Secondo la procura pugliese, i sette dirigenti di via Nazionale e l’alto funzionario del ministero dell’Economia indagati per concorso in usura continuata e aggravata hanno fornito un “contributo morale” premeditato agli istituti coinvolti. Una premeditazione legata anche al fatto che Unicredit, Bnl e Mps “detengono quote consistenti nel capitale della Banca d’Italia”
Un “contributo morale” di fatto premeditato, quello di Banca d’Italia e del ministero dell’Economia. Come se a preparare il cappio, stretto intorno al collo di alcuni imprenditori pugliesi dagli istituti di credito, fossero stati i dirigenti di via Nazionale e via XX Settembre. Ma perché Palazzo Koch avrebbe dovuto favorire Unicredit, Bnl e Monte dei Paschi di Siena? La risposta è nello stesso capo di imputazione della procura di Trani: perché questi istituti sono “detentori di consistenti quote di capitale della Banca d’Italia e di poteri di nomina dei suoi organismi di governance“. È quasi senza appello, considerate le “qualifiche apicali e le corrispondenti competenze tecnico-giuridiche del più elevato profilo”, l’atto di accusa che si legge nelle 44 pagine di chiusura indagine contro vertici attuali e passati delle tre banche e della Popolare di Bari, accusate del reato di usura bancaria continuata e pluriaggravata nell’ambito di un’inchiesta nata da un esposto dell’Adusbef. Il tasso applicato agli imprenditori che si rivolgevano agli istituti per aprire un conto corrente di fatto superava di molti punti percentuali la soglia limite fissata per legge. Questo perché il tasso era applicato non all’importo effettivamente utilizzato ma a quello “accordato”. Questo, scrive il pm Michele Ruggiero, ”nonostante le chiare previsioni in materia di usura introdotte dalla legge 108 del 1996″. Che, all’articolo 1, prevede che nel determinare il tasso di interesse usurario si tenga conto delle “commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.
Il “disegno criminoso” di Saccomanni e Tarantola: far guadagnare le banche. Nel mirino del pm Ruggiero – salito agli onori delle cronache per la clamorosa inchiesta sulle agenzie di rating ree di aver provocato danni patrimoniali all’Italia e per un’indagine sull’omessa vigilanza di Bankitalia e Consob sui bilanci Mps – sono finiti Giuseppe Maresca, capo della direzione “Prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illegali” del Dipartimento del Tesoro, e sette tecnici e dirigenti di via Nazionale in attività all’epoca dei fatti contestati, cioè tra il 2005 e il dicembre 2012: Vincenzo Desario, l’ex ministro del governo Letta Fabrizio Saccomanni (che di Bankitalia è stato direttore generale), l’attuale presidente della Rai Anna Maria Tarantola (ex capo della Vigilanza), Francesco Maria Frasca (coinvolto e poi uscito indenne dai processi sulle scalate bancarie), Giovanni Carosio, Stefano Mieli e Luigi Federico Signorini. Tutti insieme, argomenta il pm, “con condotte reiterate, in tempi diversi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (consistente nella previsione e volontà di far conseguire alle banche la maggiore quantità di di moneta), adottavano consapevolmente e deliberatamente … determinazioni amministrative (istruzioni, circolari, note, decreti ministeriali, il ministero del Tesoro), in contrasto/violazione della legge in materia di usura … così consapevolmente fornendo un contributo morale necessario ai fatti-reato di usura materialmente commesse dalle banche”.
In un caso il tasso effettivo è stato oltre il 500%. Di fatto Bankitalia, nella sua funzione di ausilio al Tesoro, prescriveva alle banche, per alcune operazioni tra cui appunto le aperture di credito in conto corrente, l’utilizzo di criteri di calcolo sui tassi secondo un algoritmo “che rapportava l’incidenza degli oneri e delle commissioni al credito accordato piuttosto che a quello effettivamente utilizzato“. E – in violazione delle disposizioni del Codice penale in materia di usura – “disponeva, con Circolari e Note ufficiali dirette alle banche, che anche per la verifica di sussistenza delle condizioni usurarie, ossia per la verifica del superamento del limite/tasso soglia previsto dalla Legge 108/1996 le banche utilizzassero il suddetto medesimo algoritmo anziché un altro che rapportava l’incidenza di oneri, commissioni e spese al credito erogato ed effettivamente utilizzato“. Il risultato delle prescrizioni di Via Nazionale? Come si può leggere nelle tabelle inserite nel documento di chiusura indagine, i tassi applicati ai sei imprenditori che hanno fatto denuncia superavano di molti punti percentuali il tasso soglia. In un caso gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno rilevato, su un corto corrente ordinario aperto presso una filiale Bnl di Barletta, un Tasso annuo effettivo globale (Taeg) del 558,528%. Fortuna che è stato applicato solo per un trimestre.
Bankitalia “predeterminava” la distorsione del costo effettivo del credito. In questo modo, di fatto, Palazzo Koch “predeterminava consapevolmente … le condizioni per una distorsione del dato del costo effettivo del credito erogato e una sensibile riduzione dello stesso e per la segnalazione – da parte delle banche – di Teg (tasso effettivo globale, ndr) più bassi (rispetto a quelli ottenuti/ottenibili con la formula matematica prevista per il calcolo del Taeg, ‘tarata’ come per legge sull‘erogato)”, in modo che “gli interessi/remunerazioni applicati dalla banche alla clientela risultassero apparentemente entro i cosiddetti limiti/tassi soglia pur essendo in concreto e sostanzialmente a tali limiti/tassi soglia superiori e, come tali, usurari“. Per la Procura i dirigenti di via Nazionale e di via XX Settembre erano consapevoli di tutto questo e “volontariamente quanto meno con dolo eventuale (ovvero con l’accettazione del rischio che questo potesse accadere, ndr) concorrevano moralmente con i dirigenti degli istituti di credito” a tenere sotto usura gli imprenditori che si erano rivolti a loro ottenere finanziamenti. Tutto questo con l’aggravante che avrebbero dovuto essere proprio loro a vigilare e controllare perché una situazione del genere non si verificasse.
Esplosione del contenzioso dopo la sentenza della Cassazione. Dal gennaio 2013, quando la Corte di Cassazione ha censurato le istruzioni di Bankitalia chiarendo come va calcolato il tasso di interesse da confrontare con il fatidico “valore soglia”, il contenzioso sull’usura bancaria è esploso. E si contano già diversi casi di verdetti di colpevolezza. Il Tribunale di Padova ha condannato in primo grado un istituto, che pretendeva il rientro da uno scoperto di 22.500 euro, a risarcirne ben 90mila all’imprenditore titolare del conto corrente perché il contratto, stipulato 16 anni prima, prevedeva tassi usurari. E per lo stesso motivo la Corte d’appello di Torino, confermando una sentenza del Tribunale di Alba, ha stabilito la responsabilità di Prestitalia (gruppo Ubi) e la conseguente restituzione di commissioni, spese e interessi a un pensionato che aveva sottoscritto un prestito personale legato alla cessione del quinto dell’assegno Inps.
(lo staff)
Inchiesta a Trani sugli interessi troppo alti. Indagati i vertici di Bnl, Monte dei Paschi e Unicredit. Coinvolti gli ex di Bankitalia Tarantola (ora presidente Rai) e Saccomanni (ex ministro dell’Economia).
Sono fascicoli “roboanti” quelli aperti dalla Procura di Trani, che indaga per usura bancaria i vertici di Bnl, Unicredit, Mps e Banca popolare di Bari. Secondo gli inquirenti, i tassi applicati erano più alti di quelli concordati. Per questo la procura pugliese contesta ai vertici di alcuni importanti istituti di credito italiani il reato che di solito si applica alla criminalità comune o organizzata: l’usura. Nella fattispecie si tratta però di concorso in usura bancaria: quella che consiste nell’applicare tassi di interesse sui prestiti superiori rispetto alle soglie fissate ogni tre mesi dalla Banca d’Italia.
E’ un vero e proprio scossone giudiziario, con una pioggia di avvisi di fine indagine, 62 per la precisione. Tra gli indagati ci sono anche ex dirigenti di Bankitalia e del ministero dell’Economia. Come per esempio l’ex presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, in qualità di ex capo della vigilanza di Bankitalia, e il ministro dell’Economia del governo Letta Fabrizio Saccomanni, ex direttore generale di Bankitalia.
VERTICI BANCARI NEL MIRINO – Il pm inquirente, Michele Ruggiero, sembra essere intenzionato a chiedere il rinvio a giudizio per una la lunga lista di big. I nomi sono quelli del presidente del consiglio di amministrazione di Bnl, Luigi Abete, e l’amministratore delegato Fabio Gallia. Per Unicredit l’ex ad Alessandro Profumo, ora presidente del cda di Mps, e l’attuale ad Federico Ghizzoni. Per Mps l’ex presidente Giuseppe Mussari e il suo vice Francesco Gaetano Caltagirone. Sempre per Bnl sono indagati l’ex vice presidente Piero Sergio Erede e il presidente del collegio sindacale Pier Paolo Piccinelli. Per Unicredit l’ex presidente del cda, Dieter Rampl, e il direttore generale Roberto Nicastro. Si procede anche per i vertici di Unicredit Banca di Roma che coinvolge Paolo Savona, ex presidente del cda. Per Unicredit Banca d’Impresa l’ex presidente Mario Fertonani, l’attuale vice presidente vicario di Unicredit spa, Candido Fois, e Piergiorgio Peluso, figlio dell’ex Guardasigilli Anna Maria Cancellieri, nella sua precedente qualità di ad di Unicredit Banca d’Impresa. Per la Banca Popolare di Bari sono indagati anche l’attuale presidente del cda e ad, Marco Jacobini, l’ex presidente Fulvio Saroli, e il dg Pasquale Lorusso. Secondo il pm Ruggiero, il reato di usura (bancaria) è stato compiuto dagli organismi di governance e di controllo delle banche con il “concorso morale” degli ex vertici di Bankitalia e di Maresca, dirigente del dipartimento del Tesoro.
