non guadagna solo sullo spread, ma, in misura più rilevante, dalla differenza fra il tasso di sconto e l’indice di riferimento. La banca “compra” dalla Banca centrale il denaro al tasso di sconto e lo “rivende” a un interesse pari all’EurIRS-Euribor (più spread).

Gli indici cui si applica uno spread non indicano quanto il denaro costa alla banca, sono una media degli interessi pesata sull’ammontare dei prestiti denominati in una certa valuta, e quindi calcolati in un mercato di riferimento (quello europeo, per la valuta euro).

In questo modo, si riducono le possibilità di arbitraggio e speculazione sui tassi di interesse. Tuttavia, si crea un cartello bancario di fatto, dato che si applicano i medesimi tassi a meno di uno spread, variabile da un istituto all’altro.

La variabilità dello spread in percentuale sui tassi può essere alta (1% di spread su 4% di tasso significa un 25%), ma non quanto quella garantita da una vera concorrenza.

Essendo poi i mutui indicizzati all’EurIRS o all’Euribor e non al tasso di sconto, non sono immediati gli effetti della politica monetaria delle Banche Centrali. Una variazione del tasso di sconto agli istituti di credito può tradursi con ritardo, o proprio non dare seguito, a una variazione dei tassi di mercato.

Sconti sullo spread
Alcuni istituti di credito praticano uno sconto sullo spread, se il rapporto fra rata e reddito è inferiore al 30%, e un ulteriore sconto se il rapporto fra ammontare del mutuo e valore dell’immobile è inferiore al 100%.

Queste condizioni garantiscono una tutela per la banca: la prima in merito a una maggiore capacità di rimborso e solvibilità del cliente; la seconda, in caso di svalutazione dell’immobile in garanzia, avendo la banca prestato meno dell’80-90% del suo valore di acquisto.

Le garanzie
Gli istituti di credito domandano, come detto, la formalizzazione di una valida garanzia a quanti richiedono un mutuo.

Le forme di garanzia delle quali possono avvalersi gli istituti di credito sono:

ipoteca; fideiussione; cambiale ipotecaria; polizze assicurative contro incendio e scoppio, sulla vita, contro il rischio di disoccupazione; opzioni put contro il negative equity, rischio di svalutazione dell’immobile.

La garanzia comporta solitamente l’iscrizione di una ipoteca (al grado più elevato disponibile) sul bene che verrà acquistato col mutuo o su eventuali altri beni di proprietà del richiedente o di terze parti che si fanno da garanti per suo conto tramite una fideiussione.

L’ipoteca è opponibile ai terzi dalla data in cui il notaio la iscrive presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari e può avere una durata massima di vent’anni dalla data di iscrizione. Con l’estinzione del debito, il mutuatario (o comunque il proprietario del bene ipotecato) ha titolo per richiedere la cancellazione dell’ipoteca; ordinariamente il mutuante fornisce un semplice documento certificante il suo “assenso a cancellazione”. Va detto che, venuta meno la causa dell’ipoteca (perché il debito sia nel frattempo stato onorato), la cancellazione non è fattualmente di grande utilità: l’ipoteca deprivata di funzione di garanzia (ipoteca perenta) non produce effetti di sorta, salvo nel caso che se ne debba iscrivere un’altra.

Nel caso che nel corso del rapporto le garanzie vengano meno (ad esempio a causa di perimento dell’immobile) o ne diminuisca il valore, l’istituto di credito ha in genere facoltà di richiedere un reintegro delle garanzie, nella forma di nuovi beni da ipotecare, fideiussioni, o restituzioni parziali di debito (una revoca parziale del prestito), a seconda di quanto previsto nel contratto principale di mutuo, che può – ove convenuto – prevedere anche l’applicazione della clausola risolutiva espressa e la rescissione del contratto di mutuo.

Generalmente, gli istituti di credito non accettano le azioni come garanzia di un mutuo, in quanto le stesse sono utilizzabili dalle società emittenti come garanzia su pegno per ottenere liquidità per operazioni di fusione o acquisizione. Un pool di banche finanzia un prestito che viene garantito con le azioni del beneficiario: se non viene pagato a scadenza, l’opzione convertendo consente alle banche di trasformare il debito in azioni di proprietà di pari importo.

La dazione di ipoteca
L’ipoteca a garanzia del credito deve essere iscritta su un bene immobile che può essere di proprietà:

del mutuatario, se il bene era già suo e se continuerà ad esserlo (ad esempio per i mutui di ristrutturazione o per liquidità); dell’alienante, se il bene è in compravendita, perché se l’erogazione del mutuo condiziona il perfezionamento della compravendita (in modo che la proprietà del bene non possa essere trasferita se non con l’ausilio del mutuante), nel momento in cui si deve iscrivere l’ipoteca il bene è ancora di proprietà dell’alienante, il quale dovrà per questo costituirsi “terzo datore di ipoteca”, cioè dare un assenso (condizionato ai fini del perfezionamento della compravendita) all’iscrizione della stessa; di un altro soggetto, detto appunto “terzo datore di ipoteca” (non necessariamente il fideiussore), se il mutuante vi conviene.

