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L’istituto del Trust nasce nei paesi anglosassoni, in Italia, il trust veniva riconosciuto con la ratifica, della Convenzione dell’Aja del 18 luglio 1985.   La convenzione afferma che “per trust si intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona con atto tra vivi o mortis causa qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato
Elementi caratterizzanti il trust sono i seguenti: 1) i beni in trust costituiscono una massa distinta e non sono parte del patrimonio del trustee; 2) i beni in trust sono intestati al trustee  o ad altro soggetto per conto del trustee; 3) il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre dei beni in conformità alle disposizioni del trust; 4) il disponente può conservare alcuni diritti e facoltà.

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Come si evince quindi, la normativa non dà una definizione di trust, ma evidenzia quali sono quegli elementi e quei comportamenti minimi ed essenziali che lo caratterizzano. Ovviamente ogni trust deve avere delle regole che disciplinano sia il suo funzionamento, dove vengono indicati i doveri del trustee, le regole per la sua sostituzione e così via.

La Convenzione stabilisce che il trust è regolato dalla legge scelta dal disponente e qualora una legge non riconosca il trust si applica la legge con la quale ci sono i collegamenti più stretti, che devono intendersi il luogo di amministrazione del trust, l’ubicazione dei beni, la residenza o domicilio del trustee o, in relazione allo scopo, il luogo ove esso deve esser realizzato.

Le modalità di istituzione di un trust sono molto semplici, l’unico requisito richiesto è la forma scritta, la prassi è quella di far autenticare l’atto istitutivo da un notaio o di procedere con l’atto pubblico.   Va ricordato che una cosa è l’istituzione di un trust, cioè l’atto che contiene le regole, la nomina del trustee e dei beneficiari (ove già esistenti), altro è l’atto di trasferimento in trust dei beni che serviranno al trustee per porre in essere il programma definito e voluto dal disponente.

Tutela dei creditori e dei legittimari. È possibile conferire i beni in trust in spregio dei creditori e dei diritti dei legittimari? La risposta è ovviamente negativa. La normativa prevede il divieto di porre in essere trust lesivi riguardanti la successione ex lege, o che vada a ledere i diritti dei creditori in caso di insolvenza.

Come funziona il Trust, i beni sono trasferiti dal disponente al trustee (posti sotto il suo controllo) e costituiscono il fondo in trust, i beni in trust sono separati dal patrimonio personale del trustee e non fanno parte del suo regime patrimoniale o della sua successione (quindi non vengono trasferiti agli eredi del trustee). I creditori personali del trustee non possono aggredire i beni del fondo in trust.

Il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di amministrare, gestire o disporre dei beni secondo i termini del trust e le norme particolari impostegli dalla legge. I beni in trust sono “confinati” e dunque non sono soggetti alle pretese altrui ovvero: a) creditori personali del trustee, giacché non rientrano nel suo regime patrimoniale, matrimoniale né in quello successorio; b) creditori del disponente, perché non fanno più parte del suo patrimonio (salva l’ipotesi di revocatoria ordinaria e fallimentare); c) creditori dei beneficiari sino a che costoro non ricevono tali beni dal trustee

Esistono varie categorie di beneficiari: beneficiari dei frutti del trust e beneficiari dei beni. I beneficiari del reddito sono coloro i quali possono esser oggetto di attribuzioni reddituali (ad es. l’immobile trasferito in trust viene locato e, assolte le imposte, ciò che rimane può esser trasferito al beneficiario). Tali beneficiari possono o meno coincidere con i beneficiari dei beni.   I beneficiari del fondo sono coloro ai quali, sopraggiunto il termine finale del trust, i beni saranno trasferiti.

Essi, a loro volta, si dividono in beneficiari vested ossia con posizione quesite, e beneficiari contingent ossia con posizioni non ancora quesite. Ciò sta a significare che i beneficiari vested sono quelli già individuati nell’atto, mentre quelli contingent sono quelli che, pur individuati, sono sottoposti ad una condizione sospensiva, ad esempio devono esser vivi al termine finale del trust.  Tali distinzioni, se non correttamente comprese, individuate e previste nell’atto, possono creare effetti assolutamente deleteri e contrari alla volontà del disponente.

Quando conviene creare un trust, applicazioni frequenti del trust si rinvengono nel passaggio generazionale dei beni o delle quote di aziende, della tutela dei soggetti di deboli, nella tutela delle situazioni di fatto quali le convivenze, nella pianificazione e sistemazione di interessi patrimoniali e reddituali della famiglia, oppure con funzione di garanzia in luogo di altre garanzie (ad es fidejussioni).
Va sfatata la credenza che, per creare un trust, occorra avere grossi patrimoni: vi sono trust che hanno valori irrisori la cui vera tutela non è ciò che contiene, ma lo scopo che si vuole tutelare.

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I costi sono: il costo di istituzione che dipenderà dalla libera pattuizione che si raggiunge col professionista che redige l’atto di trust. Il costo di trasferimento dei beni, dipende dalla tipologia dei beni e dalla tipologia del beneficiario. Se ad esempio un genitore trasferisce in trust beni immobili a vantaggio di un beneficiario che è il figlio, si applicheranno le norme sulla successione e donazione, Il costo delle imposte dovute durante la vita del trust (sempre ipotizziamo ad esempio che vi sia un immobile locato) sono disciplinate dal testo unico sulle imposte sui redditi, ovvero sono quelle ordinarie dovute per il bene stesso.
In sostanza il Trust è un ottimo strumento di tutela del patrimonio che può soddisfare varie finalità mediante la tutela e l’amministrazione del beni in modo pianificato.

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