LE ACCUSE – Questi ultimi – secondo l’accusa – contravvenendo alle disposizioni della legge sull’usura, dal 2005 al 2012 hanno prescritto alle banche di calcolare (attraverso una particolare formula algoritmica) gli oneri dei finanziamenti concessi in rapporto al credito ‘accordato’, anziché (come richiesto dalla legge) a quello effettivamente ‘erogato/utilizzato’ dal cliente, così precostituendo le condizioni per un’elaborazione (e successiva segnalazione a Bankitalia) da parte della banche di tassi effettivi globali (cosiddetti Teg) falsati poiché più bassi di quelli effettivamente praticati. Di conseguenza – secondo le indagini del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Bari – gli interessi/remunerazioni applicati dalla banche alla clientela per determinate categorie di finanziamenti (in forma di anticipazioni su c/c) risultavano sempre entro i limiti dei ‘tassi soglia’, pur essendo in concreto a essi superiori e, come tali, usurari. Le aziende ritenute danneggiate dal comportamento delle banche sono del Nord barese: Bnl – secondo i conteggi della pubblica accusa – con l’applicazione dei tassi usurari avrebbe lucrato oltre 53 mila euro; il gruppo Unicredit più di 15 mila euro; Mps circa 27 mila euro, Banca Popolare di Bari solo 296 euro.
(lo staff)
Come abbiamo annunciato la settimana scorsa,finiremo di approfondire l ‘argomento del mutuo e tutti i suoi aspetti. Questa mattina parleremo dell’estinzione anticipata,dei decreti e assicurazioni.
Anche se potrebbe apparire in un certo senso illogico, ed anche se la materia è discussa, la richiesta di estinzione anticipata del mutuo da parte del mutuatario è considerata inadempimento, poiché dalla cessazione del rapporto dipende un mancato titolo del mutuante a richiedere interessi per la residua parte di tempo di durata del mutuo originariamente prevista: per comprendere meglio questo meccanismo, potrebbe essere utile un esempio. Se, si ponga, in un mutuo originariamente previsto per una durata di 10 anni, il mutuatario richiede di saldare il suo debito dopo (diciamo) 7 anni, egli dovrà corrispondere al mutuante l’intero capitale residuo e gli interessi già venuti a maturazione; il contratto, però, stabiliva che il mutuante dovesse continuare a percepire interessi sul denaro prestato per altri tre anni.
Il mutuatario perciò (nell’ottica del contratto) non consente al mutuante di percepire gli interessi sul previsto impiego del capitale per gli anni restanti; in questo consisterebbe l’inadempimento, poiché egli si era obbligato a pagare il prestito ottenuto con un prezzo (interessi) stabilito in base alla durata del rapporto e per questo numericamente assommante ad un dato importo.
L’argomento, spinoso quanto pochi in materia, è in pratica interpretato come azione che danneggia il mutuante in termini di lucro cessante; è fonte di dibattuta dialettica l’obiezione che il mutuante, tipicamente una banca, nel momento in cui delibera la concessione del mutuo, a sua volta si garantisce la provvista di denaro necessaria per l’operazione calcolandola con riferimento alla durata prevista e dunque prevedendo costi ed accantonamenti (oltre che suoi propri ammortamenti) in funzione di tale operazione, come dimostrerebbe la dettagliata previsione di un piano di ammortamento.
A tale obiezione si ribatte che, soprattutto nel caso decisamente prevalente che la concessione di mutui sia oggetto proprio dell’attività d’impresa del mutuante, l’anticipata estinzione debba considerarsi a tutto titolo elemento del rischio di impresa, e dunque materia che non dovrebbe poter riguardare (e riverberarsi su) un mutuatario che intenda per etica (per certi aspetti socialmente considerati lodevoli) o per vantaggio risolvere al più presto una situazione debitoria; che di questo rischio d’impresa il mutuante sia ben al corrente sin dal principio, tanto da non potersi conferire all’estinzione anticipata carattere di eccezionalità, ma che anzi questa sia considerata uno dei possibili esiti del rapporto, sarebbe dimostrato dalla ordinaria presenza di apposite previsioni contrattuali sullo sconto.
A bilanciamento di tale imprevista variazione, in guisa di penale, il mutuatario è infatti tenuto a corrispondere al mutuante un importo detto “sconto”, già previsto nel contratto di mutuo ed in genere riferito ad una percentuale (in media dallo zero al 4%) sull’ammontare degli interessi previsti per il periodo compreso fra l’anticipata estinzione e l’originariamente prevista scadenza del mutuo. In genere i mutui a tasso variabile prevedono una commissione molto più bassa di quelli a tasso fisso. La causa di questa differenza è legata al tipo di provvista che deve fare la banca.
Il secondo decreto Bersani ha vietato l’applicazione di penali o oneri di alcun tipo per anticipata estinzione parziale o totale dei mutui. I clienti possono scegliere di vendere l’immobile ipotecato ed estinguere il mutuo, pagando il debito residuo.
Il mutuatario può decidere per l’estinzione parziale. Senza alcun onere o penale, può decidere di versare una somma, eccedente la normale rata annua, in conto capitale: questa parziale estinzione va a ridurre il debito residuo, e la banca è tenuta a ricalcolare la rata di conseguenza, in base allo stesso schema di pagamento (interesse al tasso capitale pattuito alla stipula del mutuo, durata, rata, tipologia di tasso). Quindi l’anticipata estinzione va a ridurre l’importo della rata, a parità di numero di rate da pagare.
Le clausole contrattuali che prevedano una penale o diversi oneri per l’anticipata estinzione, sono nulle per i mutui accesi dopo l’entrata in vigore del decreto, restano in vigore per i contratti stipulati in data antecedente.[1].
La legge finanziaria del 2008 (legge n. 244 del 24 dicembre 2007) ha stabilito che tale diritto permane anche in caso di accollo del mutuo. Il diritto all’estinzione anticipata sussiste anche se in precedenza il mutuo era in carico a soggetti che non avevano i requisiti richiesti: soggetto privato e finalità di acquisto di un’abitazione.
L’anticipata estinzione parziale non obbliga l’istituto di credito ad abbreviare la durata del mutuo. Il cliente potrebbe utilizzare le somme versate alla banca per ottenere una rata più bassa senza cambiare la durata, oppure, a parità di rata, abbreviare la durata del mutuo. Questa seconda opzione richiede di stipulare un nuovo mutuo e delle spese accessorie.
Il citato Decreto Bersani ha semplificato oneri e procedure per l’avvio di un mutuo con un istituto di credito che offre condizioni migliori al cliente.
La facoltà di surroga del mutuo su volontà del debitore era un diritto previsto all’art. 1202 del codice civile. Il Decreto Bersani ha introdotto una serie di procedure e norme volte a garantirne un’effettiva applicazione. Per evitare dubbi interpretativi, prevede che sia nulla ogni pattuizione che ostacoli in qualche modo l’esercizio di questo diritto legittimo.
Il Decreto fiscale del 6 luglio 2009, art. 2, comma 3 ha introdotto una penale per le banca che non perfeziona la surroga entro 30 giorni dalla richiesta. La banca è sanzionata nella misura dell’1% del valore del mutuo per ogni mese di ritardo. La banca originaria viene considerata sempre responsabile anche se quest’ultima ha la facoltà di rivalersi sulla banca cessionaria (nuova banca).
La Bersani-bis introduce una novità per l’esercizio della surrogazione: la portabilità dell’ipoteca. In precedenza, era necessario cancellare l’ipoteca e, estinto il vecchio mutuo, iscrivere una nuova ipoteca con l’istituto di credito subentrante.
In base alle nuove regole, anziché cancellare l’ipoteca, nei Registri Immobiliari il notaio effettua un cambio di attore, indicando il nome del nuovo creditore con una nota a margine della vecchia ipoteca.
Secondo la legge finanziaria del 2008, le spese di nuova istruttoria e perizia e ogni altro onere sono a carico della banca subentrante, fatto salvo l’onorario notarile.[2]
In base al citato decreto Bersani, la banca non può operare un’autosurroga, per stipulare un mutuo a nuove condizioni. La surroga è finalizzata alla portabilità dell’ipoteca, e vale soltanto fra istituti differenti.
Tuttavia, se il cliente chiede una surroga, la banca può proporre una rinegoziazione e cambiare le condizioni contrattuali in modo più favorevole al cliente, con il consenso scritto di entrambe le parti.
Se si modifica il contratto col proprio istituto di credito, non si tratta di surroga, ma di rinegoziazione. La rinegoziazione quindi non riguarda solo l’applicazione del Decreto Tremonti per l’allungamento della durata, ma la ridefinizione di un qualunque aspetto del piano di ammortamento: durata, rata, interesse, spread, tipo di tasso.
La surroga e il confronto di preventivi di altre banche è anche un’opportunità per ottenere una rinegoziazione e condizioni migliorative dal propri istituto di credito.