Normalmente, il bene ipotecato viene periziato e iscritto a un valore pari a 1.5 – 2 volte il prezzo di acquisto dell’immobile. Il valore economico dell’ipoteca, aggredibile dal creditore con il pignoramento e la vendita all’asta, non dovrebbe superare l’importo del mutuo, ovvero del debito residuo.

Il bene può essere valorizzato in diversi modi, in particolare in base ai prezzi correnti di mercato, o al prezzo che si ipotizza che l’immobile avrà in futuro al termine del pagamento del mutuo. Quest’ultimo criterio è diffuso negli Stati Uniti.

Una forma alternativa di garanzia, sempre però collegata ad un vincolo ipotecario, è costituita dalla cambiale ipotecaria.

L’iscrizione ipotecaria non preclude il pieno godimento dei diritti di proprietà del mutuatario. Con la stipula del rogito notarile, il mutuatario è proprietario dell’immobile a tutti gli effetti di legge. Ha quindi diritto di dare in locazione, sublocazione o vendere un immobile, anche se questo è ipotecato.

In caso di vendita, o l’acquirente procede a un accollo del mutuo, oppure il venditore è tenuto a estinguere il debito residuo con la banca.

Gli oneri per l’anticipata estinzione e l’opponibilità dell’accollo da parte degli istituti di credito limitavano fortemente l’esercizio dei diritti costituzionali di proprietà, su beni ipotecati.

Iscrizione e consolidamento dell’ipoteca
L’immobile non è gravato da ipoteca il giorno stesso della stipula del rogito. Il notaio può iscrivere l’ipoteca in Conservatoria il giorno stesso del rogito, ma per essere insensibile al fallimento dell’acquirente deve attendere un periodo di tempo per il suo consolidamento.

Per i mutui fondiari, il periodo di consolidamento è abbreviato a 10 giorni rispetto ai termini ordinari previsti dalla legge fallimentare. Dopo 10 giorni dalla data dell’iscrizione, l’ipoteca si consolida automaticamente e la garanzia non è più soggetta all’eventuale fallimento dell’acquirente/mutuatario pubblicato in data successiva. Il notaio controlla che non vi siano fallimenti del soggetto mutuatario o altre iscrizioni ipotecarie precedenti e comunica per iscritto alla banca che l’ipoteca è consolidata e prima in grado.

Erogazione del mutuo
L’erogazione del mutuo può essere contestuale o differita, rispetto alla data del rogito. Se l’erogazione è differita, la banca si riserva un tempo che per legge non può andare oltre il consolidamento dell’ipoteca.

Il consolidamento dell’ipoteca comporta che la banca mutuante potrebbe non erogare la somma finché l’ipoteca non è consolidata. Solo allora diventa insensibile al fallimento del mutuatario.

Il rogito ufficializza un passaggio di proprietà. Il giorno della stipula, con la firma del vecchio proprietario, l’acquirente diviene proprietario a tutti gli effetti di legge. La banca del mutuatario può accollarsi il rischio di erogare il mutuo, prima del consolidamento dell’ipoteca; diversamente, il proprietario accetta un passaggio di proprietà senza avere l’intero ammontare del prezzo di acquisto.

In caso di erogazione contestuale, il funzionario della banca del mutuatario porta presso il notaio un assegno circolare ovvero denaro contante pari all’importo del mutuo.

In caso di erogazione differita, il venditore può cautelarsi facendo sottoscrivere all’acquirente un ordine di bonifico irrevocabile per il conto e la banca da lui indicati, depositato presso il notaio. Consolidata l’ipoteca, il notaio trasmetterà il certificato dell’avvenuto consolidamento e il bonifico al funzionario di banca dell’acquirente che provvederà al versamento.

Il bonifico può portare la data del rogito o successiva, fino a quella del previsto consolidamento dell’ipoteca.

Dopo la concessione del mutuo, il mutuatario ha a disposizione questi strumenti:

Rinegoziazione con la banca Surrogazione presso altra banca Sostituzione del mutuo: estinto il vecchio mutuo, si iscrive una nuova ipoteca con un differente piano di mutuo, con la stessa banca e/o immobile o differenti. Accollo: cambia il nome del mutuatario, resta invariato l’immobile oggetto di ipoteca e ovviamente non cambia la banca.

L’accollo è un caso di sostituzione del precedente debitore con un nuovo debitore che si assume il debito verso la banca. Normalmente ciò avviene quando si acquista un immobile ipotecato a garanzia di debito bancario. L’acquirente paga parte del prezzo della compravendita accollandosi il mutuo del venditore. In sostanza diventa il nuovo debitore della banca alle stesse condizioni del precedente per la somma residua. Conseguentemente non si paga alcunché alla banca a titolo di spese di istruttoria, di perizia o altro e neppure al notaio salvo la parcella per la compravendita. Ovviamente però non cambiano le condizioni di mutuo (tasso d’interesse e altro) convenute tra la banca e il venditore/precedente mutuatario.

Per i mutui a tasso variabile la differenza con le condizioni correnti non è sensibile, almeno in termini di interesse, e l’accollo potrebbe essere un’opzione utile per entrambe le parti.

Se le condizioni di mercato sono molto diverse da quelle del mutuo, in particolare per l’interesse applicato, una delle due controparti opterà per la stipula di un mutuo ex novo.

