E’ di grande attualità l’argomento “Usura nei mutui e finanziamenti” con la conseguente possibilità di vedersi restituire dagli istituti di credito, gli interessi pagati illegittimamente in quanto usurari.
Intorno all’argomento, si è creato e si sta consolidando un enorme business, fortemente lucrativo, a danno delle famiglie, dei consumatori e cittadini che si vedono proporre costosissime perizie che il più delle volte si dimostrano inutil i e creano soltanto illusioni e false aspettative.
Intendiamo dare alcune informazioni e consigli a quanti ne abbiano interessi.
1. L’usura nei finanziamenti e mutui non è un fenomeno di massa. Sono infatti in numero limitato i casi in cui effetivamente si determinano le condizioni per ottenere la restituzione degli interessi in quanto usurari.
2. Prima di aprire un contenzioso con gli istituti di credito è bene saper che banche e finanziarie si sono dati una comune “linea politica” che è quella di negare sempre tutto anche l’evidenza allo scopo di costringere famiglie e consumatori a portare il contenzioso in sede di tribunale scoraggiandoli di fatto, se non altro per i tempi lunghi delle procedure e per i costi elevati da affrontare.
3. Prima di iniziare una causa bisogna essere più che certi della presenza di usura nel contratto in quanto una causa persa espone anche al rischio dei vedersi condannare al pagamento delle spese di giudizio.
4. E’ bene diffidare da chi propone facil i soluzioni promettendo magari possibili trattative con gli Istituti di Credito.
E’ ormai accertato che banche e finanziarie non trattano quasi mai e il più delle volte non si presentano nemmeno in sede di Mediazione obbligatoria.
Con l’argomento “usura nei contratti” le Banche e le Finanziarie stanno ancora una volta dimostrando tutta l’arroganza dei poteri forti, motivo in più questo per analizzare attentamente i contratti di finanziamento prima di avanzare qualsiasi rivendicazione.
Per ogni verifica sui contratti è bene rivolgersi alle Associazioni, una fra tutte ASSOCIAZIONE DECIBA una di quelle che danno consigli ed effettuano le prime verifiche gratuitamente.
Diamo alcuni recapiti
Tel: 0375/781262
financialsolutio@libero.it
deciba@libero.it
Presidente: Gaetano Vilnò
Avv. Rosa Chiericati
(lo staff)
La sentenza depositata nei giorni scorsi dal Giudice di Pace Carlo Crapanzano rappresenta una importante svolta nel panorama delle giurisprudenza che si sta formando all’indomani della sentenza della Cassazione n.350 del gennaio 2013, seguita da sentenze ed orientamenti discordanti tra loro.
Questa sentenza traccia un percorso molto chiaro e già ampiamente supportato non solo dalla Legge 108/96, dalla Suprema Corte di Cassazione, ma anche dalla Corte di Appello di Venezia sempre del 2013.
Il panorama diventa sempre più chiaro, ed è evidente che con queste caratteristiche, sono tantissimi i contratti stipulati in regime di usura pattuita.
In questa circostanza, si tratta di una banca milanese che è stata condannata a risarcire una coppia di coniugi che avevano contratto un mutuo ipotecario, e lamentavano che nel calcolo degli interessi pattuiti risultasse (aggiungendo il tasso di mora indicato in caso di mancato pagamento della rata) il superamento del tasso soglia fino a considerare l’interesse in superamento del tasso soglia e quindi in usura.
Per questo hanno chiesto la restituzione degli interessi del mese di maggio 2013. I due avevano stipulato il 20 aprile del 2011 un mutuo ipotecario per la somma di 270 mila euro, per la durata di 35 anni, pagabili con 420 rate mensili.
La sentenza ribadisce il principio che nel calcolo degli interessi per un mutuo ipotecario, il tasso di mora nel caso di mancato pagamento di una rata, debba essere sommato al tasso Taeg (tasso annuale effettivo globale), che comprende gli interessi, le spese di apertura della pratica di credito, le spese di incasso delle rate, per le assicurazioni e le varie spese contemplate nel contratto.
Il contratto di mutuo che era stato stipulato tra le parti del processo, aveva un Taeg indicato al 2,247 percento. Secondo la banca, nel calcolo del Taeg non va considerato l’eventuale calcolo dell’interesse di mora in caso di inadempimento del pagamento della rata.
La clausola degli interessi di mora previsti dal contratto erano del 3,50%.
Sommando i due tassi si arriva al 5,747 percento il limite stabilito dalla legge dei tassi massimi consentiti oltre il quale si è in usura ( cd. Tasso soglia) è del 4,185 percento e quindi ci si trova in presenza di USURA PATTUITA.
La linea seguita dal Giudice, continua a tracciare un solco nella direzione della maggiorazione degli addendi per il calcolo del TAEG, cosi come previsto dalla Sentenza Suprema Corte di Cassazione N.350 e Corte di Appello di Venezia aprile 2013.
