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Secondo la procura pugliese, i sette dirigenti di via Nazionale e l’alto funzionario del ministero dell’Economia indagati per concorso in usura continuata e aggravata hanno fornito un “contributo morale” premeditato agli istituti coinvolti. Una premeditazione legata anche al fatto che Unicredit, Bnl e Mps “detengono quote consistenti nel capitale della Banca d’Italia”

Un “contributo morale” di fatto premeditato, quello di Banca d’Italia e del ministero dell’Economia. Come se a preparare il cappio, stretto intorno al collo di alcuni imprenditori pugliesi dagli istituti di credito, fossero stati i dirigenti di via Nazionale e via XX Settembre. Ma perché Palazzo Koch avrebbe dovuto favorire Unicredit, Bnl e Monte dei Paschi di Siena? La risposta è nello stesso capo di imputazione della procura di Trani: perché questi istituti sono “detentori di consistenti quote di capitale della Banca d’Italia e di poteri di nomina dei suoi organismi di governance“. È quasi senza appello, considerate le “qualifiche apicali e le corrispondenti competenze tecnico-giuridiche del più elevato profilo”, l’atto di accusa che si legge nelle 44 pagine di chiusura indagine contro vertici attuali e passati delle tre banche e della Popolare di Bari, accusate del reato di usura bancaria continuata e pluriaggravata nell’ambito di un’inchiesta nata da un esposto dell’Adusbef. Il tasso applicato agli imprenditori che si rivolgevano agli istituti per aprire un conto corrente di fatto superava di molti punti percentuali la soglia limite fissata per legge. Questo perché il tasso era applicato non all’importo effettivamente utilizzato ma a quello “accordato”. Questo, scrive il pm Michele Ruggiero, ”nonostante le chiare previsioni in materia di usura introdotte dalla legge 108 del 1996″. Che, all’articolo 1, prevede che nel determinare il tasso di interesse usurario si tenga conto delle “commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.

Il “disegno criminoso” di Saccomanni e Tarantola: far guadagnare le banche. Nel mirino del pm Ruggiero – salito agli onori delle cronache per la clamorosa inchiesta sulle agenzie di rating ree di aver provocato danni patrimoniali all’Italia e per un’indagine sull’omessa vigilanza di Bankitalia e Consob sui bilanci Mps – sono finiti Giuseppe Maresca, capo della direzione “Prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illegali” del Dipartimento del Tesoro, e sette tecnici e dirigenti di via Nazionale in attività all’epoca dei fatti contestati, cioè tra il 2005 e il dicembre 2012: Vincenzo Desario, l’ex ministro del governo Letta Fabrizio Saccomanni (che di Bankitalia è stato direttore generale), l’attuale presidente della Rai Anna Maria Tarantola (ex capo della Vigilanza), Francesco Maria Frasca (coinvolto e poi uscito indenne dai processi sulle scalate bancarie), Giovanni Carosio, Stefano Mieli e Luigi Federico Signorini. Tutti insieme, argomenta il pm, “con condotte reiterate, in tempi diversi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (consistente nella previsione e volontà di far conseguire alle banche la maggiore quantità di di moneta), adottavano consapevolmente e deliberatamente … determinazioni amministrative (istruzioni, circolari, note, decreti ministeriali, il ministero del Tesoro), in contrasto/violazione della legge in materia di usura … così consapevolmente fornendo un contributo morale necessario ai fatti-reato di usura materialmente commesse dalle banche”.

In un caso il tasso effettivo è stato oltre il 500%. Di fatto Bankitalia, nella sua funzione di ausilio al Tesoro, prescriveva alle banche, per alcune operazioni tra cui appunto le aperture di credito in conto corrente, l’utilizzo di criteri di calcolo sui tassi secondo un algoritmo “che rapportava l’incidenza degli oneri e delle commissioni al credito accordato piuttosto che a quello effettivamente utilizzato“. E – in violazione delle disposizioni del Codice penale in materia di usura – “disponeva, con Circolari e Note ufficiali dirette alle banche, che anche per la verifica di sussistenza delle condizioni usurarie, ossia per la verifica del superamento del limite/tasso soglia previsto dalla Legge 108/1996 le banche utilizzassero il suddetto medesimo algoritmo anziché un altro che rapportava l’incidenza di oneri, commissioni e spese al credito erogato ed effettivamente utilizzato“. Il risultato delle prescrizioni di Via Nazionale? Come si può leggere nelle tabelle inserite nel documento di chiusura indagine, i tassi applicati ai sei imprenditori che hanno fatto denuncia superavano di molti punti percentuali il tasso soglia. In un caso gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno rilevato, su un corto corrente ordinario aperto presso una filiale Bnl di Barletta, un Tasso annuo effettivo globale (Taeg) del 558,528%. Fortuna che è stato applicato solo per un trimestre.

Bankitalia “predeterminava” la distorsione del costo effettivo del credito. In questo modo, di fatto, Palazzo Koch “predeterminava consapevolmente … le condizioni per una distorsione del dato del costo effettivo del credito erogato e una sensibile riduzione dello stesso e per la segnalazione – da parte delle banche – di Teg (tasso effettivo globale, ndr) più bassi (rispetto a quelli ottenuti/ottenibili con la formula matematica prevista per il calcolo del Taeg, ‘tarata’ come per legge sull‘erogato)”, in modo che “gli interessi/remunerazioni applicati dalla banche alla clientela risultassero apparentemente entro i cosiddetti limiti/tassi soglia pur essendo in concreto e sostanzialmente a tali limiti/tassi soglia superiori e, come tali, usurari“. Per la Procura i dirigenti di via Nazionale e di via XX Settembre erano consapevoli di tutto questo e “volontariamente quanto meno con dolo eventuale (ovvero con l’accettazione del rischio che questo potesse accadere, ndr) concorrevano moralmente con i dirigenti degli istituti di credito” a tenere sotto usura gli imprenditori che si erano rivolti a loro ottenere finanziamenti. Tutto questo con l’aggravante che avrebbero dovuto essere proprio loro a vigilare e controllare perché una situazione del genere non si verificasse.