Prefinanziamento e preammortamento
Fra l’erogazione del mutuo e il decorrere della prima rata di pagamenti intercorre un periodo, durante il quale il mutuatario può essere chiamato a pagare gli interessi per la somma erogata.

Se il mutuo è garantito da un’ipoteca, il cliente pagherà gli interessi in base al tasso capitale pattuito con la banca.

Se l’erogazione precede la data del rogito, il cliente beneficia di un’apertura di credito senza garanzie reali, di un prefinanziamento, per il quale gli interessi applicati potrebbero essere più elevati.

Durante il periodo di pre-ammortamento o di prefinanziamento, il mutuatario paga solo interessi, senza estinguere il debito.

Il preammortamento ha in genere una durata variabile da uno a due mesi.

Preammortamento tecnico e prefinanziamento non sono calcolati nell’Indicatore Sintetico di Costo. Offerte all’apparenza molto vantaggiose, a volte “nascondono” dei costi come prefinanziamento.

In caso di surroga del mutuo, il prefinanziamento è escluso, e il preammortamento tecnico può essere al massimo di alcune settimane, pari a quelle intercorrenti fra l’atto notarile e l’inizio del mese successivo. Se, ad esempio, surrogo il 14 gennaio dalla banca A a B, e pago le rate a inizio mese ad A, pagherò l’intera rata a inizio gennaio (capitale più interessi), la banca A restituirà al cliente sottraendoli al debito residuo gli interessi dal 15 al 30 Gennaio, e pagherò a B un preammortamento dal 16 al 30, mentre dal 1º febbraio scatterà la prima rata con la nuova banca (sia che venga pagata a inizio mese che il 28 febbraio). La surroga comporta che non sia interrotto il piano di rimborso delle rate, per cui il nuovo istituto non potrà applicare né un mese di preammortamento tecnico, né un prefinanziamento per un periodo più lungo.

Preammortamento tecnico
Il preammortamento tecnico è il periodo che decorre dall’erogazione del mutuo al primo giorno del mese successivo. La rata decorre dal primo giorno del mese successivo alla data di stipula del rogito. Ad esempio, per un rogito con erogazione contestuale del mutuo al 15 settembre, la rata decorrerà dal 1º ottobre. Il mutuatario pagherà un preammortamento di 15 giorni, di soli interessi.

Alcuni istituti applicano, in ogni caso, un periodo di un mese, in aggiunta al preammortamento tecnico. Se, ad esempio, il rogito è firmato il 30 settembre, la rata non decorre dal 1º ottobre con un solo giorno di preammortamento, ma dal 1º novembre.

Durata del preammortamento
Non esiste un limite legale alla durata del preammortamento. In alcuni prodotti finanziari, il preammortamento può durare anni, per una scelta del cliente, o come condizione contrattuale.

Nei mutui con rimborso flessibile, il cliente può optare per una rata più bassa, di soli interessi, scegliendo quando iniziare e sospendere l’estinzione del debito.

Negative equity
Il termine “negative equity” è in riferimento alla svalutazione del mercato immobiliare, talora associata ad una svalutazione della moneta in generale. In entrambi i casi, il capitale e gli interessi da rimborsare restano invariati, non essendo indicizzati all’inflazione e al potere di acquisto reale della moneta. Può accadere, allora, che il valore del bene ipotecato, che viene nuovamente stimato a prezzi correnti di mercato, sia in quel momento inferiore al capitale prestato che dovrebbe garantire. Di questo rischio il perito estimatore che redige la perizia in base alla quale la banca eroga il mutuo, tiene direttamente debito conto nella sua valutazione, oppure l’istituto di credito applica dei correttivi di valore che tengano conto dei rischi connessi. Per questa ragione, l’immobile è solitamente valutato nella ipotetica condizione di occupazione (locazione) e in stato di manutenzione tale da richiedere ristrutturazione, quale che ne sia lo stato effettivo reale.

Diversamente dal pegno e da altre forme di erogazione del credito, le condizioni contrattuali di un mutuo non vengono modificate con la stessa facilità. Se la garanzia perde valore, perciò, la banca non può chiedere di reintegrarla con l’ipoteca su altri beni, se questo obbligo a carico del mutuatario non era stato previsto nel contratto principale.

In caso di mancato reintegro o dell’impossibilità di chiederlo, la banca può chiedere una restituzione parziale del capitale prestato, in tempi brevi.

In caso di insolvenza, il creditore può aggredire i beni oggetto di ipoteca, eventuali fideiussioni e altri beni di proprietà dell’intestatario del mutuo.

La risoluzione espressa del contratto o la modifica delle condizioni contrattuali sono talora considerate come una pratica vessatoria nei confronti dei clienti, perché non dovrebbe valere per cause di forza maggiore. La svalutazione dell’immobile dipende dall’andamento del mercato, da cause esogene rispetto ad un corretto comportamento del cliente, e non rappresentano quindi una forma di sua negligenza contrattuale, tale da giustificare variazioni unilaterali da parte dell’istituto di credito.

La svalutazione delle garanzie è parte di un rischio di impresa a carico dei mutuanti, che è loro onere coprire.