La surroga avviene tramite una semplice procedura interbancaria formalizzata dall’ABI. La nuova banca invia a quella di origine una richiesta di surroga, senza specificare la filiale dove il cliente ha il conto corrente e paga il mutuo. La banca dovrà indicare il debito residuo e una quietanza di pagamento a favore del cliente.
Di fatto, la surroga si conclude con mezzi esterni alla procedura ABI (telefono, e-mail, ecc.) perché la procedura non consente di indicare il CAB della filiale della nuova banca e della vecchia, e di scambiarsi tutte le informazioni necessarie. Perciò, la filiale deve essere contattata quanto meno per decidere data e persona incaricata per recarsi dal notaio, una prima stima del debito residuo, i tempi per il calcolo “ufficiale” e quelli per la stesura della minuta di mutuo da parte del nuovo istituto.
Non essendo obbligatoria per legge nessuna polizza sul bene ipotecato, nemmeno quella contro incendio e scoppio, la Bersani II nulla precisa in merito alla gestione delle coperture assicurative in caso di surroga. Spesso, la banca obbliga il cliente a stipulare l’assicurazione con una società del proprio gruppo, e pagare nuovamente, laddove la surroga dovrebbe essere completamente priva di costi per il cliente.
Secondo il codice delle assicurazioni, il cliente ha diritto a disdettare qualsiasi polizza poliennale con preavviso di 60 giorni, senza il quale il contratto è tacitamente rinnovato per l’anno corrente, e chiedere il rimborso, entro 60 giorni dalla disdetta e secondo le modalità da questi indicate, degli anni di premio pagati e non goduti. Tale periodo decorre come minimo dal quinto anno, non potendo per il codice civile la polizza essere vincolata al rimborso di più di 5 anni.
Per le assicurazioni sul bene ipotecato, come quella contro incendio e scoppio, la banca subentrante può accettare un cambio di vincolo della polizza a proprio favore. In questo modo, cambiando il beneficiario, chi richiede la surroga non deve pagare nuovamente tutte le coperture assicurative.
Se, invece, la banca subentrante o il cliente scelgono di stipulare nuove polizze con altre compagnie assicurative, il cliente deve inviare disdetta alla vecchia compagnia e chiedere il rimborso entro 60 giorni degli anni di premio non goduti mediante assegno postale o accredito in conto presso la vecchia banca, fornendo il numero identificativo della polizza, eventualmente copia per conoscenza all’ISVAP e alla banca cedente.
Uno dei primi provvedimenti del IV governo Berlusconi è stato un decreto del ministro Tremonti che, per i mutui a tasso variabile, su richiesta del mutuatario, ha obbligato il mutuante a prolungare la durata del prestito, mantenendo costante la rata.
Si tratta di una dilazione onerosa di pagamento, per la quale la banca concede una maggiore durata del prestito e guadagna una quota interessi e un montante maggiori. il provvedimento ha una particolare utilità nei casi in cui la rata abbia già raggiunto un livello insostenibile per il reddito del mutuatario, a rischio di insolvenza.
La differenza del debito finisce in un conto accessorio, che il cliente inizia a pagare solamente dopo aver estinto il mutuo, al quale la banca applicherà l’Eurirs a 10 anni e uno spread massimo dello 0.5. La legge non specifica se l’interesse debba applicarsi al solo debito residuo, cosa ovvia nella prassi bancaria. Ciò ha data luogo all’applicazione anche agli interessi passivi già versati, alla pratica nota come anatocismo.
La legge non indica nemmeno quante volte la banca debba concedere la rinegoziazione. Alcuni istituti concedono di prolungare la durata del mutuo per una sola volta per tutta la sua durata.
In questo modo, viene evitato uno dei rischi che ha portato alla crisi dei mutui subprime americani. Con il prolungamento della rata si evita che un rialzo dei tassi di interesse porti la rata dei mutui a tasso variabile a un livello non più sostenibile per le famiglie, all’insolvenza e conseguenti pignoramenti.
Se il mutuatario difficilmente ottiene una modifica delle condizioni contrattuali e prima del 2007 doveva corrispondere una penale per l’estinzione anticipata, il mutuante ha facoltà di rescindere unilateralmente il contratto in qualunque momento, se chi riceve il finanziamento viene meno ad una delle obbligazioni previste nella clausola risolutiva o in altre parti del contratto.
La Finanziaria del 2008, come detto, ha abolito le penali per estinzione anticipata del mutuo, su richiesta del mutuatario.
Possono avere luogo, tuttavia, penali nel momento in cui il mutuatario è inadempiente davanti a legittime nuove obbligazioni richieste dalla banca, come la risoluzione espressa del contratto o la richiesta di reintegro delle garanzie.
La clausola risolutiva espressa limita tale facoltà per specifiche obbligazioni, e non è applicabile per circostanze generiche.
La specificità non significa soggettività della circostanza, ovvero che l’inosservanza dell’obbligazione debba dipendere esclusivamente da un comportamento non corretto del mutuatario, ed abbia dunque la caratteristica di prevedibilità. Un motivo di risoluzione, ad esempio, può essere un mancato reintegro delle garanzie, per lui non prevedibile, per il mutuatario, in cui il mutuatario non soddisfa le richieste della banca.
La rescissione comporta la restituzione in tempi rapidi dell’intero debito, con gli interessi previsti ed un eventuale penale.
La cancellazione dell’ipoteca è un atto notarile, dai costi paragonabili a quelli dell’iscrizione.
In base al Decreto Bersani, quando è estinto il debito residuo con la banca, l’istituto è obbligato a darne comunicazione alla locale Agenzia del Territorio, che procede d’ufficio e gratuitamente alla cancellazione, senza oneri per il mutuatario.
In caso di ipoteca perenta, la comunicazione della banca, viene respinta dall’Agenzia del Territorio. Conseguentemente, il cliente deve necessariamente rivolgersi direttamente al notaio per la cancellazione.
La maggior parte dei mutui è concessa con vincolo di destinazione, ovvero deve essere espressamente specificato per quali scopi verrà utilizzato il denaro preso a prestito, cosa si acquisterà con esso.
I mutui per l’acquisto della prima o seconda casa costituiscono la maggior parte dei mutui concessi dalle banche. L’ammontare del capitale erogato non può superare un importo il cui rimborso annuale sia in genere il 30% del reddito del nucleo familiare (salario e altre entrate) del richiedente; in pratica, se la famiglia del mutuatario ha un reddito annuo di 100, non può prendere mutui che le costino più di 30 all’anno per i rimborsi (somma dei pagamenti nell’anno), e dunque l’importo del capitale massimo erogabile si calcola a partire dall’importo della rata di rimborso.
Inoltre, l’importo massimo erogabile è condizionato al valore del bene prestato in garanzia: da qualche anno, una certa deregulation del mercato consente di registrare offerte di mutui che arrivano a coprire il 100% del valore di perizia dell’immobile[3], determinato da un esperto di estimo incaricato dalla banca. La perizia eseguita a questi fini, pur se formalmente tesa a individuare “il più probabile valore venale in comune commercio” del bene, deve tener conto dell’aspetto prospettico della sua eventuale utilità, poiché in ragione della cospicua durata del mutuo e della possibile modificazione nel tempo degli equilibri fra i molti parametri da prendere in esame, essa deve ponderatamente restituire un valore di garanzia sostanziale in favore dell’ente erogante, tale che nell’ipotetica necessità di esitazione alla vendita forzata del bene, che potrebbe accadere in un imprecisato momento del rapporto, si disponga di un valore stabilmente tenutosi realistico. Ciò determina in genere una differenza fra l’importo di perizia ed il valore commerciale effettivo del bene, detraendosi da questo valori che rendano ragione dei rischi di deperimento tecnico-fisico e delle eventuali modificazioni del mercato di riferimento.
Il mutuante in genere appone dei correttivi di sicurezza ai valori di perizia, in modo da ulteriormente affinare il rapporto fra rischio (capitale erogato) e garanzia (beni ipotecati); questi dipendono da molti parametri e sono calcolati anche con algoritmi statistici.
La concessione del mutuo è in genere subordinata alla disponibilità di un reddito stabile ed attendibile, ad esempio un contratto di lavoro a tempo indeterminato (stipulato da almeno 4 anni) o di altri redditi stabili (per il lavoro autonomo, si fa luogo a ragionata analisi degli ultimi fatturati).
Stanti alcune condizioni personali soggettive tipiche della categoria, si registra invece una sempre maggior difficoltà di ottenimento di mutui da parte dei lavoratori pensionati; questa tendenza, che riguarda un numero crescente di istituti e rischia di elevarsi a regola, viene talvolta giustificata con freddi e sgradevolissimi argomenti – asseritamente desunti dalla statistica – sull’aspettativa di vita. Si sostiene – quando non smentito – che ovviamente sia più facile che un mutuatario pensionato possa morire in corso di contratto, originando problematiche successorie nelle quali la banca non troverebbe economicamente vantaggioso ingerirsi. Da altri si ribatte invece che tale tendenza manifesterebbe una previsione di abbattimento del potere d’acquisto dei pensionati, con effetti sulla puntualità o sul completamento dei rimborsi e possibili implicazioni legate a possibili condizioni di difficoltà degli anziani (ad esempio, per necessità sanitarie). In ogni caso, questo limite è visto dalla maggioranza degli osservatori come fortemente penalizzante e discriminatorio nei confronti dei pensionati.