Esplosione del contenzioso dopo la sentenza della Cassazione. Dal gennaio 2013, quando la Corte di Cassazione ha censurato le istruzioni di Bankitalia chiarendo come va calcolato il tasso di interesse da confrontare con il fatidico “valore soglia”, il contenzioso sull’usura bancaria è esploso. E si contano già diversi casi di verdetti di colpevolezza. Il Tribunale di Padova ha condannato in primo grado un istituto, che pretendeva il rientro da uno scoperto di 22.500 euro, a risarcirne ben 90mila all’imprenditore titolare del conto corrente perché il contratto, stipulato 16 anni prima, prevedeva tassi usurari. E per lo stesso motivo la Corte d’appello di Torino, confermando una sentenza del Tribunale di Alba, ha stabilito la responsabilità di Prestitalia (gruppo Ubi) e la conseguente restituzione di commissioni, spese e interessi a un pensionato che aveva sottoscritto un prestito personale legato alla cessione del quinto dell’assegno Inps.

(lo staff)

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Secondo la procura pugliese, i sette dirigenti di via Nazionale e l’alto funzionario del ministero dell’Economia indagati per concorso in usura continuata e aggravata hanno fornito un “contributo morale” premeditato agli istituti coinvolti. Una premeditazione legata anche al fatto che Unicredit, Bnl e Mps “detengono quote consistenti nel capitale della Banca d’Italia”

Un “contributo morale” di fatto premeditato, quello di Banca d’Italia e del ministero dell’Economia. Come se a preparare il cappio, stretto intorno al collo di alcuni imprenditori pugliesi dagli istituti di credito, fossero stati i dirigenti di via Nazionale e via XX Settembre. Ma perché Palazzo Koch avrebbe dovuto favorire Unicredit, Bnl e Monte dei Paschi di Siena? La risposta è nello stesso capo di imputazione della procura di Trani: perché questi istituti sono “detentori di consistenti quote di capitale della Banca d’Italia e di poteri di nomina dei suoi organismi di governance“. È quasi senza appello, considerate le “qualifiche apicali e le corrispondenti competenze tecnico-giuridiche del più elevato profilo”, l’atto di accusa che si legge nelle 44 pagine di chiusura indagine contro vertici attuali e passati delle tre banche e della Popolare di Bari, accusate del reato di usura bancaria continuata e pluriaggravata nell’ambito di un’inchiesta nata da un esposto dell’Adusbef. Il tasso applicato agli imprenditori che si rivolgevano agli istituti per aprire un conto corrente di fatto superava di molti punti percentuali la soglia limite fissata per legge. Questo perché il tasso era applicato non all’importo effettivamente utilizzato ma a quello “accordato”. Questo, scrive il pm Michele Ruggiero, ”nonostante le chiare previsioni in materia di usura introdotte dalla legge 108 del 1996″. Che, all’articolo 1, prevede che nel determinare il tasso di interesse usurario si tenga conto delle “commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”

Il “disegno criminoso” di Saccomanni e Tarantola: far guadagnare le banche. Nel mirino del pm Ruggiero – salito agli onori delle cronache per la clamorosa inchiesta sulle agenzie di rating ree di aver provocato danni patrimoniali all’Italia e per un’indagine sull’omessa vigilanza di Bankitalia e Consob sui bilanci Mps – sono finiti Giuseppe Maresca, capo della direzione “Prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illegali” del Dipartimento del Tesoro, e sette tecnici e dirigenti di via Nazionale in attività all’epoca dei fatti contestati, cioè tra il 2005 e il dicembre 2012: Vincenzo Desario, l’ex ministro del governo Letta Fabrizio Saccomanni (che di Bankitalia è stato direttore generale), l’attuale presidente della Rai Anna Maria Tarantola (ex capo della Vigilanza), Francesco Maria Frasca (coinvolto e poi uscito indenne dai processi sulle scalate bancarie), Giovanni Carosio, Stefano Mieli e Luigi Federico Signorini. Tutti insieme, argomenta il pm, “con condotte reiterate, in tempi diversi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (consistente nella previsione e volontà di far conseguire alle banche la maggiore quantità di di moneta), adottavano consapevolmente e deliberatamente … determinazioni amministrative (istruzioni, circolari, note, decreti ministeriali, il ministero del Tesoro), in contrasto/violazione della legge in materia di usura … così consapevolmente fornendo un contributo morale necessario ai fatti-reato di usura materialmente commesse dalle banche”.

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In un caso il tasso effettivo è stato oltre il 500%. Di fatto Bankitalia, nella sua funzione di ausilio al Tesoro, prescriveva alle banche, per alcune operazioni tra cui appunto le aperture di credito in conto corrente, l’utilizzo di criteri di calcolo sui tassi secondo un algoritmo “che rapportava l’incidenza degli oneri e delle commissioni al credito accordato piuttosto che a quello effettivamente utilizzato“. E – in violazione delle disposizioni del Codice penale in materia di usura – “disponeva, con Circolari e Note ufficiali dirette alle banche, che anche per la verifica di sussistenza delle condizioni usurarie, ossia per la verifica del superamento del limite/tasso soglia previsto dalla Legge 108/1996 le banche utilizzassero il suddetto medesimo algoritmo anziché un altro che rapportava l’incidenza di oneri, commissioni e spese al credito erogato ed effettivamente utilizzato“. Il risultato delle prescrizioni di Via Nazionale? Come si può leggere nelle tabelle inserite nel documento di chiusura indagine, i tassi applicati ai sei imprenditori che hanno fatto denuncia superavano di molti punti percentuali il tasso soglia. In un caso gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno rilevato, su un corto corrente ordinario aperto presso una filiale Bnl di Barletta, un Tasso annuo effettivo globale (Taeg) del 558,528%. Fortuna che è stato applicato solo per un trimestre.