Negli Stati Uniti, è diffusa la stipula di opzioni put che danno il diritto alla banca a incassare il debito residuo del mutuo dietro cessione del credito e della garanzia ipotecaria. Si tratta di una riassicurazione per l’intero importo del mutuo.

In base alla precedente interpretazione del negative equity, è molto bassa la possibilità di un’azione di recupero del credito con i pignoramenti, per cui la banca si tutela in modo diverso, con delle cessioni “pro soluto” dei crediti in potenziale difficoltà di rimborso.

Il negative equity ha un secondo effetto, anche nei confronti dei mutuatari che riescono a pagare regolarmente le rate. Il cliente non può vendere l’immobile perché i prezzi non gli consentono di ripagare il debito residuo, l’affitto dell’immobile non copre l’intera rata del mutuo, il suo reddito non gli permette di pagarsi un’altra sistemazione e pagare il saldo della rata. Il mutuatario è in pratica “immobilizzato” in una casa di sua proprietà.

L’accollo del mutuo può risolvere a volte questo problema. L’acquirente accetta di pagare l’immobile “in conto capitale” al di sopra dei prezzi di mercato, accollandosi il mutuo, in cambio di una quota interessi molto più basse, grazie alle condizioni più vantaggiose di un mutuo stipulato 10-20 anni prima.

Inadempimento del mutuatario
A seconda delle condizioni contenute nel contratto di mutuo, nel caso di mancato o ritardato pagamento di un dato numero di rate, la banca è autorizzata a richiedere al cliente la restituzione dell’intero debito residuo (con relativi interessi), da effettuarsi entro un termine stabilito in atto; in caso di inadempienza, ha in genere titolo ad agire per la riscossione del debito, procedendo al pignoramento ed alla vendita all’asta del bene eventualmente ipotecato.

Se l’asta è al maggior offerente, il ricavato dalla vendita serve a rimborsare la lista di creditori chirografari e non. L’eventuale somma residuale eccedente i debiti (con interessi) viene restituita al debitore, in proporzione alla nuda proprietà e all’usufrutto dell’immobile.

Le rate precedentemente pagate vengono trattenute dalla banca e vanno ad integrare il ricavato dell’asta per ricostituire il capitale prestato.

Per oggi finiamo qua la prossima settimana esporremo notizie sull estinzione anticipata,le polizze assicurative,i decreti legislativi.

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(lo staff)

“Le circolari e le istruzioni della Banca d’Italia non rappresentano una fonte di diritti e obblighi e nella ipotesi in cui gli istituti bancari si conformino ad una erronea interpretazione fornita dalla Banca d’Italia in una circolare,non può essere esclusa la sussistenza del reato…Le circolari o direttive,ove illegittime e in violazione di legge,non hanno efficacia vincolante per gli istituti bancari sottoposti alla vigilanza di Bankitalia,neppure quale mezzo di interpretazione”

Basta questo richiamo per percepire la distanza che separa alcuni orientamenti della Corte di Cassazione dalle indicazioni fornite agli intermediari dalla vigilanza.
Non solo a proposito di usura sopravvenuta (intervenuta,cioè,dopo la stipulazione del contratto),ma,ad un esempio,anche a proposito della corretta rivelazione degli interessi di mora,oppure del computo complessivo e annualizzato di tutti gli oneri,diversi dagli interessi,connessi all’erogazione del credito.

Dopo la conferma arrivata nel gennaio 2013 dalla cassazione,anche Banca d’Italia,con la nota del 3 luglio,ha precisato che gli interessi di mora sono soggetti alla normativa anti-usura.
Ma,a differenza dell Suprema Corte,ne ha esclusa la rilevanza ai fini dell’usura originaria( al momento cioè della definizione contrattuale,quando gli interessi sono promessi o comunque convenuti),con la motivazione che non sono dovuti al momento dell’erogazione del credito ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente.

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Il problema sorge,inoltre,perchè nel rivelare trimestralmente i tassi effettivi globali ,Bankitalia ha disposto l’esclusione degli interessi di mora contrattualizzati,con la conseguenza che i tassi medi e i tassi soglia pubblicati non li considerano. L’immediato confronto con i tassi effettivamente applicati,quindi,è disomogeneo. Ed è per questo che la vigilanza,nei controlli sugli intermediari,in presenza di interessi moratori,utilizza come criterio quello di aumentare i teg medi pubblicati di 2,1 punti percentuali,per poi determinare i tassi soglia su tale importo.

Si tratta di una maggiorazione risultante da un’indagine campionaria condotta nel 2002 che viene da anni riportata nei decreti trimestrali del Mef.

Il corto circuito fra Banca d’Italia e Mef,da una parte,e normativa sull’usura e Cassazione,dall’altra,si completa poi con l’obbligo per banche e intermediari,disposti dai decreti trimestrali Mef di verificare l’usurarietà dei tassi applicati sulla base degli stessi criteri tecnici di calcolo disposti della specifiche istruzioni impartite da Bankitalia.