Esistono mutui a rata fissa con interess cup, ovvero a tasso variabile entro un massimo interesse che è intorno al 4%. in altri Paesi d’Europa sono diffusi mutui misti, a tasso variabile i primi 5-10 anni, in cui è più attendibile una previsione sui tassi; rinegoziabili a tasso fisso prestabilito oppure a tasso variabile per il periodo successivo.
I tassi di riferimento a livello europeo nell’erogazione dei mutui sono l’Eurirs o Irs (Interest rate swap) per i mutui a tasso fisso e l’Euribor per quelli a tasso variabile, per il valore calcolato il giorno della firma del contratto.
L’allineamento dei tassi di riferimento alla media europea, la standardizzazione dei metodi di calcolo di rate e interessi, e delle clausole relative ai mutui bancari, da alcune organizzazioni di tutela dei consumatori e da alcuni movimenti politici sono stati ritenuti prova dell’esistenza di un supposto cartello bancario e di un’assenza di concorrenza nel settore, piuttosto che di un mercato efficiente con una totale simmetria informativa e condivisione delle informazioni rilevanti.
L’interesse applicato ai mutui per la casa è in genere superiore al rendimento di un investimento come quello in titoli di Stato; la comparazione è consentita dalla analoga caratteristica del rischio basso o nullo, essendo l’ipoteca su bene immobile e durevole (spesso lo stesso bene nel quale il mutuatario direttamente va ad abitare) una tutela del creditore congrua per quantità e valore.
I mutui a tasso variabile consistono nell’erogazione di un prestito ad un interesse prefissato che varia nel tempo e viene ricalcolato rispetto ad un indice di riferimento (esempio Euribor) più un certo guadagno percentuale (mark-up per l’istituto di credito, il tasso può variare di alcuni multipli e il contratti tipicamente non prevedono un interesse massimo applicabile.
(lo staff)
I fatti di cronaca giudiziaria degli ultimi giorni sulle indagini nei confronti di alcuni istituti di credito hanno riportato alla luce il tema dell’usura bancaria. Ecco allora una piccola guida per i consumatori su cosa è l’usura bancaria e quali sono i fattori da considerare nel calcolo dei tassi applicati dalle banche.
Innanzitutto, quando si parla di usura bancaria? Lo stabilisce la legge: “Si ha usura quando il corrispettivo di una prestazione in denaro consistente nella richiesta di interessi, spese e commissioni costituisce un costo totale finanziario estremamente esoso in relazione alla categoria della prestazione, all’entità della prestazione ed alle dinamiche finanziarie del mercato”.
Si tratta perciò di un’ applicazione sui finanziamenti – concessi dagli istituti di credito e dalle società finanziarie ai propri clienti – di tassi di interesse effettivi che, sommando il tasso nominale e tutti gli oneri relativi alla concessione del credito, superano il limite consentito dalla legge sull’usura, ovvero la Legge 108/1996 (e successive modifiche).
Tale legge stabilisce infatti delle soglie (TEGM) oltre le quali gli interessi sono considerati usurari. Attualmente, i tetti stabiliti nel secondo trimestre 2014 da Bankitalia sono i seguenti: si va dal 8,66%dei mutui ipotecari a tasso variabile al 10,46% del tasso soglia per i mutui a tasso fisso. Diminuite anche le soglie – rispetto allo scorso trimestre – dei tassi dei prestiti finalizzati, sia dei finanziamenti con importi fino a 5 mila euro (19,06%), sia dei prestiti con importo oltre i 5 mila euro (16,22%). Non solo: per i tassi soglia relativi alla cessione del quinto c’è il 19,10% sugli importi fino a 5mila euro e il 18,37% per quelli superiori, mentre il tasso previsto per il credito personale è del valore del 18,77%. Ulteriori paletti anche per i conti correnti: il tasso relativo all’apertura di un conto per importi fino a 5 mila euro è al 18,35%, mentre per gli importi superiori è al 16,57%.
L’argomento è molto complesso e tante sono le sentenze emesse negli ultimi anni dalla Corte di Cassazione in materia. Dall’altro lato, le banche per salvaguardarsi hanno introdotto negli anni clausole di salvaguardia nei contratti stipulati con i clienti, determinandone eventuali interessi di mora e maggiorazioni, clausole con le quali le banche limitano il tasso massimo alla soglia stabilita.
Questo porta quindi a non generalizzare e ad esaminare ogni singolo caso, facendo una verifica delle condizioni generali del proprio contratto e analizzando alcuni importanti fattori, come le spese relative alla gestione della pratica, le penali, istruttoria, perizia, incasso rata ed eventuali polizze obbligatorie, fattori che potrebbero far rivelare al contribuente di avere in mano dei finanziamenti che oltrepassavano il tasso soglia già al momento della stipula.
La questione è seguita da anni da varie associazioni,in base ad una recente sentenza della Cassazione – la n. 350/2013 – “quando il tasso di mora, le penali e le varie spese, tutte messe insieme superano il tasso soglia, stabilito dalla legge antiusura 108/96, anche i mutui diventano usurai e possono essere annullati con le relative procedure giudiziali bloccate”.
Altre sentenze della Cassazione hanno dato nuovi spunti al tema dell’usura bancaria, sottolineando come i tassi possano essere dichiarati usurari “anche nel corso di un rapporto di finanziamento (la cosiddetta usura sopravvenuta), non solo nel momento in cui sono pattuiti (usura originaria o preventiva)”. L’ultima decisione è del 10 gennaio 2014 e arriva dal Collegio di Coordinamento dell’Abf (Arbitro bancario finanziario) che, accogliendo le ultime sentenze sull’usura sopravvenuta, trasforma i mutui a tasso fisso in variabile, ma solo al ribasso. Questo vuol dire che – come riportato da Il Sole 24 Ore del 4 febbraio 2014 – “il tasso fisso del 10% previsto per un mutuo a 20 anni stipulato in passato può considerarsi usuraio, visto che nel corso della vita del contratto il tasso soglia di usura è sceso ben al di sotto, con un minimo nel primo trimestre del 2011 al 6,28%. Il tasso può diventare quindi usuraio nel corso della vita del finanziamento semplicemente in funzione delle mutate condizioni di mercato”.
Per tutelarsi, il contribuente deve stare attento in particolare ad un fattore: il tasso di mora, che consiste nell’interesse che la banca richiede quando il cliente non riesce a pagare una rata. Sempre secondo Lannutti, questo fattore è fondamentale per annullare il mutuo: “Nei casi di superamento del tasso soglia il mutuo diventa nullo solo se subentra il tasso di mora e non quando i cittadini pagano regolarmente le rate”. E che ” anche se non applicato, concorre al tasso effettivo globale, che deve essere inferiore al tasso d’usura”. Verificare se esiste un’anomalia è semplice: basta chiedere un estratto conto e i renditoconti delle rate alla propria banca, che è obbligata a fornite tutti i documenti degli ultimi 10 anni, inclusi contratti di mutui e conti correnti (a meno che non c’è la prescrizione). Se il contribuente rientra in questa categoria, può allora chiedere il rimborso integrale degli interessi pagati su mutui, leasing e finanziamenti, avendo inoltre la facoltà di non corrispondere gli interessi relativi alle rate residue.
Altrimenti, le associazioni di consumatori,hanno da tempo messo a disposizione sul proprio sito un modulo per calcolare i propri tassi (inserendo il tipo di tasso, la data di sottoscrizione e il tasso di mora) ed eventualmente richiedere il rimoborso. Inoltre, sul sito della Banca d’Italia è possibile aggiornarsi sugli attuali TEGM del trimestre in corso.
(lo staff)
L’anatocismo, dal greco anà (di nuovo) tokismòs (interesse, usura), rappresenta un’attività praticata per anni dalle banche, celata nel silenzio degli autori e nascosta in enigmatiche clausole contrattuali.
Con il termine anatocismo (dal greco anà – sopra, e tokòs – prodotto) si intende la capitalizzazione degli interessi su un capitale, affinché essi siano a loro volta produttivi di altri interessi (in pratica è il calcolo degli interessi sugli interessi). Nella prassi bancaria, tali interessi vengono definiti “composti”. Un esempio di anatocismo è quello di capitalizzare (ossia sommare al capitale di debito residuo) gli interessi ad ogni scadenza di pagamento, anche se sono regolarmente pagati.
Il calcolo degli interessi in regime di capitalizzazione composta anziché in regime di capitalizzazione semplice determina una crescita esponenziale del debito, di conseguenza per periodi inferiori all’anno l’importo calcolato con la capitalizzazione composta sarà inferiore a quello che si determina nella capitalizzazione semplice.
Giuridicamente, in un’obbligazione pecuniaria l’applicazione dell’anatocismo comporterebbe, per il debitore, l’obbligo di pagamento, non solo del capitale e degli interessi pattuiti, ma anche degli ulteriori interessi calcolati sugli interessi già scaduti.
Anatocismo e usura sono illeciti radicalmente diversi dal punto di vista giuridico. L’anatocismo[4] è un illecito civile, privo di risvolti penali, invece l’usura è vietata dal codice penale.
Anatocismo e usura sono modi diversi di ottenere una remunerazione fuori mercato dei capitali “prestati”, il primo con l’applicazione di interessi minori su una base più larga pari al debito residuo e alle quote interessi già pagate, la seconda con l’applicazione diretta di interessi esorbitanti. L’anatocismo è ammesso solo a determinate condizioni dal codice civile, mentre non riceve menzione in quello penale, per cui chi pratica l’anatocismo non pone in essere alcun illecito di rilevanza penale.