Bankitalia “predeterminava” la distorsione del costo effettivo del credito. In questo modo, di fatto, Palazzo Koch “predeterminava consapevolmente … le condizioni per una distorsione del dato del costo effettivo del credito erogato e una sensibile riduzione dello stesso e per la segnalazione – da parte delle banche – di Teg (tasso effettivo globale, ndr) più bassi (rispetto a quelli ottenuti/ottenibili con la formula matematica prevista per il calcolo del Taeg, ‘tarata’ come per legge sull‘erogato)”, in modo che “gli interessi/remunerazioni applicati dalla banche alla clientela risultassero apparentemente entro i cosiddetti limiti/tassi soglia pur essendo in concreto e sostanzialmente a tali limiti/tassi soglia superiori e, come tali, usurari“. Per la Procura i dirigenti di via Nazionale e di via XX Settembre erano consapevoli di tutto questo e “volontariamente quanto meno con dolo eventuale (ovvero con l’accettazione del rischio che questo potesse accadere, ndr) concorrevano moralmente con i dirigenti degli istituti di credito” a tenere sotto usura gli imprenditori che si erano rivolti a loro ottenere finanziamenti. Tutto questo con l’aggravante che avrebbero dovuto essere proprio loro a vigilare e controllare perché una situazione del genere non si verificasse.

Esplosione del contenzioso dopo la sentenza della Cassazione. Dal gennaio 2013, quando la Corte di Cassazione ha censurato le istruzioni di Bankitalia chiarendo come va calcolato il tasso di interesse da confrontare con il fatidico “valore soglia”, il contenzioso sull’usura bancaria è esploso. E si contano già diversi casi di verdetti di colpevolezza. Il Tribunale di Padova ha condannato in primo grado un istituto, che pretendeva il rientro da uno scoperto di 22.500 euro, a risarcirne ben 90mila all’imprenditore titolare del conto corrente perché il contratto, stipulato 16 anni prima, prevedeva tassi usurari. E per lo stesso motivo la Corte d’appello di Torino, confermando una sentenza del Tribunale di Alba, ha stabilito la responsabilità di Prestitalia (gruppo Ubi) e la conseguente restituzione di commissioni, spese e interessi a un pensionato che aveva sottoscritto un prestito personale legato alla cessione del quinto dell’assegno Inps

(lo staff)

Questa mattina parliamo e spieghiamo la cessione più temuta,in questo periodo,dagli italiani..la cessione del quinto dello stipendio.

La cessione del quinto dello stipendio è una particolare tipologia di prestito personale previsto in Italia, da estinguersi con cessione di quote dello stipendio o salario fino al quinto dell’ammontare dell’emolumento valutato al netto di ritenute.

L’espressione cessione del quinto di stipendio deriva dal fatto che l’importo massimo della rata di rimborso del prestito non può superare il valore di 1/5 (cioè il 20%) dello stipendio mensile netto continuativo, inoltre la durata massima consentita è di 120 mesi e la minima abitualmente non è inferiore ai 24 mesi. Il termine massimo della durata non può eccedere comunque il termine del rapporto di lavoro e il pensionamento, tranne che per i dipendenti ministeriali, i quali possono decidere se estinguere il debito o traslarlo sulla pensione.

Oggi è possibile l’accesso alla cessione anche da parte dei pensionati ed in questo caso la scadenza non può eccedere il 90º anno di età, anche se oggi nella prassi le compagnie di assicurazione limitano il rischio assumendo prodotti con un massimo di 85 anni. Tuttavia alcuni gruppi bancari, facendo ricorso al fondo previdenziale INPDAP riescono ad arrivare fino ad un massimo di 95 anni di età.

La legge prevede che, al momento della stipula del contratto con la società finanziaria, si stipuli anche una assicurazione sui rischi vita ed impiego. Nel caso di “rischio impiego” l’assicurazione interviene, ma ha diritto di rivalsa nei confronti del debitore, nei limiti del TFR (Trattamento di fine rapporto) fino a quel momento maturato: tale cifra, accantonata dall’azienda in un apposito fondo, resta quindi indisponibile per il mutuatario che accede al finanziamento; si tratta quindi di un’assicurazione a vantaggio della finanziaria. Nel caso di “rischio vita”, l’assicurazione interviene senza vantare diritto di rivalsa nei confronti degli eredi.

Chi può contrarre il prestito

Come previsto dall’ultima versione del D.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180 (come aggiornato dalla legge 14 maggio 2005 n. 80) questa tipologia di prestito è destinata a tutte le categorie di lavoratori dipendenti, sia dello Stato e del comparto para-statale (come specificamente previsto dal testo originale del provvedimento legislativo) che delle aziende private (come definitivamente sancito dagli aggiornamenti previsti dalla legge 80/2005). Nella stessa legge 80/2005 è stata estesa la possibilità di cedere parte della propria retribuzione anche ai pensionati di tutti gli enti previdenziali.

Possono contrarre la richiesta anche i dipendenti delle aziende private, ma la banca o l’ente finanziario si riserva la possibilità di valutare le garanzie. Le aziende vengono valutate per il capitale sociale, il numero di dipendenti e soprattutto si guarda se in passato hanno autorizzato altri contratti di cessioni ai propri dipendenti. Quest’ultima verifica dimostra se l’azienda è precisa nei pagamenti.
Può succedere che nel tempo alcune aziende private che prima sono valutate positivamente perdano la possibilità di concedere ai propri dipendenti la trattenuta, perché dalle banche risultano poco gradite.

Chi può erogare il prestito

Il DPR 180/1950 individua i soggetti autorizzati ad erogare il prestito all’articolo 15:

« Sono ammessi a concedere prestiti agli impiegati e salariati dello Stato ed ai personali di cui agli articoli 9 e 10, verso cessione di quote di stipendio o salario, soltanto gli istituti di credito e di previdenza costituiti fra impiegati e salariati delle pubbliche amministrazioni, l’Istituto nazionale delle assicurazioni, le società di assicurazione legalmente esercenti, gli istituti e le società esercenti il credito escluse quelle costituite in nome collettivo e in accomandita semplice, le casse di risparmio ed i monti di credito su pegno. »
Tale previsione deve essere letta alla luce della disciplina di settore prevista dal d.lgs 1º settembre 1993 n. 385 (testo unico bancario) che identifica nelle banche e negli intermediari finanziari iscritti presso apposito elenco dell’Ufficio italiano cambi (UIC) gli unici soggetti abilitati ad erogare finanziamenti sotto ogni forma. Tuttavia dal 1 gennaio 2008 l’Ufficio Italiano Cambi è stato soppresso e le sue funzioni sono esercitate dalla Banca d’Italia, che succede in tutti i diritti e rapporti giuridici di cui l’UIC è titolare (d.lgs. 21 novembre 2007 n. 231).