Dopo tutte queste problematiche sugli interessi di mora e la stipula di mutui,cosa succede?che le famiglie non spendono,in un anno restano in banca 15 miliardi,la liquidità degli istituti è diminuita e con essa i finanziamenti al settore privato. E uno degli effetti della crisi economica è stato bloccare i consumi e il disgelo è ancora lontano da venire,come hanno mostrato dati recenti di vendita tra gennaio e marzo 2014.

Con la recessione,le famiglie non spendono più ma preferiscono lasciare in banca 15 miliardi in un anno,nello stesso lasso di tempo nel quale crollo di 25,8 miliardi la liquidità degli istituti di credito,che hanno aumentato di 37,7 miliardi gli investimenti in titoli di stato.

Ci sono comunque dei fenomeni preoccupanti,da una parte l’aumento delle riserve delle famiglie che preferiscono risparmiare il più possibile,ma cosi facendo riducono drasticamente i consumi con inevitabili ricadute negative sulle possibilità di ripresa delle aziende italiane,costrette a fare i conti con una domanda in calo e quindi a ridurre la produzione con tutte quello che ne consegue sul versante dell’occupazione.
Dall’altro lato,vediamo come le banche,che hanno ridotto i prestiti di 30,5 miliardi al settore privato in un anno,spostano la liquidità in assetti sicuri,invece di finanziare imprese e famiglie,mettono i soldi in titoli di stato,con guadagni facili e sicuri,ma basati su un progetto di basso profilo.

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(lo staff)

In questi giorni parleremo in maniera dettagliata,e cercheremo di essere il più semplice possibile,del MUTUO con tutte le sue sfumature e dettagli.

Il mutuo è un contratto mediante il quale una parte,detta mutuante,consegna all’altra,detta mutuataria,una somma di denaro o una quantità di beni fungibili,che l’altra si obbliga a restituire successivamente con altrettante cose della stessa specie e qualità.

Si tratta di un contratto reale e può essere sia a titolo gratuito si a titolo oneroso,che si perfeziona con la consegna la mutuatario.E’ inoltre un contratto tipico la cui nozione è accolta nell’ordinamento giuridico italiano dall’art 1813 del Codice Civile.La fattispecie regolata dell’art 1813 è esclusivamente quella del mutuo gratuito,da non confondersi con i mutui finanziari,che possono validamente concludersi con il mero consenso.

Una tra le figure più diffuse nella prassi è il mutuo immobiliare,concesso per soddisfare esigenze di denaro in qualche modo collegate all’acquisto di un bene immobile per compravendita o per costruzione.Il giorno della compravendita,in presenza di acquirente,venditore,e funzionario della banca,il notaio pubblica due atti:il rogito che trasferisce la proprietà dell’immobile,e l’atto di mutuo immobiliare fra banca e acquirente,allegando il piano di ammortamento.
Una particolare forme di mutuo immobiliare è quello fondiario:si tratta di un mutuo con particolari caratteristiche di durata,superiore a 18 mesi e rapporto tra somma mutuata e valore della garanzia,non superiore all’80% secondo la legislazione vigente.

In applicazione della precedente normativa sul credito fondiario,mutuo fondiario poteva venir concesso soltanto da alcuni istituti di credito espressamente autorizzati,che svolgevano tale attività in via principale o disponevano al loro rientro di una apposita sezione autonoma di credito fondiario;in seguito,anche in considerazione della crescente presenza di operatori stranieri sul mercato specifico,tale forma tecnica è stata consentita a tutti gli intermediari finanziari. In ogni caso,il mercato dei mutui oggettivamente resta pesantemente sbilanciato in favore dei mutuanti,che propongono i loro prodotti in forma di offerta unilaterale,con scarso margine di negoziabilità da parte del mutuatario in ordine alle condizioni economiche ed alle altre condizioni contrattuali.L’attività di ricerca e mediazione tra banca e cliente viene svolta dal mediatore creditizio.

E’ vero per contro che lo snellimento delle procedure ha consentito la presentazione di una gamma di prodotti di buona articolazione. Essendo contrattualizzato,non è modificabile da una delle parti.

IL MUTUO BANCARIO:

Questo tipo di mutuo è la forma più diffusa,ed è quel prestito erogato da un istituto di credito,solitamente per importi di un certo livello,contro la prestazione di una garanzia.Il caso tipico è il mutuo richiesto e concesso per agevolare l’acquisto di un immobile,ma vi sono anche altri tipi di mutuo,distinti per finalizzazione dell’erogazione:

-MUTUO EDILIZIO,per finanziare la costruzione di un immobile -MUTUO PER RISTRUTTURAZIONE,concesso per opere di riordino di beni immobiliari -MUTUO PER LIQUIDITà,concesso per particolari esigenze di disposizione di ingenti somme di denaro

-MUTUO CHIROGRAFARIO,un prestito non vincolato a particolari garanzie,equivale ad un prestito personale se erogato ad un privato,o ad un mutuo a medio termine se erogato ad una azienda.

