Con sentenza del 07 maggio 2014, n. 18778, la Corte Penale di Cassazione ha affrontato il tema della c.d. usura in concreto.
Sul punto si ricorda la distinzione tra la c.d. usura presunta, per la cui integrazione è sufficiente la pattuizione di un tasso di interessi che ecceda il limite del tasso-soglia; e la c.d. usura in concreto, nel qual caso sono espressamente considerati usurari anche gli interessi, pur se inferiori al limite previsto dal tasso-soglia, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni, similari risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria (art. 644, comma 3, secondo periodo, c.p.).
In particolare, con la presente decisione la Cassazione ha affermando i seguenti principi diritto.
Ai fini dell’integrazione dell’elemento materiale della c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) occorre che il soggetto passivo versi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria e che gli interessi (pur inferiori al tasso-soglia usurario ex lege) ed i vantaggi e i compensi pattuiti, risultino, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione.
In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) la “condizione di difficoltà economica” della vittima consiste in una carenza, anche solo momentanea, di liquidità, a fronte di una condizione patrimoniale di base nel complesso sana; la “condizione di difficoltà finanziaria” investe, invece, più in generale l’insieme delle attività patrimoniali del soggetto passivo, ed è caratterizzata da una complessiva carenza di risorse e di beni.
In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) le “condizioni di difficoltà economica o finanziaria” della vittima (che integrano la materialità del reato) si distinguono dallo “stato di bisogno” (che integra la circostanza aggravante di cui all’art. 644, comma 5, n. 3 c.p.) perché le prime consistono in una situazione meno grave (tale da privare la vittima di una piena libertà contrattuale, ma in astratto reversibile) del secondo (al contrario, consistente in uno stato di necessità tendenzialmente irreversibile, non tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, ma che comunque, comportando un impellente assillo, compromette fortemente la libertà contrattuale del soggetto, inducendolo a ricorrere al credito a condizioni sfavorevoli).
In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) le “condizioni di difficoltà economica o finanziaria” della vittima (che integrano la materialità del reato) vanno valutate in senso oggettivo, ovvero valorizzando parametri desunti dal mercato, e non meramente soggettivo, ovvero sulla base delle valutazioni personali della vittima, opinabili e di difficile accertamento ex post.
In tema di c.d. usura in concreto (art. 644, commi 1 e 3, seconda parte, c.p.) il dolo generico, oltre alla coscienza e volontà di concludere un contratto sinallagmatico con interessi, vantaggi o compensi usurari, include anche la consapevolezza della condizione di difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo e la sproporzione degli interessi, vantaggi o compensi pattuiti rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione.
(lo staff)
Questa mattina daremo ancora un occhio,uno scorcio,ad una sentenza della Corte di Cassazione,precisamente la n. 46669/2011.
L’ordinanza del gip di Lecce lacera il velo di maia dietro il quale il famigerato ceto bancario,con l’appoggio della Banca d’Italia,ha amato,per anni,nascondersi e cerca di farlo ancora.
Ma vale la pena riportare la valutazione della Corte di Cassazione con sentenza n. 46669/2011 ha riservato alla S.p.A. delle banche ed il ruolo effettivamente svolto dalla Banca d’Italia nell’affare usura.
“Quindi,come peraltro rilevato sia dal Tribunale e dalla Corte territoriale,anche la CSM (commissione di massimo scoperto) deve essere tenuta in considerazione quale fatto potenzialmente produttivo di usura,essendo rilevanti ai fini della determinazione del tasso usuraio, tutti gli oneri che l’utente supporta in relazione all’utilizzo del credito,indipendentemente dalle istruzioni o direttive della Banca D’Italia in cui si prevedeva che la CSM non dovesse essere valutata ai fini della determinazione del tasso effettivo globale degli interessi,traducendosi in un aggiramento della norma penale che impone alla legge di stabile il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Le circolari e le istruzioni della Banca d’Italia non rappresentano una fonte di diritti ed obblighi e nella ipotesi in cui gli istituti bancari si confermino ad una erronea interpretazione fornita dalla Banca D Italia in una circolare,non può essere esclusa la sussistenza del reato sotto profilo dell’elemento oggettivo.
Le circolari o direttive,ove illegittime e in violazione di legge,non hanno efficacia vincolante per gli istituti bancari sottoposti a vigilanza dalla Banca d’Italia,neppure quale mezzo di interpretazione,trattandosi di questione nota nell’ambiante del commercio che non presenta in se particolari difficoltà,stante anche la qualificazione soggettiva degli organi bancari e la disponibilità di strumenti di verifica da parte degli istituti di credito”