L’attività di prevenzione e contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo internazionale verrà svolta, in piena autonomia e indipendenza, dall’unità di informazione finanziaria istituita presso la Banca d’Italia.
Le altre funzioni istituzionali dell’Ufficio saranno svolte dalle corrispondenti strutture della Banca d’Italia e le relative informazioni saranno disponibili nelle sezioni del sito stesso che trattano le rispettive materie.

Di fatto una persona che desidera contrarre un prestito con cessione del quinto di stipendio, dovrà rivolgersi ad un mediatore creditizio iscritta all’apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia. Compito del mediatore creditizio sarà quello di fare da interfaccia tra il cliente e le banche o le società di intermediazione finanziaria di cui sopra. Il compenso del mediatore creditizio viene pagato da queste ultime. È fatto espresso divieto al mediatore creditizio di chiedere compensi in denaro al cedente.

Altra figura è l’agente in attività finanziaria che ha un’area di manovra maggiore del mediatore creditizio con compiti più vasti anche questa figura è inserita nell’albo della Banca D’Italia “Agenti in attività finanziaria”.

Per entrambe le figure si necessita anche dell’iscrizione all’albo ISVAP alla sezione E, dato che una componente fondamentale nei contratti di cessione del quinto sono le polizze assicurative. Nulla vieta di rivolgersi per la richiesta del finanziamento anche direttamente all’intermediario finanziario.

La particolarità di questa soluzione di finanziamento è che il rimborso avviene con trattenuta della rata direttamente in busta paga. Tale peculiarità fa sì che il rischio di insolvenza volontaria del debitore venga abbattuto fortemente, visto che, una volta dato il proprio consenso alla trattenuta in busta paga, il cedente non può più revocare il pagamento. Da ciò deriva anche che, in virtù della forma tecnica del prodotto, è previsto il coinvolgimento del datore di lavoro nell’estinzione del finanziamento quale condizione fondamentale per l’erogazione del prestito.

In buona sostanza sarà il datore di lavoro a pagare la rata alla Banca trattenendo contestualmente l’importo dalla busta paga del proprio dipendente.

Il datore di lavoro è obbligato ad accettare una richiesta di cessione del quinto da parte di un dipendente.

La sottoscrizione del contratto lo vincola a due precisi obblighi:

a trattenere la rata indicata nel contratto dalla busta paga del dipendente e a versarla alla Banca erogante il prestito. Questo obbligo persiste per tutta la durata del piano di ammortamento ma solo se c’è una busta paga su cui addebitare la rata. In caso di cessazione o sospensione della busta paga per qualsivoglia motivo (dimissioni, licenziamento, aspettativa ecc.) il datore di lavoro è legittimato a interrompere il pagamento della rata. Il datore di lavoro non è mai responsabile del corretto pagamento del prestito ma viene semplicemente incaricato del pagamento della rata; in caso di dimissioni o licenziamento dovrà trattenere ogni somma maturata dal dipendente presso l’azienda e versare tale somma alla banca erogante. Questa la utilizzerà per estinguere totalmente o parzialmente il debito residuo. È il caso, principalmente, della liquidazione maturata, ma anche di ogni altra somma maturata al momento della comunicazione delle dimissioni/licenziamento: ultimo stipendio, tredicesima, ferie non godute ecc.

Nessun altro obbligo è previsto per il datore di lavoro.

Come qualsiasi prodotto finanziario estinguibile secondo la formula della rateizzazione, elementi finanziari principali di tale operazione sono:

la rata la cui entità viene determinata entro una soglia massima pari al quinto dello stipendio percepito dal debitore. Tale importo, una volta determinato contrattualmente, resta fisso durante l’intero piano di ammortamento, non essendo prevista dal legislatore la possibilità di variarla durante l’estinzione del prestito, a meno che non si tratti di rinnovo ante termine (per il quale, in ogni caso, debbono comunque essere trascorsi almeno i 2/5 del periodo di ammortamento, ossia il 40%); si precisa che il rinnovo ante termine è possibile anche prima dei 2/5 se rinegoziamo il finanziamento di cessione passando da una durata di 60 mesi ad una a 120 mesi per una sola volta. periodicità delle rate di rimborso, previste dal legislatore con cadenza mensile; la durata del finanziamento, stabilita entro un massimo di dieci anni (120 mensilità), compatibilmente con la data di pensionamento anche se dipendenti ministeriali hanno la facoltà di trasferire il finanziamento sulla pensione e talvolta anche alcuni pubblici.

il tasso d’interesse (tasso annuo nominale o TAN), previsto fisso dal legislatore per tutta la durata del finanziamento, e la struttura dei costi dell’operazione, sintetizzati dal Tasso annuo effettivo globale (TAEG) che comprende tutti i costi anche i premi assicurativi.

Il D.P.R. 180/1950, che disciplina l’erogazione dei prestiti contro cessione del quinto dello stipendio, prevede l’obbligatorietà della copertura assicurativa a tutela dell’intermediario finanziario che eroga il finanziamento nei casi di morte e di perdita del lavoro.

Proprio perché la legge prevede l’obbligatorietà della copertura assicurativa, nella cessione del quinto sono le assicurazioni che in definitiva stabiliscono i criteri per assumere il rischio o meno delle pratiche per tipologia di cliente. I dipendenti statali hanno più facilità nell’accedere a questo tipo di finanziamento in quanto meno “rischiosi” per le assicurazioni e istituti di credito.

Naturalmente per i pensionati c’è solo la copertura rischio vita, in Caso di Morte del cliente l’assicurazione estingue il debito residuo.

Un nostro consiglio è,comunque,di fare sempre molta attenzione ai tassi proposti,di informarsi bene sulle agevolazioni e sul piano di ammortamento,nonche sul contratto di finanziamento che andrete a stipulare.
Per non rischiare di cadere nell’ usura più nera, e ritrovarvi con interessi di mora che vi possano strangolare.

(lo staff)

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Spesso riceviamo svariate domande da parte dei nostri lettori,ne abbiamo scelta una che ci da la possibilità poi di aprire un discorso sui prestiti personali.

Una finanziaria, cui mi sono rivolto per un “prestito contro cessione di un quinto dello stipendio” che mi sarebbe concesso entro giugno, mi ha proposto un interesse del 14% annuo. A me sembra un tasso da usurai ma vorrei essere sicuro prima di protestare. Sul mio mutuo a tasso variabile per la casa, infatti, la mia banca nell’ultimo trimestre dell’anno scorso ha applicato “solo” il 6,5%, meno della metà. Come si calcola il tasso da usura?