Esistono forme di finanziamento agevolato,non necessariamente riferite ad un rapporto di mutuo in senso giuridico,per le quali lo stato o gli enti locali possono prevedere l’applicazione di condizioni favorevoli per consentire l’accesso alla proprietà immobiliare dei nuclei familiari svantaggiati.Queste opportunità sono in genere riferite all’acquisto della prima casa.Le condizioni più frequentemente attinte da queste operazioni riguardano i tassi,la percentuale erogabile sul valore di perizia dell’immobile,la deducibilità degli interessi passivi,i requisiti di reddito richiesti.Talvolta alcuni enti pubblici possono direttamente operare questi finanziamenti.Queste forme di finanziamento sono nel parlare comune non di rado confuse nel termine mutuo,sebbene da un punto di vista giuridico questa denominazione non sia sempre corretta.

Il contratto di mutuo,fra tutti i contratti tipici,sviluppa una delle più articolate e complesse fasi preparatorie.Stante una certa libertà consentita alle parti,la sequenza delle azioni che conducono all’erogazione potrebbe variare anche di molto da caso a caso,ma la scelta più frequente si riassume cosi:

-APERTURA ISTRUTTORIA:si presenta la richiesta di concessione di mutuo. -PERIZIA ED ALTRI ACCERTAMENTI:il bene presentato a garanzia del credito deve essere esaminato da un perito. -CHIUSURA DELL’ISTRUTTORIA:a seguito dell’esame di tutte le condizioni economiche,si chiude con la delibera di concessione o meno del credito.

-ATTO DI MUTUO:con il contratto di mutuo il tutto entra in pieno effetto,si consegna il capitale e vengono eseguite le formalità.

I preventivi rilasciati prima di iniziare l’istruttoria non sono vincolanti per la banca,che dopo la delibera potrebbe applicare spread e spese accessorie differenti.

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Il rimborso della somma mutuata avviene,generalmente,secondo un piano di ammortamento concordato con il mutuatario.Tale piano può prevedere sia il rimborso del prestito a rate posticipate decrescenti,comprensive di quote capitali costanti e quote interessi decrescenti pagate sul residuo del debito,sia il rimborso a rate posticipate costanti,comprensivo di quote capitali crescenti e di quote di interessi decrescenti.

La scadenza delle rate è convenuta fra le parti,anche se spesso si tratta di semplice adesione a condizioni generali non negoziabili dell’istituto di credito,quindi può essere mensile,bimestrale,trimestrale,semestrale o annuale,ma anche intervalli diversi possono essere liberamente convenuti.

La scadenza delle rate non necessariamente coincide con le scadenze di capitalizzazione,alle quali si ricalcola l’ammontare del debito e si aggiorna conseguentemente il piano d’ammortamento.

MUTUI A TASSO FISSO O VARIABILE:

I mutui e i piani di ammortamento si distinguono in prestiti a tasso fisso e a tasso variabile.Con i mutui a tasso fisso il cliente corrisponde sempre lo stesso interesse alla banca per tutta la durata del mutuo,mentre a tasso variabile pagherà in base all’andamento mensile dei tassi di interesse.

Il tasso fisso è vantaggioso per il cliente se l’interesse dei prestiti sale al di sopra di quello del proprio mutuo.
Il tasso variabile espone al rischio di arrivare ad una rata sensibilmente più alta di quella iniziale s i tassi salgono rata che potrebbe compromettere la capacità del rimborso del cliente. A parziale attenuazione di tale rischio di insolvenza,esistono forme particolari di mutuo a tasso variabile:

-con interest cap,ossia a tasso variabile con una soglia massima che comunque non può essere superata,per cui è nota fin dall’inizio la massima rata che cliente può trovarsi a pagare. -a tasso misto con opzione:consente di passare da fisso a variabile con una cadenza di tempo prefissata -a tasso bilanciato:l’interesse è una media pesata tra fisso e variabile

-rata fissa e durata variabile:se il tasso diminuisce,il tempo di ripagamento sarà più breve.

Queste tipologie di mutuo possono essere denominate in valuta nazionale oppure in valuta estera.Se il mutuo è erogato in valuta estera,il richiedente riceve una somma in euro e dovrò restituire un debito residuo calcolato in base al cambio fra le due valute nel giorno dell’erogazione.L’ammontare di ogni rata in valuta estera è noto in base al mutuo concordato,mentre l’equivalente in euro è ricalcolato ogni mese in base al cambio corrente con la valuta straniera.I cambi in valuta estera sono soggetti al rischio di cambio,legato ad una forte volatilità.

Il cliente sceglie l’ammontare del capitale,durata del mutuo e tasso fisso o variabile,e il mutuatario calcola di conseguenza l’interesse da applicare.Spesso,non si considera il rischio specifico di investimento:se le garanzie offerte dal cliente non sono sufficienti o sono al di sotto della media per prestiti di analoga durata e importo,è semplicemente negato l’accesso al credito.
I tasso ,principale ma davvero non unica condizione economica,non è in genere oggetto di negoziato,ed è quindi tipicamente determinato dal mutuante;al mutuatario resta la scelta,ove possibile,fra le varie offerte del mercato,ma le differenze,spesso calcolabili in poche decimali di tasso annuo nominale,potrebbero essere di ardua comparazione quando versate al tasso annuo effettivo globale; da molte parti si è sostenuto che l’attuale regolamentazione della materia non evita una marcata difficoltà di approccio da parte dell’ordinario consumatore.