La tesi sostenuta in queste sentenze, evidenzia che il sistema creditizio negli ultimi anni, ha sottovalutato la reale applicazione dei tassi a discapito dei mutuatari, è di fatto, sarebbero tantissimi contratti ad avere le medesime condizioni.
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(lo staff)
Abbiamo sempre parlato di tasso di interesse,ma che cosa è realmente,come è composto,qua cercheremo di dare un idea di cosa si intende anche a livello finanziario economico.
n economia, il tasso (o saggio) di interesse effettivo rappresenta la percentuale dell’interesse su un prestito e l’importo della remunerazione spettante al prestatore.
Viene espresso come una percentuale per un dato periodo di tempo e indica quanta parte della somma prestata debba essere corrisposta come interesse al termine del tempo considerato o, da un altro punto di vista, indica il costo del denaro. Il debitore, infatti, ricevendo una somma di denaro, si impegna a pagare una somma superiore a quella ricevuta. La differenza costituisce l’interesse, che viene solitamente calcolato in percentuale sulla somma prestata. Tale percentuale costituisce il tasso di interesse. Il tasso d’interesse è variabile anche in funzione della moneta di riferimento, del rischio connesso alla solvibilità del debitore e della lunghezza del periodo di riferimento.
Oltre che dalla percentuale, i tassi d’interesse sono caratterizzati dal cosiddetto regime di capitalizzazione degli interessi, che può essere semplice o composto. Se la durata del prestito è superiore al periodo di tempo per cui l’interesse viene conteggiato, si parla di tasso di interesse composto, perché vengono conteggiati nel calcolo dell’interesse finale anche gli interessi parziali già maturati per ogni periodo.
L’interesse viene detto semplice quando è proporzionale al capitale e al tempo. Ovvero gli interessi, maturati da un dato capitale nel periodo di tempo considerato, non vengono aggiunti al capitale che li ha prodotti (capitalizzazione) e, quindi, non maturano a loro volta interessi.
L’interesse viene detto composto quando, invece di essere pagato o riscosso, è aggiunto al capitale iniziale che lo ha prodotto. Questo comporta che alla maturazione degli interessi il montante verrà riutilizzato come capitale iniziale per il periodo successivo, ovvero anche l’interesse produce interesse.
L’interesse composto si divide in:
discontinuo annuo; discontinuo convertibile; continuo o matematico.
Montante ad interesse composto discontinuo annuo:
In questo caso gli interessi si sommano al capitale iniziale che li ha prodotti al termine di ogni anno.
Montante ad interesse composto discontinuo convertibile
In questo caso gli interessi maturano volte durante l’anno, ma sempre in periodi definiti.
Montante ad interesse composto continuo o matematico
In questo caso gli interessi si sommano al capitale che li ha prodotti ad ogni istante. Il tasso d’interesse composto a capitalizzazione continua ha applicazioni soprattutto teoriche, nella matematica finanziaria; sebbene sia rilevante nelle applicazioni relative alle più semplici operazioni finanziarie, è ad esempio ampiamente utilizzato nelle formule di valutazione di operazioni finanziarie complesse, come nella valutazione delle opzioni.
Sappiamo che la cosa è un pò difficile da capire,allora cercheremo di dare un esempio pratico:
Supponiamo che Tizio prenda oggi a prestito da una banca una somma (C) pari a 1.000 euro da restituire dopo un anno (t), aumentata degli interessi maturati nel corso di quell’anno (I) pari al 5%. Per motivi di semplicità supponiamo anche (e questa è una ipotesi lontana dalla realtà) che la banca erogante non chieda commissioni o spese per l’istruzione della pratica,direi un utopia.
In regime di capitalizzazione semplice, gli interessi maturati dopo un anno sono pari a
I = 1.000 x 0,05 = 50
E quindi il montante da rimborsare dopo un anno è pari a
M = 1.000 + I = 1.050 Invece se il tasso del 5% applicato fosse in regime di capitalizzazione composta, cioè un tasso annuo nominale con capitalizzazione trimestrale degli interessi, la banca che ha prestato il capitale iniziale di 1.000 euro, dopo i primi 3 mesi dal giorno in cui ha erogato il prestito procederebbe a “liquidare gli interessi”, cioè a calcolare gli interessi maturati fino a quel momento, e quindi li capitalizzerebbe, cioè aggiungerebbe quegli interessi alla somma inizialmente data in prestito.
Poiché il tasso stabilito è un tasso annuo, la banca, per calcolare gli interessi maturati in tre mesi, considererebbe solo l’equivalente frazione di tre dodicesimi (cioè un quarto) del tasso annuo stabilito.