Ogni trimestre la Banca d’Italia pubblica una tabella dettagliata con il tasso soglia di usura per ogni differente forma di finanziamento, dalle aperture di credito in conto corrente (il tasso di usura per questa categoria è del 18,35% fino a 5mila euro, e del 16,575% oltre i 5mila) agli scoperti senza affidamento (24,25% fino a 1500 euro e 22,7625% oltre i 1500). Nell’elenco completo, reperibile sul sito della Banca d’Italia (l’ultimo comunicato emesso ha la data del 24 marzo 2014 e riporta i tassi validi ai fini dell’usura fino alla fine di giugno) e presso tutte le associazioni dei consumatori, il lettore può verificare che nel suo caso, relativo ad un prestito contro cessione di un quinto dello stipendio, la richiesta della finanziaria è sotto il tasso di usura. Infatti, per prestiti di questo tipo, il tasso soglia da non superare è del 19,1% fino a 5mila euro e del 18,375% oltre i 5mila euro. Per fissare il tasso da usura, il procedimento seguito dalla Banca d’Italia è il seguente, ed e’ valido per tutte le categorie di prestiti: gli uffici dell’Istituto Centrale calcolano il Tegm (tasso effettivo globale medio) per ogni tipo di finanziamento rilevandolo dalle condizioni offerte dalle banche sul mercato; a questo dato medio aggiungono un quarto dello stesso tasso, ossia il 25%; infine, al tasso maggiorato del 25% aggiungono ancora altri 4 punti percentuali.

Il nostro lettore ci chiede come si fa a calcolare il tasso di usura su un prestito personale,e ci da lo spunto per spiegare che cosa è e come viene concesso un prestito.

Il prestito è la cessione di una somma di denaro con il vincolo della restituzione di capitali di pari valore o maggiori.

Il termine indica essenzialmente un finanziamento di denaro che un istituto o società di credito autorizzata (detta mediatore o dealer) (es. banca) o un privato cittadino concede ad un altro soggetto economico.

Gli elementi costitutivi di un prestito sono:

-capitale finanziato, -tasso annuo nominale d’interesse (TAN) -tasso annuo effettivo globale (TAEG) -durata del finanziamento

-l’importo, ed eventuali rate e condizioni.

L’assegnazione di un prestito avviene dopo una serie di controlli preliminari che il mediatore esegue in base alla situazione economica e professionale del soggetto richiedente, esami che gli permette di valutare la sicurezza evitando sconvenienti situazioni di insolvenza.

Tale finanziamento può essere richiesto ed erogato con diversi scopi: per acquistare beni di consumo (automobile, abitazione, arredamento, elettrodomestici, vestiti, ecc.), per ristrutturare la propria casa (edilizia), per saldare altri debiti o prettamente per possedere una disponibilità immediata di denaro contante (prestiti di liquidità).

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La concessione di un prestito può essere subordinata alla presentazione da parte del richiedente di una garanzia reale o personale. Possiamo quindi fare un’ulteriore distinzione tra prestiti garantiti e non garantiti.

Prestiti finalizzati e non finalizzati

Il prestito inoltre può essere può essere finalizzato e non finalizzato. La caratteristica principale che distingue i due tipi di prestito-sovvenzione è basata sul metodo di erogazione e conseguentemente alla restituzione del denaro stesso: nel caso dei prestiti finalizzati, il cliente è obbligato all’acquisto di un bene di consumo specificando comunque la finalità del prestito e mettendo necessariamente a conoscenza l’istituto finanziatore; mentre nel caso di prestiti non finalizzati il cliente non ha alcun vincolo di destinazione ed è libero di disporre della somma richiesta in prestito con maggiore libertà d’azione.

Generalmente i prestiti finalizzati si distinguono dagli altri per una maggiore semplicità e rapidità della pratica, infatti talvolta possono essere erogati dallo stesso punto vendita del bene in questione grazie a convenzioni commerciali e finanziarie con le banche; mentre per i prestiti non finalizzati ci si rivolge esclusivamente a istituti di credito.

Credito al consumo

Tra i prestiti non finalizzati il più diffuso è il prestito personale, che rientra anche nella categoria del credito al consumo ed è un prestito senza garanzia.

In Italia la disciplina del credito al consumo prevede un importo compreso tra 154,94 euro e 30.987,41 euro. Generalmente, nel caso dei prestiti personali in senso stretto, l’importo è medio alto, mentre per le somme più contenute si preferisce utilizzare la forma del credito rotativo: carte di credito revolving o apertura di linee di credito rotative (stesso meccanismo delle carte revolving ma senza il supporto di plastica). La durata è compresa tra 12 e 120 mesi.

Ovviamente la scelta tra queste due forme di finanziamento sarà fatta dal cliente in stretta relazione alle proprie esigenze e disponibilità.

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(lo staff)

Quando stipuliamo un mutuo o un finanziamento ci sono sempre voci che possono risultare difficili da capire,ogni tanto in questo sito cerchiamo di darne una spiegazione;come oggi che cercheremo di approfondire l’argomento dell’ISC o Indicatore Sintetico di Costo detto anche Tasso annuo effettivo globale .

E’ l’indicatore di tasso di interesse di una operazione di finanziamento come ad esempio prestito,o acquisto rateale di beni o servizi,è espresso in percentuale e indica il costo effettivo del finanziamento.
Rappresenta il costo effettivo dell’operazione espresso in percentuale che il cliente deve alla società che ha erogato il prestito.Detto in poche parole il TAEG racchiude contemporaneamente si il TAN ,cioè la percentuale che grava sul prestito,sia le spese di emissione della pratica e della documentazione.

E’ stato introdotto nel sistema normativo italiano,per la prima volta,dalla Deliberazione del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio n. 10688 del 4/03/2003, art. 9 comma 2, che ha demandato a Banca d’Italia di individuare quali siano le operazioni e i servizi a fronte dei quali detto indice, “comprensivo degli interessi e degli oneri che concorrono a determinare il costo effettivo dell’operazione per il cliente”, debba essere segnalato, nonché la formula per rilevarlo. Per effetto delle nuove disposizioni di Banca d’Italia sulla trasparenza in adempimento della direttiva europea EU 2008/48/CE, dal 1º giugno 2011 il calcolo del Taeg comprende anche gli oneri fiscali (come ad esempio l’imposta di bollo sui contratti)

T.A.N. + spese di istruttoria e documentazione + Spese gestione pratica + bolli= T.A.E.G.