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Il tasso di interesse è generalmente calcolato come somma di un indice di riferimento,dello spread o percentuale di guadagno della banca e di una eventuale maggiorazione premio di rischio,legato alla singola persona fisica o giuridica che richiede il prestito.
Quindi,è l’eurirs o euribor più lo 0.5-1% di spread per l’istituto di credito.

La banca,in realtà,non guadagna solo sullo spread,ma,in misura più rilevante,dalla differenza fra il tasso di sconto e l’indice di riferimento. La banca compra dalla Banca centrale il denaro al tasso di sconto e lo rivende a un interesse pari all’eurirs-euribor.

Gli indici cui si applica uno spread non indicano quanto il denaro costa alla banca,sono una media degli interessi pesata sull’ammontare dei prestiti denominati in una certa valuta,e quindi calcolati in un mercato di riferimento.

In questo modo,si riducono le possibilità di arbitraggio e speculazione sui tassi di interesse.Tuttavia,si crea un cartello bancario di fatto,dato che si applicano i medesimi tassi a meno di una spread,variabile da un istituto all’altro.
La variabilità dello spread in percentuale sui tassi può essere alta,ma non quanto quella garantita da una vera concorrenza.

Alcuni istituti di credito praticano una sconto sullo spread,se il rapporto fra rata e reddito è inferiore al 30%,e un ulteriore sconto se il rapporto fra ammontare del mutuo e valore dell’immobile è inferiore al 100%

Queste condizioni garantiscono una tutela per la banca:la prima in merito ad una maggiore capacità di rimborso e solvbilità del cliente;la seconda,in caso di svalutazione dell’immobile in garanzia,avendo la banca prestato meno del 80%-90% del suo valore d’acquisto.

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(lo staff)

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L’usura è quindi la pratica consistente nel fornire prestiti a tassi di interesse considerati illegali.

Il reato di usura era e disciplinato dall’ art. 644 c.p.,che sanciva la condanna di chi,approfittando dello stato di bisogno di una persona,si faceva dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo della prestazione di denaro o di altro cosa mobile.
Tale disposizione lasciava tuttavia ampia discrezionalità al giudice in merito all’individuazione dello stato di bisogno,inoltre spesso uno stesso tasso veniva a volte considerato usurario ed altre lecito. Inoltre sorgevano difficoltà ad applicare la norma alla cd usura reale,riguardante la prestazione di servizi o attività professionali.

Al quarto comma,l’art. 644 c.p. stabilisce che “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese,escluse quelle per imposte e tasse,collegate all’erogazione del credito.

Col il D.L. DELL’8 giugno 1992 convertito in legge n. 356 del 7 agosto 1992,fu introdotto all’ interno del Codice Penale l’art. 644 bis che prevedeva la cd usura impropria e puniva chiunque,fuori dai casi previsti dall’art 644,approfittando delle condizioni di difficoltà economica o finanziaria di persona che svolge attività imprenditoriale o professionale,si fa dare o promettere,sotto qualsiasi forma,in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile,interessi o latri vantaggi usurari.

La legge n.108 del 7 marzo 1996 da una parte modificava sia l’art 644 c.p.,sia l’art 1815 c.c.stabilendo che il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari sono definiti dall’art 2,c 4 “nel tasso medio risultante dall’ ultima rivelazione pubblicata nella G.U. ai sensi del c. 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui credito è compreso aumentato della metà“, dall’altra all art. 1 riprendeva la disposizione dell art 644 c.p. secondo cui “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni,remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese,escluse quelle per le imposte e tasse,collegate alla erogazione del credito”

USURA OGGETTIVA E USURA SOGGETTIVA:

Si parla di usura oggettiva,quando il tasso effettivo globale annuo supera il tasso soglia usura.
Dunque per la verifica del superamento del tasso soglia usura è necessario innanzitutto calcolare il tasso annuo effettivo globale del finanziamento.

Il TSU (tasso soglia usura) va calcolato tenendo conto del livello del tasso effettivo globale medio che risulta dalla rivelazione effettuata ogni 3 mesi dalla Banca d Italia per conto del Ministre dell’Economia e delle Finanze. Le tabelle del TEGM sono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale,sui sito della Banca D’Italia e del Ministero.

Il TEGM,comprensivo di commissioni,di remunerazioni a qualsiasi titolo spese,escluse quelle per imposte e tasse,si riferisce agli interessi annuali praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari per operazioni della stessa natura.

Individuato il TEGM di periodo bisogna incrementarlo del 50% per ottenere il TSU.
Dal 14 maggio 2011 è stato modificato il metodo di calcolo del tasso soglia,riducendo dal 50% al 25% l’incremento e aggiungendo un margine fisso di 4 punti percentuali;nel contempo viene anche fissato in 8 punti il divario massimo fra TEGM e la soglia.

Nel caso si sia verificato il superamento del tasso soglia da parte di TAEG/TEG , con conseguente usura oggettiva,debbono essere restituiti al debitore gli interessi pagati e non sono dovuti quelli previsti fino alla scadenza del finanziamento.