Gli oneri per la pratica anatocistica sono molto contenuti. Si limitano al rimborso delle somme ingiustamente estorte, con relativi interessi legali. Non esiste una modalità ufficiale di calcolo, ma la giurisprudenza maggioritaria si è orientata nel senso di applicare in luogo della capitalizzazione trimestrale la capitalizzazione semplice (che non prevede alcuna capitalizzazione) o, più raramente, la capitalizzazione annuale. Il tasso di interesse è quello legale se non vi è una valida pattuizione e se il contratto è stato stipulato prima del 1/1/1994, entrata in vigore del Testo Unico Bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993); ovvero al tasso previsto dall’art. 117 TUB (rendimento medio dei BOT) applicato in senso favorevole al correntista. Affinché si possa parlare di valida pattuizione è opportuno che vi sia un accordo scritto sottoscritto da entrambe le parti. Non costituisce valida pattuizione la semplice comunicazione del tasso applicato.
Il giudice di merito può riconoscere il risarcimento del danno esistenziale e biologico.
In base alla legge n. 281/98, chi non rispetta il provvedimento del Giudice deve pagare allo Stato una somma di denaro che verrà, per effetto della medesima disposizione di legge, destinata ad iniziative a vantaggio dei consumatori.
Le sanzioni in caso di usura sono più incisive. Il diritto penale annovera l’usura come reato (art. 644 c.p.) e ciò comporta una maggiore reazione dell’ordinamento giudiziario rispetto ad un illecito civile. Il reato di usura prevede l’apertura di un’indagine penale, con intervento del Pubblico Ministero che ha particolari poteri di indagine e persecutori nei confronti di possibili usurai. Sul fronte civilistico le sanzioni conseguenti all’usura sono molto incisive e particolarmente penalizzanti per l’usuraio. L’Art. 1815 c.c prevede che in caso di usura, non siano dovuti interessi. Tale norma è stata modificata dalla legge 108/1996 che ha inasprito la sanzione. In precedenza il legislatore riconosceva comunque il tasso legale sul capitale erogato dall’usuraio.
Il sistema bancario non è immune dal reato di usura, ma anzi è prevista un’aggravante specifica nel caso in cui il reato sia commesso da un soggetto che esercita l’attività bancaria (Art. 644 c.p. n. 1). Purtroppo si sono verificati molti casi di istituti di credito, banche e società finanziarie che sono state condannate dai tribunali per aver applicato interessi usurari (ex multis: Tribunale di Monza Sent. n. 1967 dell’11-06-2007, Tribunale di Rho Sent. n. 76 del 28/02/2006, Tribunale di Rho Sent. n. 4 del 10/01/2006). Il ctu Michel Emi Maritato si è mobilitato per riuscire a mantenere inalterato quanto ciascuna azienda vanta o potrà vantare dagli istituti di credito a titolo di restituzione di Indebiti Bancari. I fatti salienti sono i seguenti: nel Febbraio 2011 la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 24418 del 2 dicembre 2010 ha sancito definitivamente che il diritto alla restituzione di tutti gli indebiti rilevabili sui conti correnti bancari (dall’Anatocismo, agli interessi Ultralegali, alle Commissioni di massimo scoperto illegittime, all’Usura Bancaria…) si prescrive nel termine di dieci anni dalla chiusura del conto corrente. Con tale sentenza si è confermato quindi che un correntista, che ha utilizzato fidi bancari pagando interessi passivi trimestrali, può vantare il proprio diritto alla restituzione di quanto pagato illegittimamente in più alla banca, tornado indietro a rielaborare i propri conti fino al 1952.
Il milleproroghe votato ed entrato in vigore è stato sollevato di incostituzionalità da diversi Tribunali, come la causa del 13 aprile 2011 – Anatocismo. Tribunale di Roma, rimanendo in attesa di decisione della Corte Costituzionale. Dopo aver abbattuto il debito del correntista nei confronti della banca per oltre mezzo milione di euro a seguito della rielaborazione contabile con la sola capitalizzazione annuale ed altre illegittimità, il giudice Antonella Izzo dispone di rielaborare i conti senza alcuna capitalizzazione seguendo la sentenza 24418 della Sezioni Unite della Cassazione del dicembre 2010, disapplicando completamente il Milleproroghe senza nemmeno prenderlo in considerazione. Con un’importante sentenza, poi, il Tribunale di Ancona ha sancito la nullità del decreto ingiuntivo ottenuto da un Istituto di credito nei confronti del fideiussore del debitore, in quanto nel contratto di conto corrente bancario oggetto del credito del quale si chiedeva l’escussione era applicato l’anatocismo, vale a dire la capitalizzazione degli interessi sugli interessi. La sentenza è particolarmente significativa, in quanto, secondo il Tribunale marchigiano il semplice estratto conto non costituisce prova della somma dovuta dall’utente bancario. Dall’esibizione in giudizio della documentazione richiesta dal magistrato, è, quindi, emerso che la Banca nel corso degli anni aveva illegittimamente applicato l’anatocismo sugli interessi passivi. Il Tribunale di Ancona ha, quindi, stabilito che, oltre, al debitore principale anche il fideiussore può opporsi all’ingiunzione di pagamento dell’Istituto di credito.
Dopo questa breve presentazione,sull’anatocismo bancario,anche se ne abbiamo parlato svariate volte,ma è sempre meglio tenere viva la mente su argomenti estremamente importante.
Vogliamo continuare il discorso con un breve escursus.
L’applicazione dell’interesse sull’interesse prende il nome di anatocismo bancario. Un fenomeno illecito, tanto praticato, quanto sconosciuto ai non addetti ai lavori. L’anatocismo, dal greco anà (di nuovo) tokismòs (interesse, usura), rappresenta un’attività praticata per anni dalle banche, celata nel silenzio degli autori e nascosta in enigmatiche clausole contrattuali. Sommando gli interessi al capitale prestato, la banca aumenta la base per il conteggio di nuovi interessi, facendo allargare a macchia d’olio il debito del consumatore nei confronti dell’istituto bancario. Risultato: il cliente, a sua insaputa, si trova a dover pagare un interesse superiore a quello comunicatogli. Tra gli addebiti illegittimi più comuni effettuati dalle banche, che sono stati oggetto di recenti sentenze dei Tribunali, accanto agli interessi anatocistici, compare anche l’usura, illecito non relegato ad attività in mano alla criminalità organizzata, ma spesso perpetrato dagli istituti bancari con l’applicazione di tassi superiori a quelli consentiti dalla legge. Contro queste “speculazioni”, le associazioni di tutela dei consumatori, hanno intrapreso iniziative volte a fornire assistenza e a sensibilizzare i consumatori sulle insidie nascoste dietro a contratti quali: mutuo, prestiti personali, cessione del quinto, apertura conto corrente, leasing. Recuperare le somme indebitamente versate, infatti, richiede prima una analisi precisa della situazione e delle condizioni di contratto e successivamente il ricorso alle procedure giudiziali. I recenti indirizzi giurisprudenziali, hanno dato risultati incoraggianti, aprendo la strada al recupero diretto di quanto indebitamente pagato alla banca. Trattandosi di azione restitutoria, il diritto alla ripetizione dell’indebito è soggetta a prescrizione decennale, termine oltre il quale il cliente decade dalla possibilità di far valere il suo diritto
(lo staff)
“Le circolari e le istruzioni della Banca d’Italia non rappresentano una fonte di diritti e obblighi e nella ipotesi in cui gli istituti bancari si conformino ad una erronea interpretazione fornita dalla Banca d’Italia in una circolare,non può essere esclusa la sussistenza del reato…Le circolari o direttive,ove illegittime e in violazione di legge,non hanno efficacia vincolante per gli istituti bancari sottoposti alla vigilanza di Bankitalia,neppure quale mezzo di interpretazione”
Basta questo richiamo per percepire la distanza che separa alcuni orientamenti della Corte di Cassazione dalle indicazioni fornite agli intermediari dalla vigilanza.
Non solo a proposito di usura sopravvenuta (intervenuta,cioè,dopo la stipulazione del contratto),ma,ad un esempio,anche a proposito della corretta rivelazione degli interessi di mora,oppure del computo complessivo e annualizzato di tutti gli oneri,diversi dagli interessi,connessi all’erogazione del credito.
Dopo la conferma arrivata nel gennaio 2013 dalla cassazione,anche Banca d’Italia,con la nota del 3 luglio,ha precisato che gli interessi di mora sono soggetti alla normativa anti-usura.
Ma,a differenza dell Suprema Corte,ne ha esclusa la rilevanza ai fini dell’usura originaria( al momento cioè della definizione contrattuale,quando gli interessi sono promessi o comunque convenuti),con la motivazione che non sono dovuti al momento dell’erogazione del credito ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente.
Il problema sorge,inoltre,perchè nel rivelare trimestralmente i tassi effettivi globali ,Bankitalia ha disposto l’esclusione degli interessi di mora contrattualizzati,con la conseguenza che i tassi medi e i tassi soglia pubblicati non li considerano. L’immediato confronto con i tassi effettivamente applicati,quindi,è disomogeneo. Ed è per questo che la vigilanza,nei controlli sugli intermediari,in presenza di interessi moratori,utilizza come criterio quello di aumentare i teg medi pubblicati di 2,1 punti percentuali,per poi determinare i tassi soglia su tale importo.
Si tratta di una maggiorazione risultante da un’indagine campionaria condotta nel 2002 che viene da anni riportata nei decreti trimestrali del Mef.