Il calcolo del TAEG/ISC consiste nel trovare quel tasso di interesse che rende uguali la somma del credito concesso al cliente,con la somma complessiva che il cliente dovrà rimborsare alla scadenza.
Lo scopo è infatti dare al cliente un unico indicatore di interesse che comprenda non solo il tasso effettivo di interesse sul prestito,ma anche tutte le spese accessorie.

Il parametri che determinano il TAEG o ISC sono fissati per legge.In particolare,oltre alla struttura del rimborso finanziario,rientrano a far parte del calcolo di questo tasso tutte le spese accessorie obbligatorie inerenti all atto del finanziamento ovvero:

-spese di istruttoria della pratica -commissioni d’incasso -assicurazioni obbligatorie

-bolli statali

Non rientrano invece a far parte dei parametri che incidono sul TAEG:

-tasse come le imposte di registro nel caso dei mutui -assicurazioni non obbligatorie

-commissioni di massimo scoperto

All’interno del Taeg non rientrano neanche le commissioni di massimo scoperto,qualora le banche ne prevedano l’esistenza. Come è risaputo,tali commissioni sono un costo per il cliente e fanno lievitare il przzo del finanziamento in maniera consistente:ciò significa che,se tali spese fossero incluse,si potrebbe avere il tasso che supererebbe il limite previsto dalla legge antiusura.

Per poter avere un indice di tale natura (TIR Tasso interno di rendimento), che sia raffrontabile, tutte le componenti di costo relative a un finanziamento debbono essere prevedibili e conoscibili a priori. Le commissioni di massimo scoperto, o comunque i costi che risultano connessi in caso di pagamento attraverso lo scoperto di conto corrente non sono componenti né prevedibili né del tutto conoscibili a priori. Tale modalità di pagamento non dovrebbe avvenire in quanto si assume che il cliente metta sempre a disposizione la cifra in conto corrente per il pagamento. Detto questo, va precisato che i tassi di mora dei finanziamenti sotto forma di mutuo (rateizzati) sono anch’essi sottoposti alla legge antiusura e di norma sono ben lontani dai costi degli scoperti di c/c. Pertanto, il pagamento tramite scoperto di conto è decisamente sconsigliato per gli stessi mutuatari, ai quali converrebbe invece chiedere espressamente di lasciare insoluta la rata sino al reperimento dei fondi necessari. Nel caso comunque, si potrebbe ipotizzare per poter effettuare dei raffronti sull’effettivo costo dei finanziamenti in caso di ripetuti ritardi, un indice nel quale si preveda che tutte le rate vengono pagate con 10 giorni di ritardo con i relativi sovrapprezzi moratori.

La direttiva 87/102/CE ha reso obbligatoria l’indicazione del TAEG nei contratti di credito. La direttiva ha lasciato agli Stati membri la decisione in merito al calcolo di questo indicatore (art. 1) I vari Stati membri, nel recepire la direttiva, hanno poi indicato una loro formula di calcolo per questo indicatore. Ad esempio, il TAEG italiano è un indice ex post, che si misura in modo completamente diverso dal francese Taux Effectif Général, che è invece un tasso ex ante, noto al momento della firma del contratto.

Il TAEG italiano utilizzato nei contratti di finanziamento sotto forma di mutuo, ove è ben rappresentato il piano di ammortamento, è assolutamente un tasso ex ante, non si faccia confusione con il Tasso effettivo globale che è calcolabile solo a posteriori e non potrebbe essere diversamente in quanto non si ha cognizione, all’inizio di un’apertura di credito in conto corrente, di che utilizzi poi ne farà il debitore.

Sappiamo esattamente che non è facile capire queste formule matematiche finanziarie,ma abbiamo cercato di darvi una spiegazione per il semplice motivo che se dovete andare a stipulare un qualsiasi contratto di finanziamento che sia mutuo o prestito,almeno,quando vi parlano di TAEG O ISC ,non arriviate sprovveduti e magari poter controbattere se le cose ,già alla stipula,vi sembrano illecite.

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(lo staff)

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Esaminiamo tre distinte polizze di assicurazioni,una imperniata sul credito,come segnatamente intesa a coprire dai rischi di malattia,morte e invalidità totale e permanente del cliente finanziato.Le altre due concernenti invece il bene verso il cui acquisto è stato espressamente indirizzato il finanziamento: gap più e valore sereno,per l’esattezza,nel concreto poste a copertura di furto,incendio,distruzione per danno totale,eventi naturali e socio politici,assistenza,tutela giudiziaria,rottura cristalli e kasko della vettura che,per l’appunto,è cosi comperata.

Dal canto suo,la discussione verte sull’eventuale usurarietà dell’operazione.Il carico economico gravante sul cliente finisce per andare a superare il limite massimo stabilito da legge e regolamenti.A difesa del proprio operato,l’intermediario afferma in specie che,in ottemperanza alle disposizioni legislative vigenti ,non ha ricompreso nel conto le voci relative alle due polizze sul bene,in quanto coperture assicurative facoltative.

Adottando l’opposta soluzione( dichiarata la natura usurario dell’operazione,la decisione accerta la nullità ex art. 1815 comma 2 c.c delle clausole che stabiliscono gli interessi applicati al contratto di finanziamento di cui trattasi.) L’arbitro ritiene non condivisibile il rilievo svolto dall’intermediario;questo sulla base del ragionamento qui di seguito riferito.

La circostanza,che le due polizze relative al bene acquisito a mezzo del finanziamento risultino espressamente annoverate nello schema contrattuale predisposto,dall’intermediario,tra quelle che compongono le condizioni economiche del credito finalizzato,viene stimata dal collegio indice evidente delle sussistenza di un collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento e le polizze. Risulta poi ammessa la circostanza della contestualità della conclusione dei contratti aventi a oggetto i servizi assicurativi rispetto alla concessione del finanziamento;che tale è il requisito indicato dalle istruzioni della banca d’italia in proposito.
Del resto,annota il collegio,la prescrizione dell’art 644 comma 4 c.p.,si manifesta particolarmente rigorosa,stabilendo la rilevanza di tutte le spese collegate al credito finanziato.