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Il reato di usura si concretizza non solo quando il tasso degli interessi supera il tasso soglia,ma,secondo il disposto normativo sopra enunciato,anche quando ricorrano due condizioni. A) Sproporzione: vengono imposti nei contratti interessi complessivamente sproporzionati rispetto al capitale versato ed al tasso medio praticato per le operazioni dello stesso tipo. B) Stato di difficoltà. che non corrisponde allo stato bisogno ma riguarda sia la difficoltà economica,che consiste in una valutazione complessiva della situazione patrimoniale del soggetto,sia la difficoltà finanziaria,che indicherebbe la temporanea condizione di carenza di liquidità.

Si segnala che è molto poco frequente che ci si trovi nelle condizioni previste per l usura soggettiva e soprattutto molto complesso dimostrarne i suddetti.

USURA OGGETTIVA NEI C/C E NEGLI AFFIDAMENTI BANCARI

L’usura oggettiva sugli affidamenti bancari è rilevabile con cadenza trimestrale da rendiconti inviati al cliente.

La prassi bancaria,generalmente fino al 2009,ha fatto ampio uso delle commissioni di massimo scoperto spesso con valori trimestrali superiori agli interessi passivi applicati. Ai fini del calcolo del TAEG/TEG la Banca D ‘Italia,fino al 2009,attraverso le sue circolari ha sempre consigliato alle banche l esclusione della stessa CSM,in contrasto con quanto previsto dalla legge 108/96.

Intervenendo la Cassazione nel 2010 e nel 2011 con tre importanti sentenze,ha definitamente chiarito la questione. Includendo dunque la CSM nel suddetto calcolo,nei singoli trimestri in cui è stata applicata,è molto frequente rilevata il superamento del tasso soglia anche in maniera molto sensibile.

In sintesi queste le motivazioni che rendono usurari gli affidamenti:

-La CSM è stata inserita nel calcolo del tasso ai fini usurari. Questo perchè la commissione di massimo scoperto rientra nel calcolo ai fini della verifica del superamento del tasso soglia usura,cosi come confermato dalla sentenza della Cassazione Penale, sez II n. 28743/2010, che hanno confermato l’inclusione della CSM tra gli oneri da includere nella determinazione del tasso effettivo globale medio ai sensi dell’usura.

-In merito ai periodi usurari e la relativa metodologia l’applicazione della formula è quella della legge 108/96 ossia la formula dell’interesse semplice. Le formule di calcolo suggerite dalla Banca d Italia sono da escludere in quanto la Cassazione con sentenza n. 46669/11 afferma che le circolari e le istruzioni della Banca d’Itali non rappresentano una fonte di diritti ed obblighi nella ipotesi in cui gli istituti bancari si conformino ad una erronea interpretazione fornita dalla Banca D’Italia non può essere esclusa la sussistenza del reato sotto il profilo dell’elemento oggettivo.

Si evidenzia infine che le CSM sono nulle e quindi vanno restituite,a prescindere dall’esistenza di eventuale usura,in quanto calcolate sulle punta massima dello scoperto.
Prassi bancaria in contrasto con quanto previsto dalla Cassazione con sentenza n. 870 del 18 gennaio 2006 oltre varie sentenze che successivamente si sono susseguite.

(lo staff)

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Visto che ci piace tanto tenere informati i nostri lettori sulle denunce per usura rifilate a direttori di banca,anche stamattina prenderemo in esame un caso avvenuto a Mondovi,dove la Guardia di Finanza si è concentrata su alcuni fallimenti di imprese del doglianese.

I finanzieri della Tenenza di Mondovi,coordinati dal PM Massimiliano Bolla,hanno concluso un’indagine che ha portato alla denuncia del direttore di banca della filiale di una nota azienda di credito e di un suo ex impiegato per concorso in usura.

L’attività,avviata nel novembre 2012,ha preso spunto dal monitoraggio e dall’analisi delle cause che portano al dissesto ed al fallimento di diverse imprese nel doglianese.

In base agli esiti degli accertamenti i due denunciati,approfittando dello stato di difficoltà finanziaria in cui versano le suddette società,peraltro già vittime di usura praticata da altri,successivamente condannata dal Tribunale di Alessandria con sentenza definitiva,avrebbero violato sistematicamente i dettami delle Banca d’italia agevolando la consumazione della condotta delittuosa.
In pratica le suddette persone sono anche recidive.

In particolare,al solo scopo di far apparire in equilibrio i flussi di cassa,i denunciati avrebbero consentito a tali società,oramai prive della necessaria liquidità,l’utilizzo di un vorticoso giro di assegni,nonchè avallato operazioni sui conti intestati alle predette da parte di soci non aventi potere di firma.

Mentre la maggior parte dei titoli di credito serviva a soddisfare le crescenti pretese usurarie,una parte di essi,avrebbero di fatto rappresentato una forma di finanziamento concessa alle società,con la conseguente,ulteriore compromissione della loro consistenza patrimoniale,che avrebbe prodotto i propri effetti sulle procedure concorsuali oramai incombenti.
Gli inquirenti hanno contestato che una responsabile,obbiettiva vigilanza sulle evidenti anomalie di conto e una minima cautela nella gestione del flusso degli assegni,peraltro in conformità alle disposizioni emanate nel tempo dalla Banca d’italia,avrebbe consentito di interrompere la drammatica spirale.

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(Lo Staff)