Secondo la procura pugliese, i sette dirigenti di via Nazionale e l’alto funzionario del ministero dell’Economia indagati per concorso in usura continuata e aggravata hanno fornito un “contributo morale” premeditato agli istituti coinvolti. Una premeditazione legata anche al fatto che Unicredit, Bnl e Mps “detengono quote consistenti nel capitale della Banca d’Italia”
Un “contributo morale” di fatto premeditato, quello di Banca d’Italia e del ministero dell’Economia. Come se a preparare il cappio, stretto intorno al collo di alcuni imprenditori pugliesi dagli istituti di credito, fossero stati i dirigenti di via Nazionale e via XX Settembre. Ma perché Palazzo Koch avrebbe dovuto favorire Unicredit, Bnl e Monte dei Paschi di Siena? La risposta è nello stesso capo di imputazione della procura di Trani: perché questi istituti sono “detentori di consistenti quote di capitale della Banca d’Italia e di poteri di nomina dei suoi organismi di governance“. È quasi senza appello, considerate le “qualifiche apicali e le corrispondenti competenze tecnico-giuridiche del più elevato profilo”, l’atto di accusa che si legge nelle 44 pagine di chiusura indagine contro vertici attuali e passati delle tre banche e della Popolare di Bari, accusate del reato di usura bancaria continuata e pluriaggravata nell’ambito di un’inchiesta nata da un esposto dell’Adusbef. Il tasso applicato agli imprenditori che si rivolgevano agli istituti per aprire un conto corrente di fatto superava di molti punti percentuali la soglia limite fissata per legge. Questo perché il tasso era applicato non all’importo effettivamente utilizzato ma a quello “accordato”. Questo, scrive il pm Michele Ruggiero, ”nonostante le chiare previsioni in materia di usura introdotte dalla legge 108 del 1996″. Che, all’articolo 1, prevede che nel determinare il tasso di interesse usurario si tenga conto delle “commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.
Il “disegno criminoso” di Saccomanni e Tarantola: far guadagnare le banche. Nel mirino del pm Ruggiero – salito agli onori delle cronache per la clamorosa inchiesta sulle agenzie di rating ree di aver provocato danni patrimoniali all’Italia e per un’indagine sull’omessa vigilanza di Bankitalia e Consob sui bilanci Mps – sono finiti Giuseppe Maresca, capo della direzione “Prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illegali” del Dipartimento del Tesoro, e sette tecnici e dirigenti di via Nazionale in attività all’epoca dei fatti contestati, cioè tra il 2005 e il dicembre 2012: Vincenzo Desario, l’ex ministro del governo Letta Fabrizio Saccomanni (che di Bankitalia è stato direttore generale), l’attuale presidente della Rai Anna Maria Tarantola (ex capo della Vigilanza), Francesco Maria Frasca (coinvolto e poi uscito indenne dai processi sulle scalate bancarie), Giovanni Carosio, Stefano Mieli e Luigi Federico Signorini. Tutti insieme, argomenta il pm, “con condotte reiterate, in tempi diversi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (consistente nella previsione e volontà di far conseguire alle banche la maggiore quantità di di moneta), adottavano consapevolmente e deliberatamente … determinazioni amministrative (istruzioni, circolari, note, decreti ministeriali, il ministero del Tesoro), in contrasto/violazione della legge in materia di usura … così consapevolmente fornendo un contributo morale necessario ai fatti-reato di usura materialmente commesse dalle banche”.
In un caso il tasso effettivo è stato oltre il 500%. Di fatto Bankitalia, nella sua funzione di ausilio al Tesoro, prescriveva alle banche, per alcune operazioni tra cui appunto le aperture di credito in conto corrente, l’utilizzo di criteri di calcolo sui tassi secondo un algoritmo “che rapportava l’incidenza degli oneri e delle commissioni al credito accordato piuttosto che a quello effettivamente utilizzato“. E – in violazione delle disposizioni del Codice penale in materia di usura – “disponeva, con Circolari e Note ufficiali dirette alle banche, che anche per la verifica di sussistenza delle condizioni usurarie, ossia per la verifica del superamento del limite/tasso soglia previsto dalla Legge 108/1996 le banche utilizzassero il suddetto medesimo algoritmo anziché un altro che rapportava l’incidenza di oneri, commissioni e spese al credito erogato ed effettivamente utilizzato“. Il risultato delle prescrizioni di Via Nazionale? Come si può leggere nelle tabelle inserite nel documento di chiusura indagine, i tassi applicati ai sei imprenditori che hanno fatto denuncia superavano di molti punti percentuali il tasso soglia. In un caso gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno rilevato, su un corto corrente ordinario aperto presso una filiale Bnl di Barletta, un Tasso annuo effettivo globale (Taeg) del 558,528%. Fortuna che è stato applicato solo per un trimestre.
Bankitalia “predeterminava” la distorsione del costo effettivo del credito. In questo modo, di fatto, Palazzo Koch “predeterminava consapevolmente … le condizioni per una distorsione del dato del costo effettivo del credito erogato e una sensibile riduzione dello stesso e per la segnalazione – da parte delle banche – di Teg (tasso effettivo globale, ndr) più bassi (rispetto a quelli ottenuti/ottenibili con la formula matematica prevista per il calcolo del Taeg, ‘tarata’ come per legge sull‘erogato)”, in modo che “gli interessi/remunerazioni applicati dalla banche alla clientela risultassero apparentemente entro i cosiddetti limiti/tassi soglia pur essendo in concreto e sostanzialmente a tali limiti/tassi soglia superiori e, come tali, usurari“. Per la Procura i dirigenti di via Nazionale e di via XX Settembre erano consapevoli di tutto questo e “volontariamente quanto meno con dolo eventuale (ovvero con l’accettazione del rischio che questo potesse accadere, ndr) concorrevano moralmente con i dirigenti degli istituti di credito” a tenere sotto usura gli imprenditori che si erano rivolti a loro ottenere finanziamenti. Tutto questo con l’aggravante che avrebbero dovuto essere proprio loro a vigilare e controllare perché una situazione del genere non si verificasse.