La decisione appena riassunta si manifesta,per la verità,di importanza sicura.
Per due distinte ragioni,la prima si sostanzia nel suo proporre un approccio non frequente,a livello di decisioni dell’arbitro,al tema dell’inclusione delle polizze assicurative nel conto dell’eventuale usurarietà dell’operazione.La seconda sta nel modo in cui essa viene a leggere e interpretare uno degli aspetti contenutistici delle istruzioni che la banca d’italia ha emanato in materia.

Per quanto riguarda il primo punto,è opportuno ricordare la decisione del collegio di Roma n. 1419/2012 per cui,secondo l’interpretazione più accreditata della norma,le spese assicurative rappresentano una componente del costo del finanziamento e devono essere incluse nel conteggio del tasso annuo effettivo globale,quando sono considerate obbligatorie dal creditore.Ove invece queste siano maramente facoltative,non concorrono al suddetto calcolo.
Si veda,inoltre,l’altra decisione del collegio di Roma,n 2981/2012,per questa risulti orientata su una linea prospettica già meno rigida in linea della precedente: le circostanze che la dichiarazione contrattuale sottoscritta dal cliente sia contenuta in condizioni generali di contratto predisposte dall’intermediario;le polizze assicurative siano stipulate per il tramite e nell’interesse sostanziale del finanziatore;e che almeno una delle compagnie assicuratrici faccia parte del medesimo gruppo a cui appartiene l ‘intermediario,tutte queste cose nel oro insieme lasciano presumere che non vi sia stata alcuna iniziativa autonoma e spontanea da parte del cliente,il quale probabilmente si era indotto a sottoscrivere le polizze perchè gli si era lasciato intendere che,il finanziamento non sarebbe stato erogato.

Compulsando queste decisioni,emerge dunque come il requisito della contestualità alla stipulazione del contratto di finanziamento spesso non sia preso in considerazione ai fini del calcolo del taeg,valutandosi piuttosto la presenza,o meno,del requisito de c.d. obbligatorietà della polizza medesima.
Pur se poi risulta variamente intesa questa nozione di obbligatorietà:tra la condizione formalmente imposta dalla banca e la semplice induzione di fatto.

E’ da notare,per altro,come il riferimento alla contestualità di cui appunto alla decisione in esame,per certi versi almeno si ponga,come sorta di passaggio evolutivo rispetto alla soluzione dell’obbligatorietà intesa quale mero fatto induttivo.
Nel senso che la contestualità si manifesta,in buona sostanza,come una semplice decolorazione di quest ultima:l’induzione venendo a essere rappresentata,infine,dalla stessa concomitanza in atti tra stipula dell’assicurazione e stipula del mutuo: si può forse aggiungere,che la concomitanza non è solo temporale,ma pure di contesto e di soggetti,una concomitanza di tipo circostanziale.

Se per il profilo appena considerato la decisione non si distacca dalle vigenti istruzioni della Banca d’Italia,lo stesso non può dirsi ove essa sia assunta invece da un diverso angolo prospettico. Che emerge netto non appena alla constatazione che.delle polizze prese in esame due riguardavano il bene acquistato dal cliente a mezzo del finanziamento si aggiunga quella per cui su tale bene non venivano a gravare particolari diritti di garanzia a favore della banca .

Nel campo delle spese assicurative,che riguardano un bene specifico e che vanno calcolate nel conto dell’usura,le istruzioni giungono ad includere quelle intese a tutelare i diritti del creditore,in quanto relative ad esempio a polizze per furto e incendio sui beni concessi in leasing o in ipoteca.Insomma,il riferimento delle istruzioni è polarizzato sulla protezione assicurativa dei beni che risultano gravati da specifiche garanzie reali.

Pur nell’essenza di un diritto reale della banca sul bene,su cui gravitino le coperture assicurative e al cui acquisto il finanziamento è diretto,la presente decisione dell’arbitro ritiene le polizze inerenti all’operazione di credito e al complessivo carico economico che dalla concreta stipulazione della medesima viene a conseguire per il cliente.

Nel dichiarare la usurarietà e nullità delle clausole che stabiliscono gli interessi applicati al contratto di finanziamento,l’ABF adotta una interpretazione sistematica,orientata alla protezione della clientela,delle condizioni economiche dello schema contrattuale,nelle quali le spese assicurative relative al bene sono collocate,che consente di inserire queste ultime nel costo complessivo dell’operazione.
Questa prospettiva ha come base normativa la disposizione dell art. 127,comma 2,T.U.B. ,nella quale e rinvenibile la base di un canone interpretativo improntato proprio al principio di protezione del cliente,derivante dall’imminenza nel settore bancario della clausola di buona fede.Bisogna quindi rammentare che anche la nullità prevista dall’art 1815,comma 2 c.c., è provvista della natura di nullità di protezione.

Questa interpretazione permetterebbe di colpire le condotte che mirano ad aumentare in modo esoso il peso remunerativo che spetta alla banca,in apparenza parzialmente coperto dal velo di un servizio che questa fornisce al cliente. Un servizio che non ha nulla a che vedere con il credito finalizzato all’acquisto di un auto.
La banca,in questo caso,aveva proposto alla cliente un prodotto che,per le sue caratteristiche,sta fuori i prodotti bancari. A ben vedere le polizze,sono state proposte dall’intermediario in una sede che non può ritenersi idoneo alla loro stipulazione:nella proposta delle coperture assicurative medesime,è possibile cogliere,una sorta di approfondimento dell’occasione da parte della banca:per l’appunto intesa a sfruttare quell’impropria concomitanza di contesto di cui si è appena accennato.

Quindi mi raccomando quando stipulate contratti di mutuo o leasing per auto e case,controllate sempre le polizze assicurative che vi propongono.

(lo staff)

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L’usura è quindi la pratica consistente nel fornire prestiti a tassi di interesse considerati illegali.