Il corto circuito fra Banca d’Italia e Mef,da una parte,e normativa sull’usura e Cassazione,dall’altra,si completa poi con l’obbligo per banche e intermediari,disposti dai decreti trimestrali Mef di verificare l’usurarietà dei tassi applicati sulla base degli stessi criteri tecnici di calcolo disposti della specifiche istruzioni impartite da Bankitalia.
Dopo tutte queste problematiche sugli interessi di mora e la stipula di mutui,cosa succede?che le famiglie non spendono,in un anno restano in banca 15 miliardi,la liquidità degli istituti è diminuita e con essa i finanziamenti al settore privato. E uno degli effetti della crisi economica è stato bloccare i consumi e il disgelo è ancora lontano da venire,come hanno mostrato dati recenti di vendita tra gennaio e marzo 2014.
Con la recessione,le famiglie non spendono più ma preferiscono lasciare in banca 15 miliardi in un anno,nello stesso lasso di tempo nel quale crollo di 25,8 miliardi la liquidità degli istituti di credito,che hanno aumentato di 37,7 miliardi gli investimenti in titoli di stato.
Ci sono comunque dei fenomeni preoccupanti,da una parte l’aumento delle riserve delle famiglie che preferiscono risparmiare il più possibile,ma cosi facendo riducono drasticamente i consumi con inevitabili ricadute negative sulle possibilità di ripresa delle aziende italiane,costrette a fare i conti con una domanda in calo e quindi a ridurre la produzione con tutte quello che ne consegue sul versante dell’occupazione.
Dall’altro lato,vediamo come le banche,che hanno ridotto i prestiti di 30,5 miliardi al settore privato in un anno,spostano la liquidità in assetti sicuri,invece di finanziare imprese e famiglie,mettono i soldi in titoli di stato,con guadagni facili e sicuri,ma basati su un progetto di basso profilo.
(lo staff)
Quando stipuliamo un mutuo o un finanziamento ci sono sempre voci che possono risultare difficili da capire,ogni tanto in questo sito cerchiamo di darne una spiegazione;come oggi che cercheremo di approfondire l’argomento dell’ISC o Indicatore Sintetico di Costo detto anche Tasso annuo effettivo globale .
E’ l’indicatore di tasso di interesse di una operazione di finanziamento come ad esempio prestito,o acquisto rateale di beni o servizi,è espresso in percentuale e indica il costo effettivo del finanziamento.
Rappresenta il costo effettivo dell’operazione espresso in percentuale che il cliente deve alla società che ha erogato il prestito.Detto in poche parole il TAEG racchiude contemporaneamente si il TAN ,cioè la percentuale che grava sul prestito,sia le spese di emissione della pratica e della documentazione.
E’ stato introdotto nel sistema normativo italiano,per la prima volta,dalla Deliberazione del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio n. 10688 del 4/03/2003, art. 9 comma 2, che ha demandato a Banca d’Italia di individuare quali siano le operazioni e i servizi a fronte dei quali detto indice, “comprensivo degli interessi e degli oneri che concorrono a determinare il costo effettivo dell’operazione per il cliente”, debba essere segnalato, nonché la formula per rilevarlo. Per effetto delle nuove disposizioni di Banca d’Italia sulla trasparenza in adempimento della direttiva europea EU 2008/48/CE, dal 1º giugno 2011 il calcolo del Taeg comprende anche gli oneri fiscali (come ad esempio l’imposta di bollo sui contratti)
T.A.N. + spese di istruttoria e documentazione + Spese gestione pratica + bolli= T.A.E.G.
Il calcolo del TAEG/ISC consiste nel trovare quel tasso di interesse che rende uguali la somma del credito concesso al cliente,con la somma complessiva che il cliente dovrà rimborsare alla scadenza.
Lo scopo è infatti dare al cliente un unico indicatore di interesse che comprenda non solo il tasso effettivo di interesse sul prestito,ma anche tutte le spese accessorie.
Il parametri che determinano il TAEG o ISC sono fissati per legge.In particolare,oltre alla struttura del rimborso finanziario,rientrano a far parte del calcolo di questo tasso tutte le spese accessorie obbligatorie inerenti all atto del finanziamento ovvero:
-spese di istruttoria della pratica -commissioni d’incasso -assicurazioni obbligatorie
-bolli statali
Non rientrano invece a far parte dei parametri che incidono sul TAEG:
-tasse come le imposte di registro nel caso dei mutui -assicurazioni non obbligatorie
-commissioni di massimo scoperto
All’interno del Taeg non rientrano neanche le commissioni di massimo scoperto,qualora le banche ne prevedano l’esistenza. Come è risaputo,tali commissioni sono un costo per il cliente e fanno lievitare il przzo del finanziamento in maniera consistente:ciò significa che,se tali spese fossero incluse,si potrebbe avere il tasso che supererebbe il limite previsto dalla legge antiusura.
Per poter avere un indice di tale natura (TIR Tasso interno di rendimento), che sia raffrontabile, tutte le componenti di costo relative a un finanziamento debbono essere prevedibili e conoscibili a priori. Le commissioni di massimo scoperto, o comunque i costi che risultano connessi in caso di pagamento attraverso lo scoperto di conto corrente non sono componenti né prevedibili né del tutto conoscibili a priori. Tale modalità di pagamento non dovrebbe avvenire in quanto si assume che il cliente metta sempre a disposizione la cifra in conto corrente per il pagamento. Detto questo, va precisato che i tassi di mora dei finanziamenti sotto forma di mutuo (rateizzati) sono anch’essi sottoposti alla legge antiusura e di norma sono ben lontani dai costi degli scoperti di c/c. Pertanto, il pagamento tramite scoperto di conto è decisamente sconsigliato per gli stessi mutuatari, ai quali converrebbe invece chiedere espressamente di lasciare insoluta la rata sino al reperimento dei fondi necessari. Nel caso comunque, si potrebbe ipotizzare per poter effettuare dei raffronti sull’effettivo costo dei finanziamenti in caso di ripetuti ritardi, un indice nel quale si preveda che tutte le rate vengono pagate con 10 giorni di ritardo con i relativi sovrapprezzi moratori.
La direttiva 87/102/CE ha reso obbligatoria l’indicazione del TAEG nei contratti di credito. La direttiva ha lasciato agli Stati membri la decisione in merito al calcolo di questo indicatore (art. 1) I vari Stati membri, nel recepire la direttiva, hanno poi indicato una loro formula di calcolo per questo indicatore. Ad esempio, il TAEG italiano è un indice ex post, che si misura in modo completamente diverso dal francese Taux Effectif Général, che è invece un tasso ex ante, noto al momento della firma del contratto.
Il TAEG italiano utilizzato nei contratti di finanziamento sotto forma di mutuo, ove è ben rappresentato il piano di ammortamento, è assolutamente un tasso ex ante, non si faccia confusione con il Tasso effettivo globale che è calcolabile solo a posteriori e non potrebbe essere diversamente in quanto non si ha cognizione, all’inizio di un’apertura di credito in conto corrente, di che utilizzi poi ne farà il debitore.
Sappiamo esattamente che non è facile capire queste formule matematiche finanziarie,ma abbiamo cercato di darvi una spiegazione per il semplice motivo che se dovete andare a stipulare un qualsiasi contratto di finanziamento che sia mutuo o prestito,almeno,quando vi parlano di TAEG O ISC ,non arriviate sprovveduti e magari poter controbattere se le cose ,già alla stipula,vi sembrano illecite.
(lo staff)
Con il termine anatocismo (dal greco anà – sopra, e tokòs – prodotto) si intende la capitalizzazione degli interessi su un capitale, affinché essi siano a loro volta produttivi di altri interessi (in pratica è il calcolo degli interessi sugli interessi). Nella prassi bancaria, tali interessi vengono definiti “composti”. Un esempio di anatocismo è quello di capitalizzare (ossia sommare al capitale di debito residuo) gli interessi ad ogni scadenza di pagamento, anche se sono regolarmente pagati.
Il calcolo degli interessi in regime di capitalizzazione composta anziché in regime di capitalizzazione semplice determina una crescita esponenziale del debito, di conseguenza per periodi inferiori all’anno l’importo calcolato con la capitalizzazione composta sarà inferiore a quello che si determina nella capitalizzazione semplice.
Giuridicamente, in un’obbligazione pecuniaria l’applicazione dell’anatocismo comporterebbe, per il debitore, l’obbligo di pagamento, non solo del capitale e degli interessi pattuiti, ma anche degli ulteriori interessi calcolati sugli interessi già scaduti.
La legge non autorizza il pagamento degli interessi sulle quote di debito (capitale e interessi), che non sono state regolarmente pagate a scadenza. La sentenza della corte di Cassazione del 20 febbraio 2003 n. 2593 è molto chiara a riguardo: “Occorre, in primo luogo, rilevare che in ipotesi di mutuo per il quale sia previsto un piano di restituzione differito nel tempo, mediante il pagamento di rate costanti comprensive di parte del capitale e degli interessi, questi ultimi conservano la loro natura e non si trasformano invece in capitale da restituire al mutuante, cosicché la convenzione, contestuale alla stipulazione del mutuo, la quale stabilisca che sulle rate scadute decorrono gli interessi sulla intera somma integra un fenomeno anatocistico, vietato dall’art. 1283 c.c.” In generale tuttavia gli istituti di credito applicano gli interessi di mora su tutta la quota di debito (capitale e interessi), di fatto ignorando la legislazione vigente.