Esplosione del contenzioso dopo la sentenza della Cassazione. Dal gennaio 2013, quando la Corte di Cassazione ha censurato le istruzioni di Bankitalia chiarendo come va calcolato il tasso di interesse da confrontare con il fatidico “valore soglia”, il contenzioso sull’usura bancaria è esploso. E si contano già diversi casi di verdetti di colpevolezza. Il Tribunale di Padova ha condannato in primo grado un istituto, che pretendeva il rientro da uno scoperto di 22.500 euro, a risarcirne ben 90mila all’imprenditore titolare del conto corrente perché il contratto, stipulato 16 anni prima, prevedeva tassi usurari. E per lo stesso motivo la Corte d’appello di Torino, confermando una sentenza del Tribunale di Alba, ha stabilito la responsabilità di Prestitalia (gruppo Ubi) e la conseguente restituzione di commissioni, spese e interessi a un pensionato che aveva sottoscritto un prestito personale legato alla cessione del quinto dell’assegno Inps.
(lo staff)
Invitiamo i nostri lettori a diffondere la sentenza che definisce che il contratto in usura ha il diritto del rimborso di tutti gli interessi pagati.
Cassazione – Sentenza n. 350/2013
La sentenza della Corte di Cassazione n. 350/2013 permette il recupero integrale degli interessi pagati su mutui, leasing e finanziamenti, quando i tassi o le penali superano la soglia di usura.
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SENTENZA CORTE DI CASSAZIONE SEZ. PRIMA CIV. – SENT. DEL 09.01.2013, N. 350
Presidente Carnevale – Relatore Didone
Ritenuto in fatto e in diritto
1.- I.D. ha convenuto in giudizio la s.p.a. I. B. lamentando che il tasso applicato al contratto di mutuo con garanzia ipotecaria stipulato il 19.9.1996 per l’acquisto della propria casa era da considerare usurario. Il Tribunale di Napoli ha rigettato la domanda volta a sentir accertare l’illegittimità della misura degli interessi stabiliti nel contratto di mutuo, in relazione alla rata di Euro 20.052,48 richiesta con lettera del 6.11.2001, sulla base della considerazione che, ai sensi dell’art. 2 della legge 108/96, per la determinazione degli interessi usurari i tassi effettivi globali medi rilevati dal Ministero del Tesoro ai sensi della citata legge devono essere aumentati della metà. Considerato che il D.M. 27-3-98 emesso dal Ministero del Tesoro, prevedeva per la categoria dei mutui il tasso dell’8.29%, ha quindi, escluso che il tasso contrattualmente fissato potesse essere ritenuto usurario.
La Corte di appello, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione di primo grado evidenziando che i motivi posti a base dell’appello erano aspecifici rispetto alla motivazione della decisione del Tribunale. L’appellante si era limitato ad invocare apoditticamente la natura usuraria degli interessi pattuiti senza contestare i parametri adottati dal primo giudice per valutare la fondatezza della domanda e senza indicare, in concreto, le ragioni di fatto e di diritto idonee a ribaltare la decisione impugnata. Privi di rilevanza erano i riferimenti allo scopo per cui era stato stipulato il mutuo.
Infine, la maggiorazione del 3% prevista per il caso di mora non poteva essere presa in considerazione, data la sua diversa natura, nella determinazione del tasso usurario. Da ultimo, ha ritenuto che le richieste istruttorie di ordinare ex art. 210 cpc l’esibizione del carteggio intercorso tra le parti e di ctu contabile che quantificasse le differenze incassate in eccedenza dalla Banca fossero inammissibili per la loro genericità e per il carattere meramente esplorativo nonché prive di attinenza con i motivi posti a base del gravame. Inammissibili erano le deduzioni per la prima volta proposte nella comparsa conclusionale ove I.D. cercava di sopperire alle carenze del gravame, indicando, per la prima volta, i tassi, a suo dire applicati (e non quelli pattuiti rilevanti ai fini dell’azione proposta) ed il tasso soglia che riteneva superato. I motivi, sul punto, non erano specifici. 2.- Contro la sentenza di appello parte attrice ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi con i quali denuncia 1) vizio di motivazione e 2) violazione dell’art. 1421 c.c. Resiste con controricorso la s.p.a. I quale procuratore della s.r.l. C F in luogo della s.p.a. I. Gestione Crediti quale procuratore di Banca I. nonché quale procuratore della s.p.a. I. Gestione Crediti quale procuratore di Banca I. 3.1.- Il primo motivo, sub a), contiene riferimenti alla nullità della clausola determinativa degli interessi (con riferimento al tasso ABI) che risulta si proposta in primo grado ma, sebbene implicitamente disattesa dal Tribunale, non risulta specificamente (ma neppure genericamente) riproposta in appello (v. trascrizione dell’atto di appello alle pagg. 3 e 4 del ricorso).
Si che la relativa censura è inammissibile.