Il reato di usura era e disciplinato dall’ art. 644 c.p.,che sanciva la condanna di chi,approfittando dello stato di bisogno di una persona,si faceva dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo della prestazione di denaro o di altro cosa mobile.
Tale disposizione lasciava tuttavia ampia discrezionalità al giudice in merito all’individuazione dello stato di bisogno,inoltre spesso uno stesso tasso veniva a volte considerato usurario ed altre lecito. Inoltre sorgevano difficoltà ad applicare la norma alla cd usura reale,riguardante la prestazione di servizi o attività professionali.

Al quarto comma,l’art. 644 c.p. stabilisce che “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese,escluse quelle per imposte e tasse,collegate all’erogazione del credito.

Col il D.L. DELL’8 giugno 1992 convertito in legge n. 356 del 7 agosto 1992,fu introdotto all’ interno del Codice Penale l’art. 644 bis che prevedeva la cd usura impropria e puniva chiunque,fuori dai casi previsti dall’art 644,approfittando delle condizioni di difficoltà economica o finanziaria di persona che svolge attività imprenditoriale o professionale,si fa dare o promettere,sotto qualsiasi forma,in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile,interessi o latri vantaggi usurari.

La legge n.108 del 7 marzo 1996 da una parte modificava sia l’art 644 c.p.,sia l’art 1815 c.c.stabilendo che il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari sono definiti dall’art 2,c 4 “nel tasso medio risultante dall’ ultima rivelazione pubblicata nella G.U. ai sensi del c. 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui credito è compreso aumentato della metà“, dall’altra all art. 1 riprendeva la disposizione dell art 644 c.p. secondo cui “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni,remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese,escluse quelle per le imposte e tasse,collegate alla erogazione del credito”

USURA OGGETTIVA E USURA SOGGETTIVA:

Si parla di usura oggettiva,quando il tasso effettivo globale annuo supera il tasso soglia usura.
Dunque per la verifica del superamento del tasso soglia usura è necessario innanzitutto calcolare il tasso annuo effettivo globale del finanziamento.

Il TSU (tasso soglia usura) va calcolato tenendo conto del livello del tasso effettivo globale medio che risulta dalla rivelazione effettuata ogni 3 mesi dalla Banca d Italia per conto del Ministre dell’Economia e delle Finanze. Le tabelle del TEGM sono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale,sui sito della Banca D’Italia e del Ministero.

Il TEGM,comprensivo di commissioni,di remunerazioni a qualsiasi titolo spese,escluse quelle per imposte e tasse,si riferisce agli interessi annuali praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari per operazioni della stessa natura.

Individuato il TEGM di periodo bisogna incrementarlo del 50% per ottenere il TSU.
Dal 14 maggio 2011 è stato modificato il metodo di calcolo del tasso soglia,riducendo dal 50% al 25% l’incremento e aggiungendo un margine fisso di 4 punti percentuali;nel contempo viene anche fissato in 8 punti il divario massimo fra TEGM e la soglia.

Nel caso si sia verificato il superamento del tasso soglia da parte di TAEG/TEG , con conseguente usura oggettiva,debbono essere restituiti al debitore gli interessi pagati e non sono dovuti quelli previsti fino alla scadenza del finanziamento.

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Il reato di usura si concretizza non solo quando il tasso degli interessi supera il tasso soglia,ma,secondo il disposto normativo sopra enunciato,anche quando ricorrano due condizioni. A) Sproporzione: vengono imposti nei contratti interessi complessivamente sproporzionati rispetto al capitale versato ed al tasso medio praticato per le operazioni dello stesso tipo. B) Stato di difficoltà. che non corrisponde allo stato bisogno ma riguarda sia la difficoltà economica,che consiste in una valutazione complessiva della situazione patrimoniale del soggetto,sia la difficoltà finanziaria,che indicherebbe la temporanea condizione di carenza di liquidità.

Si segnala che è molto poco frequente che ci si trovi nelle condizioni previste per l usura soggettiva e soprattutto molto complesso dimostrarne i suddetti.

USURA OGGETTIVA NEI C/C E NEGLI AFFIDAMENTI BANCARI

L’usura oggettiva sugli affidamenti bancari è rilevabile con cadenza trimestrale da rendiconti inviati al cliente.

La prassi bancaria,generalmente fino al 2009,ha fatto ampio uso delle commissioni di massimo scoperto spesso con valori trimestrali superiori agli interessi passivi applicati. Ai fini del calcolo del TAEG/TEG la Banca D ‘Italia,fino al 2009,attraverso le sue circolari ha sempre consigliato alle banche l esclusione della stessa CSM,in contrasto con quanto previsto dalla legge 108/96.

Intervenendo la Cassazione nel 2010 e nel 2011 con tre importanti sentenze,ha definitamente chiarito la questione. Includendo dunque la CSM nel suddetto calcolo,nei singoli trimestri in cui è stata applicata,è molto frequente rilevata il superamento del tasso soglia anche in maniera molto sensibile.

In sintesi queste le motivazioni che rendono usurari gli affidamenti:

-La CSM è stata inserita nel calcolo del tasso ai fini usurari. Questo perchè la commissione di massimo scoperto rientra nel calcolo ai fini della verifica del superamento del tasso soglia usura,cosi come confermato dalla sentenza della Cassazione Penale, sez II n. 28743/2010, che hanno confermato l’inclusione della CSM tra gli oneri da includere nella determinazione del tasso effettivo globale medio ai sensi dell’usura.

-In merito ai periodi usurari e la relativa metodologia l’applicazione della formula è quella della legge 108/96 ossia la formula dell’interesse semplice. Le formule di calcolo suggerite dalla Banca d Italia sono da escludere in quanto la Cassazione con sentenza n. 46669/11 afferma che le circolari e le istruzioni della Banca d’Itali non rappresentano una fonte di diritti ed obblighi nella ipotesi in cui gli istituti bancari si conformino ad una erronea interpretazione fornita dalla Banca D’Italia non può essere esclusa la sussistenza del reato sotto il profilo dell’elemento oggettivo.

Si evidenzia infine che le CSM sono nulle e quindi vanno restituite,a prescindere dall’esistenza di eventuale usura,in quanto calcolate sulle punta massima dello scoperto.
Prassi bancaria in contrasto con quanto previsto dalla Cassazione con sentenza n. 870 del 18 gennaio 2006 oltre varie sentenze che successivamente si sono susseguite.

(lo staff)