Malgrado l’anatocismo sia un istituto conosciuto dagli albori del prestito ad interesse, la normativa italiana non ha raggiunto un sufficiente grado di completezza, tant’è che la disciplina si basa ancora sul codice civile del 1942, ed in particolare sull’art. 1283 c.c. Secondo questa norma, gli interessi scaduti, in assenza di usi contrari, possono produrre a loro volta interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. In linea di principio, il codice civile vieta un regime di capitalizzazione composta degli interessi, ovvero il pagamento degli interessi su interessi di periodi precedenti.
Nonostante la tutela approntata dal citato articolo,che subordina l’anatocismo alla compresenza di alcuni presuposti ben determinati,per circa mezzo secolo nella prassi bancaria italiana hanno trovato applicazione pressochè generalizzata,nei contratti di apertura di conto corrente,le clausole di capitalizzazione trimestrale degli impieghi.Ciò grazie all’avallo della giurisprudenza,tanto di legittimità quanto di merito,che ha affermato la validità delle clausole di capitalizzazione trimestrale,escludendo l’esistenza di un uso idoneo a derogare al divieto di anatocismo stabilito da tale norma.
Nel 1999 la Corte di Cassazione,invertendo il proprio orientamento giurisprudenziale,ha più volte affermato la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale,sostanzialmente argomentando nel senso della inesistenza di un uso normativo idoneo a derogare all’art 1283 c.c.
Per evitare scompensi tra il lavoro dei giudici e la prassi,il legislatore ha ritenuto opportuno,con il decreto legislativo 4 agosto 1999,n. 342,modificare l’art 120 del decreto legislativo 1 settembre 1993,n.385:tale intervento ha introdotto in materia il principio della uguale cadenza di capitalizzazione dei saldi attivi e passivi,nel contempo stabilendo una sanatoria per il pregresso,facendo salve le clausole di capitalizzazione trimestrale contenute nei contratti conclusi dall’entrata in vigore della nuovo disciplina.
La norma transitoria è stata però dichiarata illegittima,per eccesso di delega e conseguente violazione dell’articolo 77 Costituzione,dalla Corte Costituzionale.
Il cosiddetto “decreto salvabanche” fu presentato il 23 luglio 1999, sotto il Governo D’Alema I, convertito in legge n. 342 del 4 agosto 1999[2]. La Consulta, con la citata sentenza, ha abrogato l’art. 25, comma 3, dichiarato incostituzionale per: l’irretroattività della legge, la disparità di trattamento fra soggetti del testo Unico Bancario e creditori sottoposti all’anatocismo, il non rispetto dell’autonomia e indipendenza della magistratura.
Dopo la sentenza della Consulta, del 17 ottobre 2000, un secondo decreto fu approvato il 29 dicembre 2000, n. 394, a firma del Presidente del Consiglio Amato e della Repubblica, Ciampi, e convertito in legge 28 febbraio 2001, n. 24[3]. Il decreto fornisce l’interpretazione autentica della legge antiusura n. 108 del 1996.
Venuta meno la norma transitoria, finalizzata ad assicurare validità ed efficacia alle clausole di capitalizzazione degli interessi inserite nei contratti bancari stipulati anteriormente alla entrata in vigore della nuova disciplina, paritetica, della materia, la Corte di Cassazione ha continuato, con una ulteriore serie di sentenze (tra le altre, si veda la sentenza 13 dicembre 2002, n. 17813), a ribadire il suo approccio più recente, peraltro estendendo i principi enunciati inizialmente con riferimento al conto corrente bancario anche ai contratti di mutuo. Infine, con sentenza n. 21095/2004 (Cass. Civ., SS.UU., 4 novembre 2004, n. 21095), la suprema Corte ha confermato in modo netto il mutamento del 1999, così consolidando il nuovo trend giurisprudenziale.
Se parliamo di anatocismo e usura entrambi sono illeciti radicalmente ma diversi dal punto di vista giuridico.
L’anatocismo è un illecito civile,privo di risvolti penali,invece l’usura è vietata dal codice penale.
Sono modi diversi di ottenere una remunerazione fuori mercato dei capitali prestati,il primo con l’applicazione di interessi minori su una base più larga pari al debito residuo e alle quote interessi già pagate,la seconda con l’applicazione diretta di interessi esorbitanti.
L’anatocismo è ammesso solo a determinate condizioni del codice civile,mentre non riceve menzioni in quello penale,per cui chi pratica l’anatocismo non pone in essere alcun illecito di rilevanza penale.
Gli oneri per la pratica anatocistica sono molto contenuti. Si limitano al rimborso delle somme ingiustamente estorte, con relativi interessi legali. Non esiste una modalità ufficiale di calcolo, ma la giurisprudenza maggioritaria si è orientata nel senso di applicare in luogo della capitalizzazione trimestrale la capitalizzazione semplice (che non prevede alcuna capitalizzazione) o, più raramente, la capitalizzazione annuale. Il tasso di interesse è quello legale se non vi è una valida pattuizione e se il contratto è stato stipulato prima del 1/1/1994, entrata in vigore del Testo Unico Bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993); ovvero al tasso previsto dall’art. 117 TUB (rendimento medio dei BOT) applicato in senso favorevole al correntista. Affinché si possa parlare di valida pattuizione è opportuno che vi sia un accordo scritto sottoscritto da entrambe le parti. Non costituisce valida pattuizione la semplice comunicazione del tasso applicato.
Il giudice di merito può riconoscere il risarcimento del danno esistenziale e biologico.
In base alla legge n. 281/98, chi non rispetta il provvedimento del Giudice deve pagare allo Stato una somma di denaro che verrà, per effetto della medesima disposizione di legge, destinata ad iniziative a vantaggio dei consumatori.
Le sanzioni in caso di usura sono più incisive. Il diritto penale annovera l’usura come reato (art. 644 c.p.) e ciò comporta una maggiore reazione dell’ordinamento giudiziario rispetto ad un illecito civile. Il reato di usura prevede l’apertura di un’indagine penale, con intervento del Pubblico Ministero che ha particolari poteri di indagine e persecutori nei confronti di possibili usurai. Sul fronte civilistico le sanzioni conseguenti all’usura sono molto incisive e particolarmente penalizzanti per l’usuraio. L’Art. 1815 c.c prevede che in caso di usura, non siano dovuti interessi. Tale norma è stata modificata dalla legge 108/1996 che ha inasprito la sanzione. In precedenza il legislatore riconosceva comunque il tasso legale sul capitale erogato dall’usuraio.
Il sistema bancario non è immune dal reato di usura, ma anzi è prevista un’aggravante specifica nel caso in cui il reato sia commesso da un soggetto che esercita l’attività bancaria (Art. 644 c.p. n. 1). Purtroppo si sono verificati molti casi di istituti di credito, banche e società finanziarie che sono state condannate dai tribunali per aver applicato interessi usurari (ex multis: Tribunale di Monza Sent. n. 1967 dell’11-06-2007, Tribunale di Rho Sent. n. 76 del 28/02/2006, Tribunale di Rho Sent. n. 4 del 10/01/2006). Il ctu Michel Emi Maritato si è mobilitato per riuscire a mantenere inalterato quanto ciascuna azienda vanta o potrà vantare dagli istituti di credito a titolo di restituzione di Indebiti Bancari. I fatti salienti sono i seguenti: nel Febbraio 2011 la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 24418 del 2 dicembre 2010 ha sancito definitivamente che il diritto alla restituzione di tutti gli indebiti rilevabili sui conti correnti bancari (dall’Anatocismo, agli interessi Ultralegali, alle Commissioni di massimo scoperto illegittime, all’Usura Bancaria…) si prescrive nel termine di dieci anni dalla chiusura del conto corrente. Con tale sentenza si è confermato quindi che un correntista, che ha utilizzato fidi bancari pagando interessi passivi trimestrali, può vantare il proprio diritto alla restituzione di quanto pagato illegittimamente in più alla banca, tornado indietro a rielaborare i propri conti fino al 1952.
Il milleproroghe votato ed entrato in vigore è stato sollevato di incostituzionalità da diversi Tribunali, come la causa del 13 aprile 2011 – Anatocismo. Tribunale di Roma, rimanendo in attesa di decisione della Corte Costituzionale. Dopo aver abbattuto il debito del correntista nei confronti della banca per oltre mezzo milione di euro a seguito della rielaborazione contabile con la sola capitalizzazione annuale ed altre illegittimità, il giudice Antonella Izzo dispone di rielaborare i conti senza alcuna capitalizzazione seguendo la sentenza 24418 della Sezioni Unite della Cassazione del dicembre 2010, disapplicando completamente il Milleproroghe senza nemmeno prenderlo in considerazione. Con un’importante sentenza, poi, il Tribunale di Ancona ha sancito la nullità del decreto ingiuntivo ottenuto da un Istituto di credito nei confronti del fideiussore del debitore, in quanto nel contratto di conto corrente bancario oggetto del credito del quale si chiedeva l’escussione era applicato l’anatocismo, vale a dire la capitalizzazione degli interessi sugli interessi. La sentenza è particolarmente significativa, in quanto, secondo il Tribunale marchigiano il semplice estratto conto non costituisce prova della somma dovuta dall’utente bancario. Dall’esibizione in giudizio della documentazione richiesta dal magistrato, è, quindi, emerso che la Banca nel corso degli anni aveva illegittimamente applicato l’anatocismo sugli interessi passivi. Il Tribunale di Ancona ha, quindi, stabilito che, oltre, al debitore principale anche il fideiussore può opporsi all’ingiunzione di pagamento dell’Istituto di credito.