I1 = 1.000 x (0,05 x (3/12)) = 12,5
Le cose inizierebbero ad essere diverse a partire dalla seconda capitalizzazione degli interessi. Infatti, allo scadere del secondo trimestre, la banca utilizzerebbe la stessa formula esposta sopra, ma questa volta la base sulla quale calcolerebbe gli interessi maturati non sarebbe più di 1.000 euro, ma di 1.012,5 euro:
I2 = 1.012,5 x (0,05 x (3/12)) = 12,66
Come si vede già l’importo di interessi maturati in questo regime non è più uguale agli interessi maturati nel regime precedente, ma è maggiore. L’aumento continua ricorsivamente nei trimestri successivi:
I3 = 1.025,156 x (0,05 x (3/12)) = 12,81 I4 = 1.037,97 x (0,05 x (3/12)) = 12,97
Il totale degli interessi maturati nel corso dell’anno con questo regime di capitalizzazione sarebbe pari a 12,5 + 12,66 + 12,81 + 12,97 = 50,94 euro. Di conseguenza il montante M ammonterebbe a 1.050,95 euro.
Esistono dei prospetti chiamate tavole finanziarie che evidenziano a quale tasso annuo effettivo (quello del regime semplice) corrisponde un tasso annuo nominale con capitalizzazione periodale degli interessi (quello del regime composto). Nell’esempio esposto sopra si è evidenziato come il tasso annuo nominale del 5% con capitalizzazione trimestrale corrisponda al tasso annuo effettivo del 5,0945%. Se la capitalizzazione degli interessi fosse avvenuta più frequentemente di una volta ogni tre mesi (ad esempio, al termine di ogni settimana) allora la differenza fra i due regimi sarebbe stata ancora maggiore. Infatti a un tasso annuo nominale del 5% con capitalizzazione settimanale degli interessi corrisponde un tasso annuo effettivo del 5,1246%.
Usura
La legge si occupa di tassi di interesse a diversi livelli, considerata la grave disparità di situazioni generalmente riguardanti prestatore e prestatario (colui che riceve il denaro in prestito); al fine di evitare che il prestatore possa sfruttare a fini di ingiusto profitto (usura) la condizione di necessità di chi richiede un prestito, i tassi di interesse non possono essere libero oggetto di contrattazioni, ma vanno ricondotti in una fascia empiricamente ricavata dall’osservazione trimestrale della media dei tassi applicati per la piazza di riferimento.
Interesse nel contratto di mutuo
Nei mutui, che rappresentano una forma tipica di prestito, i tassi possono essere anche variabili o misti: quando sono variabili, vengono ricalcolati ad ogni rata secondo una formula prestabilita in base a degli indicatori economici prefissati e, di conseguenza, vengono ricalcolati anche gli interessi e, quindi, l’ammontare della rata stessa. Il tasso misto è fisso per un certo intervallo di tempo e, poi, diventa variabile. La durata del tasso fisso e la formula di quello variabile sono, comunque, stabilite in anticipo, al momento della stipula del contratto. Va detto che esigenze di natura commerciale hanno moltiplicato le possibili forme di prestito e, conseguentemente, favorito la creazione di molti nuovi modi di composizione del tasso e delle altre modalità di prestito.
L’importo finale della somma da restituire in corrispondenza di un determinato tasso d’interesse ed a determinate scadenze (usualmente misurate in anni, ma vanno prendendo piede le misurazioni a semestri e – per alcuni tipi di prestito – anche minori), si definisce montante.
Normativa italiana
In Italia, un tasso superiore a quanto stabilito dalla Banca d’Italia costituisce tasso usurario. È importante notare quindi, come riportato nel sito della Banca d’Italia che definisce il tasso effettivo globale medio (TEGM), che ciò che viene comunemente chiamato tasso d’usura veniva aumentato della metà fino a giugno 2011, successivamente viene aumentato del 25% (con un massimo del 4%) + ulteriori 4 punti percentuali[1]
Inoltre, la pratica di calcolare gli interessi sugli interessi (anatocismo) è sempre stata espressamente vietata dal Codice Civile (art. 1283),come abbiamo detto ieri; recenti pronunce giurisdizionali hanno imposto alle banche che lo avevano applicato la restituzione degli indebiti.
Tasso d’interesse banche centrali
In ogni sistema monetario, il tasso d’interesse della banca centrale è il tasso di riferimento per mutui, prestiti e molte altre operazioni finanziare. È il tasso a cui un ente finanziario, come una banca, può accendere un prestito presso la banca centrale. L’andamento sul grafico è tipicamente a gradini, in quanto la scelta di variazione è a discrezione della banca centrale e solitamente la definizione ha solamente 2 cifre centesimali definite (es. 1,75%, 2,00%). I tassi di riferimento dei principali paesi o dei principali sistemi monetari sono:
Europa (BCE) Stati Uniti (FED) Gran Bretagna (BOE) Giappone (BOJ) Svizzera (SNB) Canada (BOC) Australia (RBA)
Nuova Zelanda (RBNZ)
(lo staff)