Abbiamo cercato di dare un idea di cose si tratta e si intende per anatocismo,una pratica non sempre facile da capire,sperando di essere stati chiari.
(lo staff)
Le offerte di mutuo si aggiornano di continuo e,in particolari periodi,i tassi di interesse possono risultare particolarmente convenienti. Chi ha un mutuo in sospeso quindi potrebbe essere tentato di cambiare banca passando ad un offerta più vantaggiosa nelle condizioni.
Questo passaggio si chiama tecnicamente surroga ed è ammesso dalle condizioni bancarie.
Ma che cosa è esattamente la surroga,vediamo di dare un una breve spiegazione:
La surroga è la portabilità di un mutuo da una banca all’altra.
Una particolare surroga è quella relativa alla portabilità dell’ipoteca e quella relativa alla surrogazione del mutuo.Le rispettive discipline sono state da ultimo modificate dal Decreto Bersani del 2007.
Il Decreto introduce una novità in riguardo alla portabilità dell’ipoteca relativamente al mutuo.In precedenza,era necessario cancellare l’ipoteca ed,estinto il vecchio mutuo,iscrivere una nuova ipoteca con l’istituto di credito subentrante.
Con le nuove regole,non è necessario cancellare l’ipoteca,e nel contratto relativo al mutuo viene fatto un cambio di attore,annotando la banca subentrante.Nei registri immobiliari quindi la surrogazione ed il nome del nuovo creditore sono indicati con annotazione a margine della vecchia ipoteca.
La surrogazione del mutuo su volontà del debitore era un diritto previsto all’art 1202 del codice civile.
Il decreto ha semplificato oneri e procedure per l’avvio di un mutuo con un istituto di credito che offra condizioni migliori al cliente,Il decreto afferma il principio per cui è nulla ogni pattuizione,all’atto della stipula o successiva al mutuo,che ostacoli in qualche modo l’esercizio di questo diritto legittimo.
In base al citato Decreto Bersani,la banca inoltre non può operare un’autosurroga,per stipulare un mutuo a nuove condizioni.La surroga è finalizzata alla portabilità dell’ipoteca,e vale fra istituti differenti.La banca quindi non può autosurrogarsi per l’applicazione del decreto bersani.
La surroga e il confronto di preventivi di altre banche è anche una opportunità per ottenere una rinegoziazione e condizioni migliorative del proprio istituto di credito. Nulla tuttavia vieta alla banca di cambiare le condizioni contrattuali in modo più favorevole al cliente,stipulando una rinegoziazione del contratto di mutuo con il consenso scritto di entrambe le parti.
Se si modifica il contratto con il proprio istituto di credito,non si tratta di surroga,ma di rinegoziazione,quest’ultima quindi non riguarda solo l’allungamento della durata,ma la ridefinizione di un qualunque aspetto del piano di ammortamento:durata,rata,interesse,spread,tipo di tasso.
Ma anche se è possibile cambiare mutuo gratuitamente,ma conviene sempre?
Partiamo premettendo che la surroga del mutuo permette di cambiare tasso e durata del finanziamento ma non l importo.Questa seconda ipotesi infatti configura una vera e propria sostituzione che richiede una nuova ipoteca e un nuovo atto notarile.
La portabilità non ha tecnicamente limiti,come avviene con i gestori telefonici,ma in pratica la surroga è un bonus concesso dalle banche una sola volta,il surrogatore seriale infatti è visto con diffidenza dalle banche,che con questa pratica,perdono dei costi fissi che non hanno tempo di ammortizzare.
La surroga del mutuo può servire ad abbassare il tasso di interesse ma anche a ridurre la durata residua.Ma,visto anche quanto detto sopra in merito all’unicità della possibilità di surroga,occorre valutare bene il momento in cui fare la richiesta.Molto dipende ovviamente anche dalle condizioni di partenza e dal tasso di interessi. A questo scopo si possono utilizzare comparatori di prezzo e informarsi adeguatamente presso chi di competenza.
(lo staff)
Non ci stancheremo mai di ripetere che l’usura bancaria è un fenomeno molto diffuso,legato ad errori da parte degli istituti connessi a prassi consolidate ed al proliferare di spese ed oneri diversi.E’possibile sulla base di disposizioni di legge e di sentenze,ottenere il rimborso dagli istituti bancari. Oggi più che mai le imprese possono invertire il rapporto di forza con il sistema creditizio.
Il rapporto tra imprese e banche è da sempre tra i più discussi.Le banche sono imprese e non istituzioni:sono dunque profit come qualsiasi altra realtà business.In una prassi contraddistinta da normative non sempre brillanti per chiarezza e trasparenza,capita sempre più spesso di assistere ad errori da parte degli istituti bancari nel calcolo delle competenze a carico delle imprese.Questi errori non vedono banche più virtuose rispetto ad altre:i meccanismi di calcolo,le commissioni applicate,le spese legate a conti anticipi e sconti fatture sono generalizzati dal sistema. Ciò comporta che per una certa tipologia di impresa,il rischio di incorrere in errore da parte della banca è elevato.
Rispetto ad un recente passato,oggi l’imprenditore è più erudito sui propri diritti nei confronti delle banche. La legge 108/96 entrata in vigore il 24 marzo del 1996 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 marzo 1998 n. 58 consente all’imprenditore ad individuare un limite,definito tasso soglia di riferimento nella corresponsione di interessi e spese,al di la del quale si configura il reato di usura.
La legge n. 108/1996 modifica sua l’art. 644 c.p.,sia l’art 1815 c.c.,stabilendo il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari,”nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella G.U. ai sensi del c.1,relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso,aumentato della metà“.L’articolo 1 della stessa legge riprende la disposizione dell’art 644c.p. secondo cui “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni,remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese,escluse quelle per imposte e tasse collegate all’erogazione del credito.. Dunque nel computo del valore da confrontare con il tasso soglia,vanno inserite tutte le voci di spesa. Questo aspetto è rafforzato dalla legge 2/2009 secondo cui il limite oltre il quale gli interessi sono considerati usurari ai sensi dell’art 644 c.p. comma 5,vede nel tasso medio risultante dalla rilevazione relativa alle categorie di operazioni in cui il credito è compreso,aumentato della metà,cosiddetto tasso effettivo globale medio un punto fondamentale.
Dunque è ribadito come per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni,delle remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese escluse quelle per imposte e tasse,collegate all’erogazione del credito.
C è da chiedersi a questo punto come sia possibile che ancora oggi su diversi conti correnti bancari sia ancora possibile ravvisare fenomeni di superamento tasso soglia,per di più sovente non saltuari nello stesso estratto conto. A questa domanda è possibile rispondere in maniera molto semplice ed immediata,si provi ad inserire su google news la voce “usura bancaria”.Ogni utente potrà verificare che esistono migliaia di contenziosi tra le banche e le imprese.
Un punto sensibile nelle controversie è quello relativo alla celeberrima commissione massimo scoperto.Il tutto è stato definitivamente chiarito con la sentenza della Cassazione Penale sez. II n. 262 del 19/02/2010 e con quella della Cassazione penale,sez II,n.12028 del 26 marzo 2010,che confermano l’inclusione della commissione di massimo scoperto tra gli oneri da includere nella determinazione del Tasso effettivo globale medio ai sensi dell’usura. Altro aspetto prioritario è la precisazione relativa alla non conformità all’art 644 codice penale delle istruzioni della Banca d ‘Italia che escludevano tali oneri dal calcolo del tasso effettivo globale.
E’ possibile dunque per gli imprenditori verificare la possibilità di recuperare nei propri conti correnti gli oneri eventualmente addebitati in maniera errata dagli istituti bancari.Attraverso una perizia tecnica è possibile quantificare l’eventuale errore da parte dell’istituto che può essere chiamato in conciliazione o in giudizio alla restituzione del plus addebitato.
La sudditanza che ha sempre visto le piccole e media imprese,sottostare ad una serie di normative molto rigide ed inflessibili da parte delle banche è dunque terminata.Ogni imprenditore dovrebbe controllare il proprio conto corrente con la stessa solerzia con cui gli istituti controllano i rating creditizi e provvedono laddove previsto a chiamare il cliente al rientro di affidamenti ed esposizioni varie. Anche in questo caso assistiamo ad una forma di sudditanza delle imprese rispetto al sistema bancario,che si traduce in una non verifica preventiva degli estratti conto,nella ferma convinzione di possibili prese di posizione da parte delle banche.
Siamo in presenza in questi casi di restrizioni culturali che non consentono agli imprenditori di tutelare i propri interessi nei confronti di altri imprenditori,titolari di società bancarie.
Esiste una ricchissima giurisprudenza in materia.Sono quotidiani i confronti tra tecnici di parte delle imprese e quelli degli istituti bancari sull’addebito di oneri ed interessi considerati indebiti. Un buon imprenditore è sempre attento ai costi di impresa:qui abbiamo valutazioni che rientrano in ottica di minimizzazione degli oneri bancari.E’ ancora possibile nel 2014 concedere un valore competitivo cosi rilevante al sistema creditizio?la risposta appare ovvia ed è da trovare proprio nei risultati evidenziati in termini di contrasto ai fenomeni di usura bancaria dal principale motore di ricerca al mondo che con la chiave di ricerca “usura bancaria”dedica diverse pagine e riferimenti ricchi di dettagli.
(lo staff)